1. Mancano più o meno sessanta giorni alle elezioni che si
terranno il 25 settembre 2022. Con poco più di sei mesi di anticipo sulla
scadenza naturale. Il problema non è tanto costituito dall’anticipo temporale,
quanto dalla profonda mutazione del quadro politico che è intervenuta nel giro
di una settimana o poco più. Il centro sinistra non è mai pronto alla
consultazione elettorale. Questa volta più che mai.
L’unica certezza finora
prefigurata in termini di alleanze, il cosiddetto “campo largo” del centro
sinistra, che doveva essere incentrato su PD e M5S, non esiste più, almeno per com’era
stato disegnato. Al suo posto una montagna di cocci, una serie di veti
incrociati, di incompatibilità reciproche che sembrano impedire qualsiasi tipo
di alleanza, anche solo per fini elettorali, come consente il Rosatellum.
È questo l’indegno
finale della XVIII legislatura, una delle peggiori in assoluto della storia
repubblicana. Una legislatura dove davvero si è visto di tutto. La forza politica
principale responsabile del disastro, il M5S ha squarciato le istituzioni, ha
dilapidato il proprio capitale elettorale e politico, ha gravemente danneggiato
il Paese e per giunta non mostra neppure – nel termine inglorioso della vicenda,
ora che i giochi sono fatti - un barlume di consapevolezza e di auto critica. Il
M5S lascia un sistema politico a pezzi, in condizioni assai peggiori di quelle
che aveva trovato cinque anni fa. Grillo e i suoi dovrebbero essere chiamati a
pagare i danni causati al Paese. L’attività politica purtroppo è una delle poche
dove chiunque può danneggiare la collettività impunemente. Magari vantandosi
anche dei disastri combinati.
Tutto ciò comunque non
assolve il centro destra che, fiutando un facile successo elettorale, non ha
esitato a buttare a mare il governo di unità nazionale di Mario Draghi,
infischiandosene dei problemi del Paese.
2. I sondaggi elettorali e le proiezioni attribuiscono, ormai da
lungo tempo, la vittoria al centro destra, impersonato dai tre principali
partiti Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Partiti peraltro assai
eterogenei, tenuti insieme solo dall’interesse elettorale. Sono state fatte ampie
e ripetute simulazioni e ora - a maggior ragione dopo la defezione del M5S dal
governo Draghi e la sua spaccatura - sembra proprio che per il centro sinistra
non ci sia alcuna speranza. Taluni prevedono una vittoria del centro destra
così schiacciante (oltre i due terzi dei seggi) tale da permettergli di
modificare la Costituzione senza neppure bisogno di referendum. Ci troveremmo
davanti a una deriva ungherese o polacca, a confronto con la quale quel che
abbiamo visto nella XVIII legislatura sono solo bruscolini.
3. Eppure solo un paio di settimane fa, Luca Ricolfi faceva
osservare, in un suo articolo su la Repubblica, che dal punto di vista
puramente numerico il centro destra e il centro sinistra più o meno si
trovavano in una condizione di parità.[1] In una condizione nella quale,
dunque, i giochi potevano essere ancora del tutto aperti. In termini generali,
Ricolfi aveva del tutto ragione. Se consultiamo i sondaggi più recenti
disponibili, nel momento in cui scriviamo, nel nostro caso la Supermedia di
YouTrend del 21 luglio 2022,[2] troveremo che al centro destra è attribuibile
il 45,6% dei consensi. Al centro sinistra, mettendo nel mucchio veramente tutte
le formazioni grandi e piccole, si giunge al 46,4% dei consensi. In questo calcolo
è compresa una quota di consensi di 10,8% attribuita al M5S. Questo accadeva ovviamente
prima della scissione del gruppo di Di Maio, Insieme per il futuro, il cui peso elettorale è al momento di
difficile valutazione.
È vero dunque che,
numericamente, il centro sinistra non starebbe poi così male. Dove sta il
problema allora? Il problema sta nel fatto che mentre nel caso del centro destra
non ci sono incompatibilità interne di principio (i leader e gli elettori del centro destra non pongono veti reciproci)
nel caso del centro sinistra ci sono notoriamente enormi veti reciproci e
incompatibilità di vario genere che vengono fatte valere praticamente in ogni
circostanza. Ciò potrebbe impedire al centro sinistra di sfruttare le opportunità
offerte dalla legge elettorale. Il centro sinistra dunque è destinato a perdere soltanto a
causa della sua profonda disunità interna. Tanto che lo possiamo utilmente individuare
con sigla del Centro Sinistra Disunito.
Si noti che la disunione è dovuta sia ai leader
sia a forti incompatibilità anche negli elettorati di base, a loro volta fomentate
dagli stessi leader che lavorano attivamente
per la divisione.
4. Vediamo un poco più in dettaglio come stanno le cose. YouTrend
attribuisce il 10,8% al M5S, prima della scissione di Di Maio e prima della
rottura del M5S di Conte con il resto del centro sinistra. È questa una quota
intorno alla quale non v’è attualmente alcuna certezza. Una parte sarà
probabilmente recuperata al centro sinistra, oppure sarà mantenuta dal M5S di
Conte. È una quota comunque la cui perdita non è irreparabile e che potrebbe
essere aggirata e compensata con una buona campagna elettorale. Comunque sarà
una quota non a disposizione della destra, se il M5S manterrà, come sembra, una
posizione vagamente radical progressista o anti sistema.
Abbiamo poi il 2,7%
attribuito a Italia Viva e il 4,9% attribuito ad Azione/ +Europa. Notoriamente
questi due gruppi, oltre a essere partiti personali, sono decisamente poco
compatibili con il PD e assolutamente incompatibili con il M5S nelle varie
manifestazioni. Abbiamo poi un 1,8% attribuito a Sinistra Italiana e un 1,9%
attribuito a Art.1-MDP. Questi due gruppi sono in disaccordo tra di loro
(Sinistra Italiana non ha appoggiato il governo Draghi) e in disaccordo
particolarmente con Italia Viva e con Azione. Abbiamo poi il 2,2% attribuito
agli enigmatici Verdi, sempre assai poco prevedibili circa veti e
compatibilità. Per finire in bellezza segnalerò che al PD è attribuito da
YouTrend il 22,1%. Anche il PD ha ora sviluppato (dopo l’affaire Draghi) la sua brava incompatibilità con il mondo M5S, mentre
continua a essere poi incompatibile soprattutto con Italia Viva, date le note
vicende dei due leader. Nel PD, manco
a dirlo, dopo la rottura con il M5S, si stanno facendo strada anche tendenze
isolazioniste. Insomma, il panorama è quello di una tendenza enorme verso la
disgregazione.
5. È appena il caso poi di segnalare una frattura non del
tutto ufficiale ma alquanto profonda, nel campo del centro sinistra, che negli
ultimi tempi si è accentuata particolarmente (e che potrebbe addirittura
portare a ulteriori recrudescenze, tanto da divenire insanabile). Mi riferisco
alla componente populista pacifista, filo putiniana e anti atlantista che è
assai presente nei cespugli più estremi e nelle organizzazioni collaterali del
centro sinistra, laiche e cattoliche.[3] Costoro non è detto che non
approfittino delle elezioni imminenti per lanciare in campo elettorale una
componente pacifista populista, con alla testa magari personaggi come Santoro,
Montanari, Canfora e giù di lì. Senza escludere Ugo Mattei. In tal caso,
potrebbero costituire un notevole ulteriore disturbo al centro sinistra nel suo
complesso. Forse solo la difficoltà nella raccolta firme ci priverà di questa
proposta politica. Manco a dirlo, la destra pur avendo dissensi interni
notevoli sulla politica estera – ad esempio l’atlantismo di Fratelli d’Italia
contrapposto al filo putinismo della Lega – si guarderà bene dall’agitare la
questione delle armi e della pace.
6. Un’ulteriore fonte di conflitto interno di natura più
recente sarà poi costituita dalla valutazione
del programma di Draghi, che indubbiamente sarà uno degli argomenti
principi della campagna elettorale. Abbiamo già notato come non tutti i cespugli
della sinistra più estrema abbiano gradito l’esperienza del governo Draghi e
come ciascuno poi vanti le proprie esclusive
correzioni necessarie. Il programma Draghi aveva il vantaggio che era
dettato dall’urgenza e dunque poteva spingere a una qualche forma di accordo
anche i più riottosi. Ora che Draghi è caduto – seppure non siano venute meno
le ragioni di urgenza – ciascuno riprenderà i suoi distinguo. Un caso tipico
sembra già essere quello di Calenda, che tende costantemente a distribuire le
pagelle tra quelli che potrebbero essere i suoi alleati e quelli che no. Anche
Sinistra Italiana sta dicendo che per poter fare una coalizione di centro
sinistra si deve abbandonare il programma di Draghi.
7. Prima di procedere oltre nel ragionamento, sarà bene fare
qualche considerazione sul funzionamento del Rosatellum, la disgraziata legge
elettorale con la quale dovremo votare e che, assai colpevolmente, nessuno ha
voluto cambiare. Uno degli equivoci più diffusi è quello secondo cui il
Rosatellum imporrebbe ai partiti di fare le coalizioni,
di avere un programma elettorale e di
avere un leader che sarà designato a
governare. In realtà, niente di tutto ciò. Il Rosatellum ammette le coalizioni ma queste servono soltanto
per il computo dei voti e la distribuzione dei seggi durante il processo
elettorale e non hanno alcun effetto sulla
eventuale formazione di un governo. Una coalizione tra liste che sia
costituita secondo il Rosatellum vale ai soli fini elettorali e, di fatto, è
sciolta il giorno dopo le elezioni, salvo la volontà delle liste coalizzate di
proseguire la loro collaborazione in altri modi.
Il Rosatellum dunque offre
dei vantaggi del tutto tecnici alle coalizioni di liste ma non impone loro di
avere né un leader né un programma comune. Sembra strano ma è
proprio così. Impone solo di avere eventualmente dei candidati comuni (nella parte uninominale che riguarda circa un
quarto delle candidature). Diciamo allora che il Rosatellum premia quelle
coalizioni che siano in grado di definire candidati comuni capaci di guadagnare
la maggioranza dei consensi nei collegi uninominali. Il fatto dunque che in
questi giorni si parli intensamente di programmi
della coalizione e di premier
(cose di cui si sta ampiamente discutendo ad es. nel Centro Destra) non c’entra
nulla col Rosatellum. Programmi e premier allo stato attuale servono solo ad
abbindolare gli elettori, sono solo espedienti propagandistici. Il Rosatellum è
un sistema proporzionale e la formazione del governo avverrà in Parlamento,
dopo le elezioni e lì – tranne casi rari - le coalizioni elettorali non
conteranno più nulla (come si è visto abbondantemente nella XVIII legislatura).
8. Data la attuale legge elettorale, l’unica speranza che il
centro sinistra può ancora avere di competere effettivamente con il centro
destra sarebbe dunque quello di presentarsi
ovunque in modo unitario con un rassemblement
europeista atlantista, anti sovranista, draghiano nei fatti, ma abbastanza
generico da essere assai ampio, ecumenico e, soprattutto, capace di fare
man bassa (scegliendo opportunamente le
migliori candidature) in tutti i
collegi uninominali. È questo dunque il requisito fondamentale per essere
realmente competitivi sul piano elettorale. Le liti furibonde che già si
intravvedono sui punti specifici del
programma del centro sinistra e su chi farà il leader sono assolutamente inutili e fuori luogo. La priorità sarà
quella di mettere nei collegi (uninominali e plurinominali) dei candidati (che avranno
nome e cognome sulla scheda) che siano capaci di vincere. Se per i vostri
comodacci avrete messo tra i candidati delle ciofeche, sarà del tutto inutile e
incomprensibile ogni dibattito sui sottili distinguo programmatici. E
l’astensione degli elettori sarà solo destinata ad aumentare.
9. Questo implica che tutti i partiti grandi e piccoli del
centro sinistra dovranno sedersi attorno a un tavolo, dovranno applicare strategie di desistenza in modo
intelligente, dovranno rinunciare agli orgogli di bottega, alle ambizioni
carrieristiche e scegliere davvero le migliori candidature, senza neppure badare
alla propria specifica sopravvivenza o a un proprio malinteso diritto di tribuna che, nella
frammentazione cui assistiamo a sinistra, non potrebbe comunque portare da
nessuna parte. Altrimenti avremo la frantumazione delle liste e il proliferare
delle micro coalizioni, la frantumazione delle candidature, perderemo tutti i
collegi uninominali e la destra farà piazza pulita. La domanda di tipo
ultimativo, in stile draghiano, è questa: è pronto il centro sinistra nelle sue
formazioni grandi e piccole, nei suoi leader
chiassosi e parolai, a fare questo sacrificio degli interessi particolari (cosa
che finora non ha mai saputo fare) nel nome dell’interesse generale? Sarebbe,
infatti, proprio questo il comportamento logico da adottare.
Per quel che conosciamo
del mondo del centro sinistra, possiamo star sicuri che la risposta è un secco
no. Non è pronto. Saremo ben felici di essere smentiti. È del tutto facile
prevedere purtroppo che – nello spirito generale di débâcle – ciascuna formazione cercherà di esaltare le proprie differenze,
le proprie particolarità, di difendere le proprie teste di ponte, le proprie poche
candidature sicure, in modo da spuntare un pezzettino e da garantire la propria
minimale sopravvivenza nella prossima legislatura. Sopravvivenza di cosa? Tante
minimali sopravvivenze costituiranno purtroppo la débâcle collettiva. Dopo una grave sconfitta, dell’attuale
centro sinistra non resterà più nulla.
10. Ecco dunque avanzare inesorabilmente, sullo scenario
elettorale della prossima ventina di giorni, il protagonista tragicomico del Centro Sinistra Disunito. Non è un
protagonista nuovo, ma questa volta, nel bene o nel male, non potrà nascondersi
e sarà costretto a recitare pubblicamente una parte esplicita. Non passerà davvero
inosservato. Il Centro Sinistra Disunito – colpevolmente disunito da tempo
immemorabile – ha dunque di fronte una grande responsabilità: mostrare per la
prima volta – in questa situazione drammatica in cui versa l’Europa e il nostro
Paese - la capacità di fare tutti quanti un passo indietro nell’interesse
collettivo. Mostrare che si può fare politica nell’interesse comune, che si può
mettere da parte il perseguimento delle carriere personali e degli interessi
delle piccole organizzazioni. La responsabilità dei leader, piccoli o grandi,
in questa fase sarà davvero notevole. Altrimenti il centro destra si piglierà
tutto.
11. Il Rosatellum, nella formazione delle candidature e delle
liste, delega proprio ogni cosa alle decisioni dei partiti. Le liste sono
bloccate e gli elettori si troveranno i nomi sulla scheda. Come elettori del
centro sinistra avremo una sola arma: punire – non votandoli – tutti i leaderini spocchiosi e divisivi che
porranno i loro distinguo, i loro ultimatum e che non si metteranno a
disposizione dell’interesse della intera coalizione. Punire i frazionisti,
scegliendo il voto utile anziché il voto di testimonianza. Poiché le liste e
le candidature andranno depositate a metà agosto, ci sono due o tre settimane
per decidere le candidature. Poi i
giochi saranno fatti. La destra potrebbe già vincere solo ed esclusivamente per
il particolarismo dei piccoli centri di potere del Centro Sinistra Disunito. E
le scelte fatte, noi elettori (quei pochi rimasti) questa volta ce le segneremo
con la matita rossa e ce le ricorderemo bene.
NOTE
[1] L’articolo di Ricolfi è ora reperibile anche
sul sito della Fondazione Hume.
[2] Cfr. Sondaggi - YouTrend
[3] Si veda in proposito la mia analisi
contenuta nel saggio Catechismo, guerra e resistenza. Cfr. : Finestre
rotte: Catechismo, guerra e resistenza.