martedì 26 luglio 2022

Il Centro Sinistra Disunito e la sfida elettorale

1. Mancano più o meno sessanta giorni alle elezioni che si terranno il 25 settembre 2022. Con poco più di sei mesi di anticipo sulla scadenza naturale. Il problema non è tanto costituito dall’anticipo temporale, quanto dalla profonda mutazione del quadro politico che è intervenuta nel giro di una settimana o poco più. Il centro sinistra non è mai pronto alla consultazione elettorale. Questa volta più che mai.

L’unica certezza finora prefigurata in termini di alleanze, il cosiddetto “campo largo” del centro sinistra, che doveva essere incentrato su PD e M5S, non esiste più, almeno per com’era stato disegnato. Al suo posto una montagna di cocci, una serie di veti incrociati, di incompatibilità reciproche che sembrano impedire qualsiasi tipo di alleanza, anche solo per fini elettorali, come consente il Rosatellum.

È questo l’indegno finale della XVIII legislatura, una delle peggiori in assoluto della storia repubblicana. Una legislatura dove davvero si è visto di tutto. La forza politica principale responsabile del disastro, il M5S ha squarciato le istituzioni, ha dilapidato il proprio capitale elettorale e politico, ha gravemente danneggiato il Paese e per giunta non mostra neppure – nel termine inglorioso della vicenda, ora che i giochi sono fatti - un barlume di consapevolezza e di auto critica. Il M5S lascia un sistema politico a pezzi, in condizioni assai peggiori di quelle che aveva trovato cinque anni fa. Grillo e i suoi dovrebbero essere chiamati a pagare i danni causati al Paese. L’attività politica purtroppo è una delle poche dove chiunque può danneggiare la collettività impunemente. Magari vantandosi anche dei disastri combinati.

Tutto ciò comunque non assolve il centro destra che, fiutando un facile successo elettorale, non ha esitato a buttare a mare il governo di unità nazionale di Mario Draghi, infischiandosene dei problemi del Paese.

2. I sondaggi elettorali e le proiezioni attribuiscono, ormai da lungo tempo, la vittoria al centro destra, impersonato dai tre principali partiti Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Partiti peraltro assai eterogenei, tenuti insieme solo dall’interesse elettorale. Sono state fatte ampie e ripetute simulazioni e ora - a maggior ragione dopo la defezione del M5S dal governo Draghi e la sua spaccatura - sembra proprio che per il centro sinistra non ci sia alcuna speranza. Taluni prevedono una vittoria del centro destra così schiacciante (oltre i due terzi dei seggi) tale da permettergli di modificare la Costituzione senza neppure bisogno di referendum. Ci troveremmo davanti a una deriva ungherese o polacca, a confronto con la quale quel che abbiamo visto nella XVIII legislatura sono solo bruscolini.

3. Eppure solo un paio di settimane fa, Luca Ricolfi faceva osservare, in un suo articolo su la Repubblica, che dal punto di vista puramente numerico il centro destra e il centro sinistra più o meno si trovavano in una condizione di parità.[1] In una condizione nella quale, dunque, i giochi potevano essere ancora del tutto aperti. In termini generali, Ricolfi aveva del tutto ragione. Se consultiamo i sondaggi più recenti disponibili, nel momento in cui scriviamo, nel nostro caso la Supermedia di YouTrend del 21 luglio 2022,[2] troveremo che al centro destra è attribuibile il 45,6% dei consensi. Al centro sinistra, mettendo nel mucchio veramente tutte le formazioni grandi e piccole, si giunge al 46,4% dei consensi. In questo calcolo è compresa una quota di consensi di 10,8% attribuita al M5S. Questo accadeva ovviamente prima della scissione del gruppo di Di Maio, Insieme per il futuro, il cui peso elettorale è al momento di difficile valutazione.

È vero dunque che, numericamente, il centro sinistra non starebbe poi così male. Dove sta il problema allora? Il problema sta nel fatto che mentre nel caso del centro destra non ci sono incompatibilità interne di principio (i leader e gli elettori del centro destra non pongono veti reciproci) nel caso del centro sinistra ci sono notoriamente enormi veti reciproci e incompatibilità di vario genere che vengono fatte valere praticamente in ogni circostanza. Ciò potrebbe impedire al centro sinistra di sfruttare le opportunità offerte dalla legge elettorale. Il centro sinistra dunque è destinato a perdere soltanto a causa della sua profonda disunità interna. Tanto che lo possiamo utilmente individuare con sigla del Centro Sinistra Disunito. Si noti che la disunione è dovuta sia ai leader sia a forti incompatibilità anche negli elettorati di base, a loro volta fomentate dagli stessi leader che lavorano attivamente per la divisione.

4. Vediamo un poco più in dettaglio come stanno le cose. YouTrend attribuisce il 10,8% al M5S, prima della scissione di Di Maio e prima della rottura del M5S di Conte con il resto del centro sinistra. È questa una quota intorno alla quale non v’è attualmente alcuna certezza. Una parte sarà probabilmente recuperata al centro sinistra, oppure sarà mantenuta dal M5S di Conte. È una quota comunque la cui perdita non è irreparabile e che potrebbe essere aggirata e compensata con una buona campagna elettorale. Comunque sarà una quota non a disposizione della destra, se il M5S manterrà, come sembra, una posizione vagamente radical progressista o anti sistema.

Abbiamo poi il 2,7% attribuito a Italia Viva e il 4,9% attribuito ad Azione/ +Europa. Notoriamente questi due gruppi, oltre a essere partiti personali, sono decisamente poco compatibili con il PD e assolutamente incompatibili con il M5S nelle varie manifestazioni. Abbiamo poi un 1,8% attribuito a Sinistra Italiana e un 1,9% attribuito a Art.1-MDP. Questi due gruppi sono in disaccordo tra di loro (Sinistra Italiana non ha appoggiato il governo Draghi) e in disaccordo particolarmente con Italia Viva e con Azione. Abbiamo poi il 2,2% attribuito agli enigmatici Verdi, sempre assai poco prevedibili circa veti e compatibilità. Per finire in bellezza segnalerò che al PD è attribuito da YouTrend il 22,1%. Anche il PD ha ora sviluppato (dopo l’affaire Draghi) la sua brava incompatibilità con il mondo M5S, mentre continua a essere poi incompatibile soprattutto con Italia Viva, date le note vicende dei due leader. Nel PD, manco a dirlo, dopo la rottura con il M5S, si stanno facendo strada anche tendenze isolazioniste. Insomma, il panorama è quello di una tendenza enorme verso la disgregazione.

5. È appena il caso poi di segnalare una frattura non del tutto ufficiale ma alquanto profonda, nel campo del centro sinistra, che negli ultimi tempi si è accentuata particolarmente (e che potrebbe addirittura portare a ulteriori recrudescenze, tanto da divenire insanabile). Mi riferisco alla componente populista pacifista, filo putiniana e anti atlantista che è assai presente nei cespugli più estremi e nelle organizzazioni collaterali del centro sinistra, laiche e cattoliche.[3] Costoro non è detto che non approfittino delle elezioni imminenti per lanciare in campo elettorale una componente pacifista populista, con alla testa magari personaggi come Santoro, Montanari, Canfora e giù di lì. Senza escludere Ugo Mattei. In tal caso, potrebbero costituire un notevole ulteriore disturbo al centro sinistra nel suo complesso. Forse solo la difficoltà nella raccolta firme ci priverà di questa proposta politica. Manco a dirlo, la destra pur avendo dissensi interni notevoli sulla politica estera – ad esempio l’atlantismo di Fratelli d’Italia contrapposto al filo putinismo della Lega – si guarderà bene dall’agitare la questione delle armi e della pace.

6. Un’ulteriore fonte di conflitto interno di natura più recente sarà poi costituita dalla valutazione del programma di Draghi, che indubbiamente sarà uno degli argomenti principi della campagna elettorale. Abbiamo già notato come non tutti i cespugli della sinistra più estrema abbiano gradito l’esperienza del governo Draghi e come ciascuno poi vanti le proprie esclusive correzioni necessarie. Il programma Draghi aveva il vantaggio che era dettato dall’urgenza e dunque poteva spingere a una qualche forma di accordo anche i più riottosi. Ora che Draghi è caduto – seppure non siano venute meno le ragioni di urgenza – ciascuno riprenderà i suoi distinguo. Un caso tipico sembra già essere quello di Calenda, che tende costantemente a distribuire le pagelle tra quelli che potrebbero essere i suoi alleati e quelli che no. Anche Sinistra Italiana sta dicendo che per poter fare una coalizione di centro sinistra si deve abbandonare il programma di Draghi.

7. Prima di procedere oltre nel ragionamento, sarà bene fare qualche considerazione sul funzionamento del Rosatellum, la disgraziata legge elettorale con la quale dovremo votare e che, assai colpevolmente, nessuno ha voluto cambiare. Uno degli equivoci più diffusi è quello secondo cui il Rosatellum imporrebbe ai partiti di fare le coalizioni, di avere un programma elettorale e di avere un leader che sarà designato a governare. In realtà, niente di tutto ciò. Il Rosatellum ammette le coalizioni ma queste servono soltanto per il computo dei voti e la distribuzione dei seggi durante il processo elettorale e non hanno alcun effetto sulla eventuale formazione di un governo. Una coalizione tra liste che sia costituita secondo il Rosatellum vale ai soli fini elettorali e, di fatto, è sciolta il giorno dopo le elezioni, salvo la volontà delle liste coalizzate di proseguire la loro collaborazione in altri modi.

Il Rosatellum dunque offre dei vantaggi del tutto tecnici alle coalizioni di liste ma non impone loro di avere né un leader né un programma comune. Sembra strano ma è proprio così. Impone solo di avere eventualmente dei candidati comuni (nella parte uninominale che riguarda circa un quarto delle candidature). Diciamo allora che il Rosatellum premia quelle coalizioni che siano in grado di definire candidati comuni capaci di guadagnare la maggioranza dei consensi nei collegi uninominali. Il fatto dunque che in questi giorni si parli intensamente di programmi della coalizione e di premier (cose di cui si sta ampiamente discutendo ad es. nel Centro Destra) non c’entra nulla col Rosatellum. Programmi e premier allo stato attuale servono solo ad abbindolare gli elettori, sono solo espedienti propagandistici. Il Rosatellum è un sistema proporzionale e la formazione del governo avverrà in Parlamento, dopo le elezioni e lì – tranne casi rari - le coalizioni elettorali non conteranno più nulla (come si è visto abbondantemente nella XVIII legislatura).

8. Data la attuale legge elettorale, l’unica speranza che il centro sinistra può ancora avere di competere effettivamente con il centro destra sarebbe dunque quello di presentarsi ovunque in modo unitario con un rassemblement europeista atlantista, anti sovranista, draghiano nei fatti, ma abbastanza generico da essere assai ampio, ecumenico e, soprattutto,  capace di fare man bassa (scegliendo opportunamente le migliori candidature) in tutti i collegi uninominali. È questo dunque il requisito fondamentale per essere realmente competitivi sul piano elettorale. Le liti furibonde che già si intravvedono sui punti specifici del programma del centro sinistra e su chi farà il leader sono assolutamente inutili e fuori luogo. La priorità sarà quella di mettere nei collegi (uninominali e plurinominali) dei candidati (che avranno nome e cognome sulla scheda) che siano capaci di vincere. Se per i vostri comodacci avrete messo tra i candidati delle ciofeche, sarà del tutto inutile e incomprensibile ogni dibattito sui sottili distinguo programmatici. E l’astensione degli elettori sarà solo destinata ad aumentare.

9. Questo implica che tutti i partiti grandi e piccoli del centro sinistra dovranno sedersi attorno a un tavolo, dovranno applicare strategie di desistenza in modo intelligente, dovranno rinunciare agli orgogli di bottega, alle ambizioni carrieristiche e scegliere davvero le migliori candidature, senza neppure badare alla propria specifica sopravvivenza o a un proprio malinteso diritto di tribuna che, nella frammentazione cui assistiamo a sinistra, non potrebbe comunque portare da nessuna parte. Altrimenti avremo la frantumazione delle liste e il proliferare delle micro coalizioni, la frantumazione delle candidature, perderemo tutti i collegi uninominali e la destra farà piazza pulita. La domanda di tipo ultimativo, in stile draghiano, è questa: è pronto il centro sinistra nelle sue formazioni grandi e piccole, nei suoi leader chiassosi e parolai, a fare questo sacrificio degli interessi particolari (cosa che finora non ha mai saputo fare) nel nome dell’interesse generale? Sarebbe, infatti, proprio questo il comportamento logico da adottare.

Per quel che conosciamo del mondo del centro sinistra, possiamo star sicuri che la risposta è un secco no. Non è pronto. Saremo ben felici di essere smentiti. È del tutto facile prevedere purtroppo che – nello spirito generale di débâcle – ciascuna formazione cercherà di esaltare le proprie differenze, le proprie particolarità, di difendere le proprie teste di ponte, le proprie poche candidature sicure, in modo da spuntare un pezzettino e da garantire la propria minimale sopravvivenza nella prossima legislatura. Sopravvivenza di cosa? Tante minimali sopravvivenze costituiranno purtroppo la débâcle collettiva. Dopo una grave sconfitta, dell’attuale centro sinistra non resterà più nulla.

10. Ecco dunque avanzare inesorabilmente, sullo scenario elettorale della prossima ventina di giorni, il protagonista tragicomico del Centro Sinistra Disunito. Non è un protagonista nuovo, ma questa volta, nel bene o nel male, non potrà nascondersi e sarà costretto a recitare pubblicamente una parte esplicita. Non passerà davvero inosservato.  Il Centro Sinistra Disunito – colpevolmente disunito da tempo immemorabile – ha dunque di fronte una grande responsabilità: mostrare per la prima volta – in questa situazione drammatica in cui versa l’Europa e il nostro Paese - la capacità di fare tutti quanti un passo indietro nell’interesse collettivo. Mostrare che si può fare politica nell’interesse comune, che si può mettere da parte il perseguimento delle carriere personali e degli interessi delle piccole organizzazioni. La responsabilità dei leader, piccoli o grandi, in questa fase sarà davvero notevole. Altrimenti il centro destra si piglierà tutto.

11. Il Rosatellum, nella formazione delle candidature e delle liste, delega proprio ogni cosa alle decisioni dei partiti. Le liste sono bloccate e gli elettori si troveranno i nomi sulla scheda. Come elettori del centro sinistra avremo una sola arma: punire – non votandoli – tutti i leaderini spocchiosi e divisivi che porranno i loro distinguo, i loro ultimatum e che non si metteranno a disposizione dell’interesse della intera coalizione. Punire i frazionisti, scegliendo il voto utile anziché il voto di testimonianza. Poiché le liste e le candidature andranno depositate a metà agosto, ci sono due o tre settimane per decidere le candidature. Poi i giochi saranno fatti. La destra potrebbe già vincere solo ed esclusivamente per il particolarismo dei piccoli centri di potere del Centro Sinistra Disunito. E le scelte fatte, noi elettori (quei pochi rimasti) questa volta ce le segneremo con la matita rossa e ce le ricorderemo bene.

 Giuseppe Rinaldi (24/07/2022)


 

NOTE 

[1] L’articolo di Ricolfi è ora reperibile anche sul sito della Fondazione Hume.

[2] Cfr. Sondaggi - YouTrend

[3] Si veda in proposito la mia analisi contenuta nel saggio Catechismo, guerra e resistenza.  Cfr. : Finestre rotte: Catechismo, guerra e resistenza.