giovedì 16 maggio 2013

Sono tornati


1. L’unica vera novità politica di questa strana primavera può essere riassunta in un fatto che è sotto gli occhi di tutti: i partiti sono tornati. Coloro che avevano particolarmente sofferto di astinenza a causa del governo dei tecnici ora potranno davvero gioire, perché finalmente è ritornata in campo la politica. Non possiamo dunque evitare di analizzare in cosa consistano le novità del nuovo governo politico e di prefigurare qualcosa intorno alle sorti, magnifiche e progressive, che ci attendono.


2. Non è qui il caso di fare osservazioni circa le qualità del primo ministro e di tutta la compagine governativa: le biografie e le modalità di formazione di questo governo sono state ampiamente analizzate dai commentatori. Tra le considerazioni più divertenti che sono state avanzate c’è quella secondo cui ci sarebbero straordinarie somiglianze (anche anagrafiche) tra questo governo e le vecchie dinastie democristiane. L’unica osservazione che merita un qualche serio risalto è il fatto che Letta è diventato capo del governo più o meno nel momento stesso in cui ha rassegnato le sue dimissioni da vicepresidente del PD, a causa del fallimento della linea politica della sua segreteria. Si sa che, nel nostro Paese, soltanto quelli che hanno fatto dei disastri vengono promossi a più alti incarichi. Un’altra osservazione degna di nota è che, una volta tanto, la responsabilità di questo governo non può in alcun modo essere ascritta a Berlusconi. Responsabili del governo Letta sono, in ordine stretto, Napolitano, il PD e il M5S.[1] Forse, proprio per questo, è quanto mai fondata la previsione che colui che se ne avvantaggerà maggiormente sarà proprio Berlusconi.


3. Ho già avuto modo di dire che, a mio parere, dopo l’infelice e inqualificabile risultato delle elezioni di febbraio, l’unica soluzione sarebbe stata quella di un immediato ritorno alle urne, con o senza legge elettorale. In alternativa, avrebbe potuto trovare qualche giustificazione un governo non politico, un governo del presidente, strettamente a termine, con il solo scopo di fare una legge elettorale o di ripristinare il mattarellum (in caso di impossibilità di un accordo). Ci ritroviamo invece con un governo di coalizione, dalla durata indeterminata, dalle basi assolutamente traballanti e dalle ambizioni smisurate.[2]


4. Si tratta, oltretutto, di un governo che tradisce completamente il responso elettorale. Una grande maggioranza di italiani, che ammonta più o meno ai due terzi, votando la coalizione di centro sinistra o il M5S, ha escluso un ritorno del centro destra, considerato, non a torto, come il principale responsabile della situazione in cui si trova il Paese; invece ora, proprio il centro destra si ritrova al governo, per di più munito di un immenso potere di condizionamento. Si tratta dunque di un governo che non corrisponde per nulla, neanche statisticamente, all’opinione prevalente del Paese. Per rendere digeribile questo arcano, sono state ampiamente utilizzate le motivazioni dell’assenza di altre soluzioni e dell’urgenza; siamo cioè nel campo, come dicevo in un precedente articolo,[3] dello sfruttamento sfacciato dell’emergenza da parte di partiti decotti e ampiamente impresentabili. Se non ci sono altre soluzioni si torni a votare. Gli elettori prenderanno le loro precauzioni. In questo tentativo di perpetuare una situazione oggettivamente bloccata, il governo Letta rappresenta piuttosto un’ulteriore clamorosa sconfitta della politica e un generoso argomento a favore dell’antipolitica.[4]

 

5. Questa situazione di palese assenza di rappresentatività, invece di preoccupare, tanto da consigliare un ritorno immediato alle urne, ha invece indotto alla formulazione di un governo di lunga durata e di un programma estremamente ambizioso. In particolare, probabilmente per impulso dello stesso Napolitano, il governo Letta si è impegnato in un percorso di revisione costituzionale che avrà la durata di non meno di due anni. Per di più, è questa è la cosa davvero più preoccupante, già autorevoli esponenti del PDL hanno osservato che la legge elettorale si farà soltanto dopo l’avvenuta revisione costituzionale. Se tutto andrà bene, dunque, avremo solo fra due anni una nuova legge elettorale e quindi la possibilità di dare decentemente la parola al popolo sovrano. Magari chi parla di colpo di Stato esagera, ma certo ci va molto vicino.


6. Intanto le prime rimarchevoli mosse del governo sono state le seguenti: 1) l’immediato recupero delle tesi fondamentali del partito della spesa, il quale sostiene che la colpa di tutti i nostri guai è dei tedeschi e che dobbiamo “battere i pugni in Europa” per superare l’austerità e togliere i vincoli alla ripresa[5] (questo è il senso del recente muscoloso viaggio del nostro primo ministro attraverso le principali capitali europee); 2) l’apertura immediata della questione della restituzione dell’IMU, che era stata una delle demagogiche parole d’ordine del centro destra (sconfitto elettoralmente, ricordiamolo). Ciò ovviamente implicherà una serie di tagli ad altre spese, poiché la coperta stretta. Il problema principale di questo governo sarà dunque quello di trovare dei soldi per dare dei contentini simbolici, di volta in volta, alle basi elettorali dei partiti coinvolti nel governo; 3) la produzione di un inventario dei problemi di spesa più urgenti (cassaintegrati, esodati,…), cosa che, anche in questo caso, genera seri problemi di copertura; 4) l’apertura di un processo di revisione costituzionale, da affidare, come al solito (cose già viste), a una Commissione interpartitica. Proclamazioni, demagogia, scarico di responsabilità, azioni simboliche: ci dovremo fare l’abitudine.


7. Circa l’ultima questione, non possiamo non ricordare che fin dai tempi di Bettino Craxi i partiti nostrani hanno sempre teso a giustificare le loro incapacità e le loro inefficienze con pretese inadeguatezze della Costituzione. Tutti coloro che hanno fallito nel governo del Paese hanno giustificato la loro inettitudine in base ai vincoli costituzionali. La Costituzione, insomma, sarebbe la causa principale del malgoverno del Paese. È davvero impressionante costatare che, nel Paese dei Balocchi, questo trucco funziona sempre. Le uniche cose che, nel campo delle riforme istituzionali, non saranno assolutamente fatte da questo governo sono quelle che sarebbero davvero necessarie e cioè una legge sul conflitto di interessi e una legge per la regolamentazione dei partiti, secondo l’articolo 49 della Costituzione.[6] Non sfugge che, rispetto a questi due provvedimenti, le ciance sulla riduzione degli stipendi dei parlamentari o delle auto blu sono soltanto dei palliativi. Potremmo anche permetterci di decuplicare lo stipendio dei parlamentari, solo se combinassero qualcosa.


8. I partiti dunque sono tornati ma, non avendo voluto approfittare dell’intervallo del governo tecnico per riformarsi profondamente e proporsi finalmente in modo credibile al Paese, sono più o meno uguali a quelli che si combattevano stancamente sulla scena politica durante l’ultimo governo Berlusconi, a quelli che hanno appoggiato insieme il governo Monti e a quelli che ora, grande novità, stanno di nuovo insieme nello stesso governo. Il valore aggiunto rispetto al governo Monti dovrebbe appunto essere il carattere prettamente politico di questo nuovo gabinetto. E il carattere politico lo abbiamo subito colto. Abbiamo visto subito le manfrine per la distribuzione dei posti (ministri, vice ministri, segretari, presidenti di commissioni). Abbiamo cominciato a sentire le contestazioni su quello che c’è e quello che non c’è negli accordi di programma, abbiamo cominciato a sentire dichiarazioni inopportune di vari ministri, che non sanno contare fino a dieci prima di aprir bocca, e pesanti minacce di far cadere il governo. Abbiamo sentito l’autocandidatura di Berlusconi, pluri inquisito, a presiedere la fantomatica commissione per le riforme costituzionali. Per non farci mancare proprio nulla, è ripresa la guerra contro la magistratura, sono riprese le invettive contro coloro che “seminano odio” e che vogliono impedire, udite, udite, la “pacificazione nazionale”. Secondo autorevoli rappresentati del PDL, e anche membri del governo, Berlusconi sarebbe poi un perseguitato. Si riparla nuovamente di una legge per impedire le intercettazioni e per mettere il bavaglio alla stampa.


9. Il fatto è che i tre principali attori politici che dominano la scena appaiono tremendamente inadeguati. Dopo avere di fatto perso le elezioni e dopo avere ora adottato una linea politica che è l’esatto opposto di quanto aveva proclamato in campagna elettorale, il PD, dopo una serie di manfrine tutte concentrate sulle persone e sui personalismi, ha eletto un nuovo segretario nella persona di Epifani che, con una segreteria da manuale Cencelli, dovrebbe preparare il congresso che si terrà ad ottobre. In altri termini il PD, di qui ad ottobre, avrà un segretario ma non avrà una linea politica legittimata. È abbastanza chiaro che, da questo punto di vista, il governo Letta rappresenta il pronto soccorso e una specie di reparto di lunga degenza per il PD. Non si può andare a votare prima del congresso e, dopo il congresso, ammesso e non concesso che si definisca una nuova linea politica, per sperare di vincere le elezioni, magari studiando qualche astuta coalizione con chissà chi, ci vorrà almeno un altro anno, se non due. Nell’attesa, possiamo stare sicuri che Berlusconi staccherà la spina al governo al momento giusto per avere il massimo dei suoi vantaggi e per danneggiare al massimo l’avversario. Purtroppo i tempi del PD non sono più i tempi del Paese. Dobbiamo farcene una ragione.


10. Il popolo della libertà pare abbia trovato nuovamente una sua unità sotto l’egemonia di Berlusconi e pare, anzi, stia crescendo nei sondaggi. Il problema è che questo partito è sempre più tenuto insieme unicamente dal suo leader e che il suo leader rischia seriamente una sfilza di condanne giudiziarie. Non è difficile prevedere che, ancora una volta, la politica del PDL sarà pesantemente condizionata dalle questioni giudiziarie di Berlusconi. Così continueremo ad assistere agli psicodrammi pubblici intorno al leader del centro destra. Alfano, Brunetta e la Di Girolamo verranno a raccontarci, un giorno sì e un giorno no, che Berlusconi è un perseguitato. Verranno sfornate le più svariate proposte di leggi ad personam e si susseguiranno continuamente le minacce di far cadere il governo. Gli attacchi alla magistratura saranno all’ordine del giorno. Sarà proprio il clima adatto per riformare la Costituzione.


11. Il M5S non si definisce un partito ma, in questo contesto, si sta comportando esattamente come un vecchio partito, se non peggio. Dopo il gran rifiuto del tutto auto referenziale a essere coinvolto nell’attività di governo, il gruppo parlamentare grillino sembra assorto nei propri problemi interni di sussistenza spicciola (la diaria, gli scontrini, le presenze in televisione, le espulsioni e polemiche varie) e in una serie di gesti simbolici che non riempiono senz’altro la pancia degli italiani che li hanno votati. Avrebbero dovuto scoperchiare gli arcana imperii ma, a quanto pare, l’apriscatole si è rotto e le grandi novità del movimento si stanno esaurendo. Di fronte ai problemi insoluti del Paese, tra un po’ non ci sarà più nessuno che avrà voglia di stare a sentire “quello che ha scritto questa mattina Beppe Grillo sul suo blog” e nessuno più avrà la voglia di stare a fare l’esegesi delle battute del comico. Alcune posizioni assunte recentemente, ad esempio sull’abolizione dell’IMU e sulla questione del riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, oltre tutto, stanno collocando il M5S addirittura a destra del governo Letta. È chiaro poi che non ci possiamo aspettare da Grillo una seria legge di riforma dei partiti, visto che i partiti li vuole abolire. Sulla legge elettorale, che è una priorità assoluta per la situazione in cui ci troviamo, il M5S non sa che pesci pigliare e comunque non sembra avere nessuna fretta di tornare alle elezioni. Anche il M5S tiene famiglia. Dato l’isolamento politico in cui è andato a cacciarsi, il movimento di Grillo non potrà comunque che operare attivamente affinché ci sia un fallimento clamoroso del governo Letta. È una variazione di quella che si chiama rendita di posizione, ben nota ai partiti della Prima e Seconda repubblica.


12. Il governo Letta quindi sarà attaccato dal di dentro (il PDL) e dal di fuori (il M5S) e il PD (o piuttosto, le correnti del PD che appoggiano Letta) resterà con il cerino in mano a giustificare provvedimenti impopolari, o i provvedimenti ad personam, e a cercare di tappare i buchi di bilancio del partito della spesa. Detto per inciso, il PD ha ampiamente dimostrato di essere totalmente incapace, come invece sono spesso stati capaci di fare i grandi partiti della sinistra europea, di rinnovarsi stando all’opposizione e di diventare così competitivo nella successiva campagna elettorale. Il PD è specializzato a farsi logorare sempre, sia quando sta al governo sia quando sta all’opposizione! Tre partiti dunque (se si preferisce, due partiti e un non-partito) che hanno ricominciato a fare, davvero in grande stile, quello che hanno sempre fatto i partiti nel nostro Paese e cioè anteporre i loro interessi di bottega al bene comune. Evviva, i partiti son tornati!

 

Giuseppe Rinaldi (16/05/2013)

 

 

NOTE

[1] Non condivido l'analisi che va per la maggiore, secondo cui il M5S sarebbe stato disposto a fare un governo di larghe intese con il PD, magari con un presidente del consiglio diverso da Bersani. L'analisi di come sono andate le cose è sotto gli occhi di tutti.

[2] I maligni sostengono che il rifiuto di andare alle urne sia stato grandemente facilitato dall’esigenza dei nuovi eletti di stare in Parlamento quel che basta per accaparrarsi la pensione. Insomma, anche i rappresentanti del popolo tengono famiglia.

[3] Mi permetto di segnalare il mio recente articolo I galli sulla “munnezza”, visibile nell'archivio di Città Futura.

[4] A quanto mi risulta, nessuno, né a destra né a sinistra, ha sollevato questa obiezione: evidentemente nello stato di necessità tutti discorsi sulla rappresentanza possono essere furbescamente messi da parte.

[5] Dietro a questa oscura formulazione, ripetuta come un mantra dai sindacati e dai partiti tutti, sta l’ammissione della incapacità della politica di fare le riforme  che servono effettivamente per generare una ripresa economica che sia non solo congiunturale ma strutturale.

[6] Se si vuole un esempio, si prenda la legge tedesca. Si può copiare gratis e non implicherebbe alcuna spesa. Anzi, ci farebbe risparmiare un bel po’.