martedì 13 marzo 2012

Quale sindaco per quale città

 









1. Nonostante il sindaco sia un mestiere difficile, la lista degli aspiranti è sempre lunga, come del resto sta accadendo nella nostra città. Si pone dunque il problema della scelta e, prioritariamente, dei criteri in base ai quali scegliere. Cosa ci aspettiamo da un sindaco? La risposta ha a che fare sia con l’immagine che abbiamo del mestiere di sindaco, sia con l’immagine che abbiamo della situazione attuale della nostra città.

2. Il sindaco[1] come lo conosciamo oggi è il frutto di un’appena decente legge elettorale che ha, come elementi qualificanti, il doppio turno, la possibilità da parte del sindaco di scegliere e revocare gli assessori e una certa indipendenza nei confronti della coalizione che lo appoggia (il che viene realizzato con il voto disgiunto). In virtù di tutto ciò, la legge elettorale locale è stata solitamente considerata come capace di assicurare una certa governabilità, conferendo ampi poteri a una persona eletta direttamente, ben riconoscibile e, soprattutto, responsabile di fronte agli elettori. A partire da queste regole, in effetti i partiti sono stati costretti a fare sforzi per sostenere la candidatura di persone mediamente presentabili, dotate di capacità e competenze. Ciò ha finito così anche per alimentare un certo consenso verso un’estensione dei poteri da affidare ai sindaci, cosa che è in parte stata recepita in diverse occasioni dal Legislatore. Più recentemente sembra anche essere aumentata l’indipendenza delle politiche locali nei confronti della politica nazionale. Non di rado infatti i sindaci (da soli o organizzati) si sono schierati contro le deliberazioni dei governi nazionali, portando in primo piano le istanze più sentite dei vari territori.

3. La “luna di miele” tra sindaci e cittadini è tuttavia durata poco. Con il maggior potere e la maggior visibilità dei sindaci si è intensificata la lotta tra i partiti per l’occupazione delle varie poltrone, così come si è anche intensificata la pressione sulla politica locale delle lobby e delle bande di M&P&A. Si sono così succeduti parecchi scandali, sono diventate sempre più evidenti varie forme di malgoverno locale che sono giunte a mettere a repentaglio i beni pubblici, la salute e la sicurezza delle popolazioni. Ciò ha gettato qualche ombra sullo stesso meccanismo dell’elezione diretta. Pur avendo il potere di scegliere, in talune occasioni gli elettori hanno innegabilmente effettuato le scelte peggiori e più dannose per loro stessi, avallando l’antico pregiudizio sulla democrazia intesa come il “governo dei peggiori”.

4. Per tutti questi motivi, a livello nazionale si sta oggi facendo strada una domanda politica relativamente nuova che mira, nello stesso tempo, a valorizzare il ruolo dei sindaci e a combatterne le possibili degenerazioni. Gli elettori, attraverso le loro preferenze, sembrano sempre più scartare il tipo del sindaco politico di professione, amministratore e passacarte, eletto attraverso un complesso mercato elettorale, per preferire un tipo di sindaco relativamente estraneo alla politica, dotato di qualità personali e di manifesti requisiti morali, capace di risolvere i problemi con efficacia e di difendere gli interessi locali, capace di costruire una sua ampia maggioranza andando oltre gli schieramenti precostituiti. Indiscutibilmente, negli ultimi tempi, i sindaci più benvoluti, oltre che essere considerati buoni amministratori, sono stati valutati positivamente perché capaci di impersonare (in termini etici e politici) i valori e gli obiettivi della stessa comunità locale. Ciò vale per i sindaci di tutti gli orientamenti politici, da Tosi a Renzi, da Fassino ad Alemanno, da De Magistris a Pisapia. Ciò vale anche per i sindaci della Val di Susa, indipendentemente dalla validità o meno delle loro posizioni. Per dirla in termini sintetici, i sindaci carismatici sembrano essere oggi di gran lunga preferiti rispetto ai sindaci burocratici.

5. Ma che cos’è il carisma? L’antitesi tra carisma e burocrazia è un classico del pensiero sociologico. Per quel che ci interessa qui, secondo una distinzione che risale a Max Weber, l’autorità può avere un fondamento carismatico, oppure un fondamento razionale.[2] “Il carisma è una certa qualità di una personalità individuale per virtù della quale l’individuo è considerato diverso dagli altri esseri umani ordinari e trattato come dotato di poteri eccezionali”.[3] Il fondamento razionale dell’autorità ha invece a che fare con la legalità delle procedure impiegate. Il tipico caso è quello della moderna burocrazia, dove sono particolarmente apprezzate la formalità dei procedimenti, la capacità di controllo e di elaborazione delle informazioni, la competenza acquisita attraverso esami e concorsi.

6. Un’altra distinzione, assai nota all’interno delle discipline organizzative e che può essere utile al nostro ragionamento, è quella tra leadership e management. Generalmente i leader sono in grado di innovare, ispirano nuove idee, mostrano nuove direzioni, sviluppano nuove strategie. I manager, dal canto loro, amministrano, seguono routine predefinite, mantengono l’ordine, controllano i vari apparati. È chiaro che, seguendo il filo del nostro discorso, il leader è principalmente carismatico, mentre il manager è prevalentemente burocratico.

In generale si ritiene che l’autorità carismatica dei leader sia soprattutto necessaria nelle fasi in cui c’è bisogno di un cambiamento; si ritiene invece che l’autorità legale – razionale del management sia particolarmente utile dopo il cambiamento, quando bisogna far funzionare bene le innovazioni che sono state introdotte. Alcuni studiosi hanno addirittura sostenuto la complementarietà delle due forme di autorità, in senso ciclico: a una fase di cambiamento, dove è per sua natura prevalente il ruolo dei leader, segue, prima o poi, una fase di amministrazione,[4] dove è bene confidare nei manager. Tuttavia la conduzione manageriale può andare a sua volta incontro a varie forme di degrado, per motivi endogeni o esogeni (imprevisti gravi problemi da risolvere, assuefazione alla routine, corruzione,… ), e può quindi rendere nuovamente necessario l’apporto di leader riformatori e trasformatori.

7. Se ripensiamo alle recenti vicende elettorali amministrative del nostro Paese, questo modello calza piuttosto a pennello. Il caso di Milano è sintomatico: per voltar pagina, una città che è stata berlusconiana per eccellenza ha scelto un sindaco leader, capace, da solo, d’impersonare un nuovo stile, un’etica politica alternativa, un programma radicalmente diverso da quelli delle amministrazioni precedenti. La stessa cosa vale per Napoli, una città sull’orlo del tracollo che aveva un bisogno urgente di cambiamento, e che, contro ogni aspettativa, ha scelto un outsider come De Magistris. Il nostro modello interpretativo sembra valere anche all’interno dello schieramento del centro sinistra. Se consideriamo le primarie più recenti, anche a Genova, con la vittoria di Doria, un professore estraneo alla politica di professione, sembra che abbia prevalso la domanda di leadership. Alle primarie di Palermo, anche la vittoria inattesa di Fabrizio Ferrandelli può essere stata determinata dalla ricerca, da parte degli elettori, di un candidato nuovo, dotato di un qualche carisma ed estraneo ai giochi del mercato politico.

8. Siamo ora in grado di trarre alcune conclusioni dalla nostra analisi. Possiamo identificare, semplificando alquanto i termini della questione, quattro principali situazioni, com’è illustrato nella tabella acclusa. Se in generale le cose vanno bene (se i cambiamenti introdotti sono alle spalle, se c’è una situazione di stabilità o di crescita) allora il manager competente può essere la scelta migliore, per custodire e consolidare l’esistente. In tal caso, la scelta di un leader carismatico può essere superflua, anche se potrebbe costituire un ulteriore valore aggiunto: una città stabile e già florida che voglia competere e crescere ancora di più può fare la scelta lungimirante di un leader carismatico anche in situazione di stabilità.

 

 

Manager
burocratico
Leader
carismatico
Bisogno di amministrazione
(perché le cose vanno bene)

X

(x)

Bisogno di cambiamento
(perché le cose vanno male)

 

X

 

Se in generale però le cose vanno male, se urgono cambiamenti radicali (sempre promessi e mai realizzati), se c’è declino e disgregazione sociale, dovrebbe essere abbastanza evidente che mettere un manager burocratico, per quanto competente, a governare il cambiamento sia la cosa più sconsiderata che si possa fare. Quanto più la crisi è grave, tanto meno essa è risolvibile con mezzi ordinari, tanto più il compito può essere risolto solo da una leadership. Il motivo è presto detto. Nelle situazioni di crisi spesso non si sa cosa fare e dove andare, occorrono scelte coraggiose, talvolta impopolari. Inoltre la crisi produce disgregazione sociale e il cambiamento spaventa. Per andare oltre la crisi non basta barcamenarsi a governare l’esistente, aspettando che cambi il vento. Occorre una leadership dotata di fantasia, immaginazione, occorrono capacità di sintesi, progetti ambiziosi e capacità di realizzarli. Ma soprattutto occorre andare oltre alla frantumazione sociale, alla contrapposizione dei piccoli e grandi egoismi. Soltanto una leadership riconosciuta è in grado di unire il tessuto sociale, di raccogliere fiducia oltre alle barriere e agli interessi contrapposti dei vari gruppi.[5] C’è insomma bisogno di qualcuno cui affidarsi, cui sia attribuita la capacità di rappresentare davvero la maggior parte e di traghettare la città dalla situazione negativa in cui si trova verso una nuova situazione di risanamento, di stabilità e di crescita.

9. Come si traduce tutto ciò nella specifica situazione di Alessandria? Se ne ricava che, nella scelta di un sindaco, non abbiamo bisogno solo di qualcuno che sappia far quadrare i conti in dissesto (per questo basta un’amministrazione controllata). In una situazione di grave declino e di smarrimento di un progetto collettivo, c’è bisogno di qualcuno che sia in grado di scuotere gli abitanti di questa città, di mobilitare gli sforzi, di fare delle scelte. C’è bisogno dell’esperienza di una rinnovata partecipazione, di un’effervescenza collettiva: una situazione cioè in cui persone appartenenti a mondi diversi mettano da parte le loro barriere per unire i loro sforzi e per realizzare un’idea condivisa. Si badi bene, non è il sogno di un visionario, è ciò che è realmente avvenuto a Milano, ben descritto dal maestro Limonta, lo straordinario personaggio che è stato il consigliere e l’artefice principale della vittoria di Pisapia. Oltretutto, con l’elevato numero di candidati e il serio rischio di dispersione, senza la capacità di parlare a tutti, senza un progetto condiviso e partecipato ben al di là dei bilancini degli schieramenti politici, in Alessandria non si riuscirà neppure a ottenere la maggioranza necessaria per passare il turno. Nella scelta del candidato alla carica di sindaco per la nostra città faremo dunque decisamente bene ad andare alla ricerca di una leadership. Bisogna però essere avvertiti. Il carisma può essere anche pericoloso. Quando il carisma è solo apparente, non corrispondente a un effettivo contenuto, ma è solo esteriorità e superficie, chiacchiera e propaganda, allora può trascinare nel baratro. Una città che vada dietro a sedicenti/seducenti leader chiacchieroni, vuoti e incapaci avrà solo da pentirsene. Del resto è già successo.

 

Giuseppe Rinaldi (13/03/2012)

 

 

NOTE

 

[1] Userò “sindaco” per riferirmi alla carica, indipendentemente dal fatto che a ricoprirla siano uomini o donne. Considero ridicolo l’epiteto di sindachessa o sindaca per marcare il genere, nel disperato tentativo di ottemperare a un malinteso politically correct.

[2] Secondo la tipologia di Weber, tralascio il fondamento tradizionale dell’autorità, che qui non ci interessa.

[3] AA, VV, The Encyclopedia of Political Science, CQ Press, Washington, 2011. Pag. 211.

[4] Si ha, insomma, una routinizzazione del carisma.

[5] Di fatto, negli ultimi tempi, hanno vinto le elezioni locali i candidati che hanno saputo unire, che hanno saputo parlare a un ampio elettorato, molto al di là dei soliti affezionati già schierati.