mercoledì 28 giugno 2017

Una sconfitta annunciata 2. I flussi elettorali

elezioni[1]


1. Grazie al lavoro benemerito dell’Istituto Cattaneo, siamo in grado di presentare e commentare estesamente i flussi elettorali tra il primo e secondo turno nelle elezioni comunali di Alessandria 2017. In un nostro precedente articolo del 27/06/2017, su Città Futura, avevamo già ampiamente commentato i risultati numerici resi disponibili, giungendo a delle precise conclusioni, sia di tipo numerico sia di tipo politico. È davvero interessante ora, disponendo del calcolo dei flussi elettorali, fare un confronto tra le due analisi. I flussi sono poi interessanti di per sé, poiché sono assai analitici e permettono di scoprire elementi altrimenti impossibili da individuare. E, come si vedrà, qualcosa di interessante c’è davvero.

2. Cosa sono i flussi? Riportiamo brevemente il commento dello stesso Istituto Cattaneo: «I flussi elettorali sono gli interscambi di voto avvenuti fra i partiti nel corso di due elezioni successive. Nel nostro caso vengono stimati per singole città sulla base dei risultati delle sezioni elettorali. Si tratta di stime statistiche, e quindi di misure affette da un certo margine di incertezza. Le nostre analisi sono effettuate «su elettori» e non «su voti validi», al fine di poter includere nel computo anche gli interscambi con l’area del «non-voto» (astenuti, voti non validi, schede bianche)». La tecnica utilizzata dall’Istituto Cattaneo è la tecnica standard, universalmente utilizzata in questo campo: «[…] consiste nella stima statistica dei flussi a partire dai risultati di tutte le sezioni elettorali di singole città […] la tecnica, detta «modello di Goodman», non è applicabile sull’intero paese, né su aggregati territoriali troppo ampi, ma può essere condotta solo su singole città a partire dai risultati delle sezioni elettorali, assumendo che i flussi elettorali siano stati gli stessi in tutte le sezioni della città, a meno di oscillazioni casuali. L’errore statistico è quantificato dall’indice VR (più è elevato maggiore è l’incertezza della stima) riportato per tutte le città studiate: nella situazione ottimale questo indice deve avere valore inferiore a 15». Per tutti questi riferimenti metodologici e per i dati che presenteremo qui di seguito si veda la nostra fonte:

 http://www.cattaneo.org/2017/06/26/2532/

 

3. Il risultato della stima dei flussi elettorali è una tabella a doppia entrata la cui lettura deve essere eseguita con qualche attenzione e con un minimo di consapevolezza di cosa significano i numeri ivi riportati. I numeri riportati sono in pratica delle percentuali. Sull’asse orizzontale sono posti i risultati dei principali contendenti al primo turno. I candidati che hanno ricevuto poche preferenze, non nominati, sono stati posti nella categoria “altri”. Si noti che per avere una chiara dimensione dell’andamento dei flussi nella tabella devono essere compresi anche gli astenuti, per registrare il flusso eventuale tra voto e astensione. Sull’asse verticale sono posti i risultati dei due contendenti del secondo turno e, ovviamente, gli astenuti. Nelle singole caselle si trovano gli spostamenti tra il primo e il secondo turno. In sostanza si può vedere da dove provengono i voti ricevuti dai due contendenti (e dagli astenuti) al secondo turno. Si tratta in altri termini di spostamenti percentuali. Poiché gli elettori aventi diritto al voto erano 75761, ogni punto percentuale della tabella vale uno spostamento di 757,61 elettori. Zero equivale a nessuno spostamento degno di nota.

 

Tab. 1 Flussi di voto tra primo e secondo turno, Alessandria (flussi sul totale degli elettori)

Rossa

(c-sx)

Cuttica

(c-dx)

Serra (M5s)

Trifoglio (civ)

Locci

(dx)

Altri

Astenuti

Tot

Rossa (c-sx)

12,7

0,2

1,0

2,2

1,8

1,5

0,4

19,7

Cuttica (c-dx)

0,7

15,8

2,0

2,4

2,5

1,2

0,0

24,8

Astenuti

3,5

0,0

3,6

1,5

0,0

0,3

46,6

55,5

Tot

16,9

16,0

6,5

6,1

4,4

3,0

47,0

100,0

Vr = 2,1

 

3.1. I voti di Rossa ottenuti al primo turno (12821, corrispondenti al 16,9% - si veda la colonna “Rossa”) sono stati solo in parte riconfermati: qualcuno va verso Cuttica (0,7) ma soprattutto, molti vanno nell’astensione (3,5 punti, pari a 2652 unità!). E questo è un fatto davvero  insolito e straordinario, che commenteremo in chiusura. Però, nonostante questa grave perdita verso l’astensione, Rossa ha guadagnato in modo sparso da diversi altri schieramenti. Si veda la riga orizzontale: guadagna lo 0,2 da Cuttica, l’1.0 da Serra, il 2,2 da Trifoglio e l’1,8 da Locci (inaspettatamente!) e, ancora, l’1,5 da altri (forse pezzi di Ivaldi e Miraglia) e qualcosina (0,4) dagli astenuti. Si arriva così alla percentuale finale ottenuta da Rossa del 19,7% (si veda il totale di riga). Si noti che il 19,7 di Rossa è il risultato di una grave perdita verso l’astensione e di diversi acquisti un po’ qua e un po’ la. Torneremo sulla questione.

3.2. Cuttica invece mantiene quasi tutti i suoi voti (come si vede, non c’è stato nessun passaggio all’astensione tra i suoi elettori della prima ora!), tranne lo 0,2 verso Rossa. Questo vuol dire che i voti di Cuttica erano molto più “sicuri” e stabili di quelli di Rossa. Cuttica poi guadagna 2 punti da Serra, 2,4 da Trifoglio, 2,5 da Locci e 1,2 da Altri. È interessante il fatto che il voto di Locci non sia andato completamente a Cuttica ma si sia diviso quasi a metà, tra Rossa e Cuttica. Evidentemente l’elettorato di Locci è un elettorato di protesta che ha una provenienza assai varia, dall’una e dall’altra parte dei due schieramenti.

3.3. È interessante esaminare le peripezie della lista Trifoglio: del suo pacchetto (che vale 6,1) cede – nonostante l’apparentamento – soltanto il 2,2 a Rossa, cede il 2,4 a Cuttica e l’1,5 all’astensione. Si conferma quindi che si trattava di una lista poco omogenea ma tendenzialmente (per due terzi almeno) contraria a Rossa. Il M5S cede l’un per cento a Rossa, il 2% a Cuttica e il 3,6 all’astensione. Evidentemente per metà degli elettori del M5S alessandrino avere Rossa o Cuttica in Comune è indifferente. Anche se Cuttica è risultato un po’ più simpatico alla metà restante.

4. Come s’è visto, i risultati dei flussi precisano meglio, in modo analitico quel che è successo ma sono pressoché compatibili con le analisi di ordine più generale che abbiamo proposto nel nostro precedente articolo. In più emerge decisamente – non si poteva sapere a priori – la grande volatilità dei consensi ottenuti da Rossa al primo turno, poiché come s’è anticipato  il 3,5% (sono 2652 unità!) è finito nell’astensione. Si tratta di un comportamento davvero poco spiegabile. Più di 2500 persone che votano Rossa al primo turno e poi si dimenticano di andare a votare al secondo! È una cosa da pazzi!

Come spiegare questo dato? Personalmente non escluderei eventuali errori nella campagna elettorale, da parte di Rossa, tra il primo e il secondo turno, errori difficili da individuare poiché riguardano la prospettiva soggettiva, errori che però abbiano prodotto d’un botto lo scontento di più di duemila cinquecento elettori. L’unico fatto degno di nota, che potrebbe aver scontentato un tal numero di elettori di Rossa, è proprio l’apparentamento con la nemica Trifoglio. Non è infatti da escludere che l’apparentamento ufficiale con Trifoglio abbia fatto perdere a Rossa più voti di quanti non glie ne abbia fatti guadagnare. Infatti, se i sostenitori di Trifoglio erano nettamente contrari a Rossa, anche diversi sostenitori di Rossa potrebbero non aver ben visto l’alleanza, dell’ultimo momento, con chi era stato considerato in campagna elettorale come il nemico/ traditore (con tanto di lauta cessione di posti in Consiglio!). Ma questa è solo un’ipotesi. Per accertare cosa sia davvero successo nella testa degli elettori occorrerebbe fare delle interviste per saggiare i comportamenti soggettivi. Il che esula dalle nostre forze.

5. Tutto ciò contribuisce a inasprire ulteriormente le conclusioni del nostro precedente articolo. Per curiosità, siamo, infatti, andati a scartabellare i risultati delle elezioni del 2012. In quell’occasione Rossa vinse la carica di sindaco con 20360 preferenze (era appoggiata da sei liste). Questa era la potenzialità iniziale – cinque anni fa. Alla fine del suo mandato ha raccolto al primo turno 12821 preferenze, che poi sono diventate 14937 al secondo turno attraverso contributi disparati. Se il centro sinistra fosse stato completamente unito abbiamo calcolato – vedi sempre il nostro articolo precedente – una potenzialità di 19555 voti (cioè, più o meno analoga a quella di cinque anni fa!). Ora però l’analisi dei flussi ci dice che ci sono stati più di duemila cinquecento elettori (2652) – di cui non si poteva sapere nulla - che hanno prima votato Rossa e poi hanno defezionato al secondo turno. La loro presenza, per una strana coincidenza, è stata mascherata da un apporto più o meno della stessa entità guadagnato da Rossa altrove. Infatti, l’analisi dei flussi conferma che Rossa ha avuto anche parecchi “aiuti” dall’esterno, perfino dal fronte di Locci!). Quindi, questi duemila cinquecento e passa sostenitori “pentiti” di Rossa erano una potenzialità che, in condizioni di normale lotta politica, poteva sommarsi alla precedente e si sarebbe giunti a un potenziale di 22207 elettori. Se anche solo una parte dei duemila cinquecento non avesse defezionato, la vittoria di Rossa sarebbe stata pressoché sicura. O comunque, se Rossa doveva perdere, avrebbe perso sul filo di lana. Si conferma, una volta di più, che la sconfitta del centro sinistra locale, per un motivo o per l’altro, è stata congegnata e perpetrata all’interno del centro sinistra locale stesso.

 

Giuseppe Rinaldi

28/06/2017


Una sconfitta annunciata

alessandria_comune_orologio

       Questo articolo riguarda specificatamente la politica locale di Alessandria. Può non essere ben compreso da chi non conosca i meandri della politica cittadina. Penso comunque oggi la situazione alessandrina sia del tutto emblematica di come vanno le cose nel nostro Paese. C'è materia istruttiva per tutti. Per comprendere l'essenziale occorre sapere che Rita Rossa è la candidata del centro sinistra (sindaco uscente della città), mentre Cuttica di Revigliasco è il candidato del centro destra. Si parla delle elezioni comunali del giugno 2017.

1. Prima di ogni valutazione politica, data la gravità di quel che è successo, è il caso di fare anzitutto qualche attenta considerazione sui risultati del voto. Mi servirò dei dati finora comunicati, con la riserva di qualche lieve inesattezza dovuta ai conteggi. Userò per i confronti le cifre assolute, che si prestano meglio a dimensionare il fenomeno, anche se sono un po’ più noiose da seguire. Le mie considerazioni sono puramente interpretative dei risultati numerici. Se qualche Istituto di ricerca avrà voglia di calcolare i flussi elettorali si potranno avere maggiori ragguagli e dettagli.
2. Al secondo turno del 25 giugno, Rita Rossa ha incassato 14937 voti, corrispondenti al 44,3%. Il suo contendente, Cuttica di Revigliasco, ha invece ricevuto 18762 voti, pari al 55,7%. La differenza tra i due è di ben 11,4 punti percentuali. I dati messi così comunicano tuttavia la conclusione illusoria che Cuttica abbia avuto il consenso di più della metà degli alessandrini. E che Rossa abbia ricevuto un consenso di meno della metà. Se calcoliamo le percentuali non sui votanti effettivi ma sugli aventi diritto (che sono 75761) otteniamo un quadro più realistico. Il risultato di Rossa vale il 19,7% degli aventi diritto, mentre quello di Cuttica è pari al 24,8%. Fatto questo ridimensionamento, una prima considerazione è che Rita Rossa è riuscita a governare la città per cinque anni ottenendo, alla fine del mandato, il consenso esplicito (anche se non sempre entusiasta) di neppure il 20% dei cittadini elettori. Evidentemente, ben oltre la questione del dissesto, qualcosa non deve aver funzionato se solo due cittadini elettori su 10 hanno deciso di votare per lei. D’altro canto, il nuovo sindaco ha vinto e si appresta a governare con il consenso esplicito di neanche un quarto degli alessandrini elettori. Solo due cittadini e mezzo su 10 lo hanno votato. In termini di rappresentatività effettiva, Cuttica dunque non sta molto meglio di Rossa. Si vedrà se e come riuscirà a essere il sindaco di tutti.
3. Tutto ciò pone evidentemente il gravissimo problema dell’astensione: al primo turno ha votato il 54,9%, al secondo il 45,7%, con una caduta del 9,2%. Cinque cittadini e mezzo su 10 (la maggioranza) non hanno votato. In termini assoluti, i votanti effettivi sono passati dai 41587 del primo turno ai 34627 del secondo, con una caduta di 6960 unità (tra questi, si trova probabilmente una ampia quota, difficilmente stimabile, dei 4943 votanti del M5S che sono stati invitati ad astenersi secondo le indicazioni nazionali del movimento[1]). L’elevata astensione, questa sì può essere considerata come un risultato indiretto ma negativo di cinque anni di governo di Rita Rossa. Non dimentichiamo che cinque anni fa Rossa aveva adottato proprio il motto «Insieme» come slogan elettorale. Qui non possiamo cavarcela invocando una tendenza nazionale all’astensione. Ci sono stati evidentemente dei fattori locali, delle carenze nella promozione della partecipazione politica che hanno contribuito a determinare questa situazione. Sono anni che il capitale sociale di questa città si degrada sempre più, senza che nessuno si accinga a porvi rimedio. È un allarme che, personalmente, ho lanciato anni fa ma che è rimasto inascoltato, probabilmente per limiti miei. Purtroppo però l’effetto boomerang non è un’invenzione mia.
4. Vediamo ora quel che è successo nel secondo turno.[2] Rita Rossa al primo turno aveva ricevuto 12821 voti personali. Ciò significa che – presumendo che questi voti di sostenitori espliciti siano stati in gran parte reiterati nel secondo turno - nel passaggio dal primo al secondo turno Rossa è riuscita a guadagnare appena 2116 voti. Si tratta di un’inezia rispetto al suo concorrente. Il quale invece aveva avuto 12144 voti al primo turno e ne ha ottenuti 18762 al secondo, guadagnandone così 6618. Evidentemente Rossa aveva già raggiunto la gran parte dei consensi al primo turno e nel secondo non è riuscita ad allargarsi oltre la fascia dei già convinti, mentre il candidato Cuttica è riuscito ad andare ben oltre.
5. Ciò significa – ulteriormente - che per Cuttica, che non ha fatto apparentamenti espliciti, qualcosa deve avere ben funzionato, essendo con ogni evidenza riuscito ad attrarre una parte consistente dei voti di Locci (3296) e probabilmente una parte dei voti lasciati in libertà dal M5S di Serra. Le statistiche nazionali affermano infatti che, approssimativamente, tra i seguaci del M5S, un terzo di loro ha più simpatie verso sinistra, mentre due terzi ha più simpatie per la destra.
Sembra allora – e qui sta la questione di fondo - che qualcosa non deve avere funzionato nell’apparentamento esplicito di Rossa con il variegato mondo della candidata Trifoglio. Qualcosa deve esser venuto meno anche con gli altri apparentamenti di area possibili (Miraglia e Ivaldi) non esplicitati nell’ambito del centro sinistra. Se sommiamo i voti di Miraglia (490), Ivaldi (1591) e Trifoglio (4653) la candidata Rossa, nell’ipotesi più favorevole, avrebbe potuto avere a disposizione, in un confronto contro il centro destra, un pacchetto di 6734 voti.[3] I quali voti, sommati ai propri personali, avrebbero determinato un pacchetto complessivo di 19555. Insomma, Rossa, se doveva perdere, doveva perdere avendo però ottenuto più di 19000 voti, se tutti avessero fatto il loro dovere.[4] Ne ha incassati solo 14937. Mancano dunque all’appello 4618 voti.
6. Questo significa che – come minimo - una parte rilevante dei voti di Miraglia, Ivaldi e Trifoglio non sono andati alla Rossa. È probabile che siano finiti nell’astensione, oppure che una parte sia andata a Cuttica (nell’esplicito intento di far perdere la Rossa, proseguendo in modo imperterrito lo spirito autolesionista del primo turno).[5] Possiamo quindi ipotizzare fondatamente che la sconfitta di Rossa, per com’è avvenuta, sia stata prima di tutto causata dalla defezione della sua parte del centro sinistra più che da una prestazione elettorale straordinaria della destra di Cuttica.
Se esaminiamo infatti la prestazione di Cuttica, assommando ai suoi voti personali del primo turno (12144) quelli “naturali” di Locci (3296) si giunge già a 15440. Se a questi aggiungiamo una parte dei due terzi di grillini che simpatizzano con la destra, una quota degli elettori anti Rossa del centro sinistra che hanno votato a destra per farla perdere, oppure qualche astenuto della prima ora che aveva qualche conto in sospeso con la Rossa, otteniamo facilmente una quota di voti che si approssima a quelli ottenuti da Cuttica (18762). Questo significa che Cuttica ha preso esattamente ciò che poteva prendere dalla sua area già predefinita, con qualche travaso dal lato opposto dello schieramento. Cioè, Cuttica non ha incantato gli alessandrini con il suo carisma personale, con il suo programma o con le sue capacità professionali. Lo si vede del resto facilmente dalla differenza tra i voti di lista e i voti personali al primo turno, che è assai limitata. Cuttica è semplicemente passato a incassare il dovuto agli sportelli della sua parte, la quale si è comportata lealmente.
7. Queste considerazioni, puramente numeriche, dimostrano che – sulla carta – Cuttica poteva anche essere battuto se tutti i votanti del centro sinistra del primo turno, apparentati e non, avessero fatto minimamente il loro dovere civico - cioè quello di far di tutto pur di impedire il ritorno di un governo di centrodestra in città. Evidentemente per molti questo obiettivo non era una priorità. Dalle cifre emerge dunque come la sconfitta di Rita Rossa sia nata e maturata all’interno dello schieramento del centro sinistra (inteso qui, come s’è detto, in senso ampio, comprendendo anche Miraglia, Ivaldi e Trifoglio). Le tre liste avevano lo scopo fondamentale di battere Rita Rossa, si sono impegnate e ci sono riuscite (certo, forse con la complicità di un’oggettiva debolezza della candidatura Rossa).
Quello che sto tentando di dire è che il risultato di Rossa non è assolutamente dovuto al fatto che sia stata un buon o cattivo sindaco ma è dovuto alla defezione di una parte della sua stessa area politica di centro sinistra. Un episodio di lotta politica spregiudicata interno alla sua parte politica e non certo la valutazione del suo operato in quanto sindaco. Gli oppositori di Rossa appartenenti al centro destra non sono aumentati (ciò sarebbe accaduto fosse stata decisamente un cattivo sindaco), sono i suoi fautori che si sono spaccati e poi ritirati, per farla cadere rovinosamente. E – maliziosi come siamo - abbiamo tutti i motivi per credere che non si siano ritirati in seguito a una sua valutazione in quanto sindaco. Una lotta politica  interna in cui, pur di punire il nemico di turno, s’è fatta fallire l’intera coalizione.
8. Possiamo ora passare dall’analisi del voto a qualche considerazione di ordine politico più generale. Si può affermare con relativa certezza che la sconfitta di Rita Rossa era già implicita nella gravissima frammentazione dell’area del centro sinistra locale (inteso sempre in ampio senso) che si era determinata ormai da un pezzo. La frammentazione solo in ultimo si è fisicamente concretizzata in quattro candidati a sindaco e ben 12 liste, con una media di 20-30 nominativi per lista. Di questa frammentazione, una responsabilità politica grave va addossata al partito più importante dell’area, il PD locale, che non ha saputo egemonizzare l’area e non ha saputo mantenerne l’unità.[6] Una responsabilità altrettanto grave l’hanno avuta tutti i vari personaggi che hanno dato vita ai vari improbabili cespugli che hanno cercato, in modo vandalico, di ricavarsi il loro piccolo e inutile spazio.
È successo esattamente come se l’area del centro sinistra avesse, in modo totalmente demenziale, scambiato le elezioni comunali, quelle vere, per una sorta di primarie di coalizione per mettere in competizione i vari candidati e per scegliere il candidato migliore. Visto che Rossa era considerata un candidato inadatto.[7] Uno spettacolo davvero indecoroso. Quattro candidati a sindaco e dodici liste che si contendono gli elettori nello stesso spazio politico e che poi, quindici giorni dopo, avrebbero dovuto scendere a combattere unitariamente contro il centro destra (o contro il M5S, se avessero passato loro le primarie)!
9. In altri termini, è successo anche ad Alessandria quello che personalmente definisco il Metodo Fassino. Mi riferisco a quel che è accaduto a Torino, alle scorse elezioni amministrative, quando l’onesto sindaco Fassino è stato travolto dalle bordate congiunte provenienti dalla destra e dalla sinistra «unite nella lotta». La stessa cosa è successa nel referendum sulla riforma costituzionale, dove Renzi è stato impallinato dall’unità d’intenti della sinistra e della destra. Questo, l’impiego estensivo del Metodo Fassino, forse è davvero l’unico aspetto che allinea Alessandria con le elezioni nazionali. Oggi in molte occasioni l’elettore generico non va più a votare per sostenere un programma (i programmi intanto nessuno li conosce e poi si assomigliano un po’ tutti), ma va a votare per punire il proprio nemico diretto, anche a costo di votare per il primo che passa. Quando viene meno la politica, e pare proprio che in Alessandria la politica nel senso nobile del termine sia proprio venuta meno, di fronte ad altre istanze particolaristiche,  non possono che venire in primo piano i sentimenti forti (la pancia, come dice Grillo). Solo che, in questi casi, il sentimento in questione non può essere che l’odio. Quando si fa politica con l’odio, non ci sono poi apparentamenti che tengano. Se poi, in questo clima, si organizzano anche formazioni politiche contro qualcuno, anziché a favore di qualcosa, si può dire che il Metodo Fassino possa dare davvero il massimo.
10. Dunque ci possiamo rassegnare. Grazie alle varie, contorte e machiavelliche defezioni del centro sinistra, abbiamo di fronte cinque anni di governo locale del centro destra. E - sia detto per inciso - quelli della mia età cinque anni da buttare non li hanno nemmeno più.
I responsabili oggettivi di questa gravissima sconfitta sapranno prendersi le loro responsabilità?  Rita Rossa ha dichiarato di assumersi la responsabilità della sconfitta. Bene. La sua dichiarazione era doverosa. Chissà se sentiremo presto i vari Ivaldi, Miraglia, Trifoglio e, uno per uno, tutti gli esponenti nominativi delle 12 liste (e l’ottimo Cavalchini, che merita qui una menzione d’onore), dichiarare con chiarezza, ciascuno per quel che gli compete, «Scusateci!», «È stata colpa nostra!», «Abbiamo fatto una fesseria!». E in tal caso, di conseguenza, si faranno da parte? Saranno sostituiti da altri più competenti? O continueremo a trovarceli tra i piedi a fare i grilli parlanti, spiegandoci che «Dobbiamo aprire subito una riflessione»? E ci chiederanno il voto ancora un’altra volta?
La storia politica degli ultimi decenni di questa città insegna peraltro che la sinistra (il discorso vale anche per la destra, sia chiaro), dalle sconfitte, non ha mai imparato niente. Gli sconfitti, dalle nostre parti, possono solo peggiorare. Questa trista lotta politica cui abbiamo assistito in questi mesi rappresenta l’onda lunga di un peggioramento che viene da lontano, dalle precedenti sconfitte. Le sconfitte politiche, invece di essere, come talvolta può accadere, occasioni di cambiamento e di crescita, alimentano soltanto la selezione dei peggiori. E poi i peggiori si esprimono. Per cui l’area del centro sinistra alessandrino (sempre in senso ampio), così sovrabbondante di candidati e di liste per tutti i gusti e per tutte le “sensibilità”, è sicuramente destinata a diventare politicamente, socialmente e culturalmente sempre più evanescente e irrilevante. Come al solito, questa cosa la pagheremo cara, la pagheremo tutti.
 
Giuseppe Rinaldi
26/06/2016
 
 
 
NOTE
 
[1] Serra ha invece lasciato libertà di voto. Tuttavia, nel M5S, le indicazioni nazionali spesso prevalgono su quelle locali.
[2] Diamo qui per scontato che la popolazione che si è avvicendata alle urne nei due turni sia grossomodo la stessa. La maggior parte degli astenuti si suppone siano astenuti totali, cioè si siano astenuti sia nel primo sia nel secondo turno. La diminuzione di affluenza che c’è stata tra il primo e il secondo turno può essere dovuta anzitutto a un fattore comune a tutti i votanti e distribuito più o meno ugualmente su tutte le liste, come ad esempio il caldo o le vacanze incipienti. Oppure a fattori specifici. Il fattore specifico più noto è dovuto al caso del M5S, il cui dettato nazionale è stato di non andare a votare ove non ci fossero candidati del movimento ai ballottaggi. Come già detto a parziale correzione, Serra ha lasciato libertà di coscienza.
[3] Ci sembra fattibile questa somma poiché i candidati Rossa, Miraglia, Ivaldi e Trifoglio sono genericamente appartenenti a un’area di centro sinistra e hanno avuto esperienze politiche comuni, oltre che aver presentato programmi assai simili, talvolta indistinguibili. Si può ritenere che gravi divergenze personali abbiano indotto a presentare diverse candidature concorrenti, tuttavia si può altrettanto presumere che, in caso di alternativa secca tra centro destra e centro sinistra, queste forze avrebbero ben potuto e dovuto coalizzarsi.
[4] Su questo punto, cioè sull’impegno necessario delle liste di centro sinistra per arginare il centro destra, si veda l’editoriale di Renzo Renna su Città Futura in data 18/6/2017.
[5] Gli elettori del M5S che avrebbero potuto astenersi sono 4943. Gli elettori del blocco Miraglia, Ivaldi, Trifoglio sono 6734. Le astensioni in più tra il primo e il secondo turno sono state 6970.
[6] Questa incapacità è un fatto abbastanza generalizzato ed è una conseguenza della legge sull’elezione dei sindaci. Un tempo la politica locale era diretta dal partito il quale provvedeva a selezionare gli amministratori ed eventualmente a revocarli. La legge sull’elezione dei sindaci ha comportato la distruzione di ogni autonomia dei partiti locali e li ha trasformati in espressioni del potere personale degli amministratori. È chiaro che ogni candidato a sindaco aspira ad avere un partito (un partitino, un movimento) come massa di manovra. Se non l’ha, se lo costruisce.
[7] Se Rita Rossa era considerata da qualcuno come un candidato inadatto (considerato che, dopo 5 anni, l’hanno votata solo 2 alessandrini su 10 questa tesi poteva avere anche qualche fondamento) si trattava di porre esplicitamente il problema, di fare le primarie seriamente per trovare – ammesso che ci fosse - un candidato più adatto. Poiché, dopo dibattiti e conflitti interni estenuanti, tutto questo non è stato fatto, al momento delle elezioni non si poteva che serrare le fila, poiché ogni candidatura in contrapposizione non poteva che indebolire ulteriormente un candidato forse già debole. Evidentemente è mancato un processo democratico di scelta delle candidature che permettesse all’area del centro sinistra di raggiungere la sua unità. Così le divergenze personali hanno preso il sopravvento.