giovedì 14 dicembre 2006

Letteratura e identità personale

 

L’argomento[1]  che sarà affrontato è il seguente: “In che senso la letteratura può avere un valore educativo cui sia difficile rinunciare”? Nonostante l’ampia diffusione nel nostro Paese dell’insegnamento letterario, si tratta di un tema poco riflettuto e poco esplicitato. Preciso che l’argomento sarà trattato non dal punto di vista della critica letteraria, bensì dal punto di vista delle scienze dell’educazione.

La scelta di insegnare la letteratura nelle scuole è stata storicamente connessa, più o meno consapevolmente, alla formazione degli Stati nazionali e al conseguente sviluppo dell’ideologia nazionalistica. L’insegnamento letterario nel nostro paese è stato sempre considerato come un elemento fondamentale per la formazione dell’identità nazionale. Oggi, in piena globalizzazione, nel momento in cui le identità nazionali sono marcatamente rimescolate e nel momento in cui si pone con forza il problema della convivenza di una molteplicità di culture diverse, non si può fare a meno di domandarsi quale senso abbia ancora l’insegnamento letterario, oppure di domandarsi se esso non debba essere considerato un mero residuo del passato. La sempre minore popolarità di cui la letteratura gode tra i giovani sembra porre addirittura il problema di una sua sostituzione con altri linguaggi più graditi, piacevoli e immediati.

Se è vero che dalla nostra scuola “la letteratura è sparita” e che “abbiamo ucciso la letteratura”, come ha sostenuto Mastrocola, allora dovremmo almeno cercare di comprendere bene l’entità del disastro compiuto (ammesso che di ciò si tratti) e cercare di capire se non vi si possa porre un qualche rimedio. Se non ci si vuole rassegnare alla morte della letteratura nella scuola, si tratta evidentemente di andare oltre gli obiettivi tradizionali, verso l’individuazione di un nuovo ruolo per la letteratura nell’ambito educativo.

Un’ipotesi

La tesi che sarà sostenuta è la seguente: “La letteratura (ovvero la pratica letteraria) è da considerarsi come uno strumento importante per lo sviluppo dell’identità individuale. Togliere (o diminuire) la letteratura nell’ambito dell’insegnamento significa diminuire la possibilità di uno sviluppo compiuto dell’identità individuale dei nostri allievi”.

La connessione tra la letteratura e lo sviluppo dell’identità individuale colloca dunque il nostro discorso nel contesto di una delle questioni educative più discusse dall’opinione pubblica negli ultimi tempi. È un dato di fatto la crescita dell’allarme sociale proprio intorno ai temi e ai problemi dell’identità dei giovani. Mai come in questo periodo si sono registrati gravi fatti di cronaca come bullismo, suicidi, criminalità giovanile, anomia, smarrimento dei valori, adesione a valori effimeri, insensibilità emotiva, insensibilità morale. Non è impossibile, allora, che una riflessione intorno al ruolo della letteratura nell’educazione ci porti anche a individuare qualche strategia utile a contrastare questo disagio diffuso.

L’identità

Prima di procedere, occorrerà fornire una definizione minima dell’identità. Per esemplificare, gli psicologi conoscono un test che si intitola “Chi sono io?”. Consiste nell’invitare l’intervistato a comporre un breve scritto, cercando di sintetizzare, appunto i tratti fondamentali della propria identità. L’identità dunque è un costrutto artificiale (risiede nella mente, traducibile in forma narrativa, alimentato dalla memoria), fluido e mutevole, attraverso il quale noi provvediamo a rappresentare noi stessi (ciò avviene principalmente grazie alla riflessività che è la caratteristica unica dell’animale uomo). Si tratta di un costrutto costituito di elementi assai numerosi ed eterogenei: emozioni, immagini, credenze, memorie, valori, narrazioni, argomentazioni razionali. Questi elementi vengono via via accumulati attraverso l’esperienza. Il problema principale che s’incontra nella strutturazione dell’identità è il seguente: come si tengono insieme, nel costrutto identitario, i materiali eterogenei, talvolta contradditori di cui l’identità stessa è composta? La domanda è rilevante, poiché l’identità, per quanto fluida e mutevole, deve comunque risultare come un costrutto dotato di un minimo di stabilita e di coerenza. Dal successo (o meno) dell’operazione di strutturazione identitaria derivano l’equilibrio interiore, l’autonomia morale, la capacità di interagire con successo con il proprio ambiente e con la cultura.

La funzione simbolica

L’identità si costruisce in gran parte grazie al linguaggio, facoltà che permette di costruire dei modelli della realtà assai efficaci ed efficienti. Il linguaggio, attraverso la concettualizzazione, ci permette di astrarre dall’infinità di particolari provenienti dall’informazione sensoriale e di concentrarci su ciò che è rilevante per noi. Oltre ai modelli del mondo esterno, diventiamo anche in grado di costruire dei modelli del nostro mondo interiore che possiamo così utilizzare per dirigere il nostro comportamento. Questi modelli interiori vengono in gran parte prodotti grazie allo sviluppo di una particolare funzione di autocoscienza che gli psicologi chiamano inner speech. L’uomo – è stato detto – è la “scimmia che si parla”.

Ma come è possibile, attraverso il linguaggio, unificare e conferire ordine a tutti i molteplici contenuti dell’esperienza internalizzata? Ciò avviene in modo particolare attraverso la funzione simbolica, la capacità di operare attraverso simboli. Simbolo, nella nostra accezione, è diverso da segno - si può sostenere che il simbolo costituisca un particolare tipo di segno. Come è noto, l’etimologia stessa della parola simbolo evidenzia la capacità del simbolo di istituire delle connessioni. Gli antichi chiamavano simbolo la pratica di impiegare, come elemento di riconoscimento, le parti derivanti da un oggetto spezzato in due; solitamente si trattava di una moneta. I due pezzi separati potevano essere utilizzati per il riconoscimento e quindi, appunto, per ristabilire una connessione. Il simbolo quindi è una funzione semiotica capace di stabilire una connessione tra elementi disparati. Non si tratta tuttavia di una connessione perfettamente logica, si tratta piuttosto di una connessione vaga, imprecisa, riassuntiva. Una connessione capace di unificare cose assai diverse in sintesi sempre più ardite. In sostanza si può sostenere che il simbolo non sia principalmente denotativo, bensì fondamentalmente connotativo.

Il simbolo prodotto e identificato si presta facilmente a essere caricato di emotività e, nello stesso tempo a essere raccontato verbalmente oppure, all’occorrenza, analizzato in termini razionali. È probabile che, per queste sue caratteristiche, la funzione simbolica sia in grado di costituire la struttura connettiva dell’identità. L’intreccio dei simboli può ben rappresentare in forma sintetica il nucleo della nostra identità, il nucleo attraverso il quale noi, come soggetti, diventiamo in grado di riferirci a noi stessi (seppure in modo non completo, vago e impreciso, com’è caratteristica dei simboli stessi). L’identità, così costruita, può agevolmente svolgere la funzione di tramite tra le dinamiche del corpo e le istituzioni della cultura: la cultura in termini simbolici opera un monitoraggio del corpo e il corpo si esprime (organizza le proprie dinamiche, la propria pratica) attraverso gli strumenti simbolici della cultura.

Naturalmente questa natura dell’identità fa sì che essa sia artificiale, precaria, soggetta a continue trasformazioni. Tuttavia l’identità, così concepita, non si riduce semplicemente a una somma di elementi sparsi, ma, grazie alla funzione simbolica, può assumere una struttura più o meno precisa, più o meno connessa, più o meno ricca ed elaborata. Sul piano formale, sul piano della loro strutturazione interna, non tutte le identità dunque si equivalgono. È stata sviluppata un’ampia letteratura proprio intorno alle patologie dell’identità.

Identità e letteratura

Non ci resta ora che sviluppare l’ultimo passo, e collegare lo sviluppo dell’identità con la letteratura. Se diamo uno sguardo al dominio della cultura, i campi dove principalmente opera il simbolo (secondo la definizione proposta…) sono il mito, la memoria, le forme di arte e la letteratura in particolare. Possiamo anche trovare molti sviluppi simbolici nel campo della religione o della politica. Perché la letteratura è particolarmente importante? Perché è strettamente connessa con il linguaggio, con l’oralità e la scrittura, con l’alfabeto e la stampa. Perché è indirettamente connessa anche con i linguaggi formalizzati più astratti (logica, matematica, scienze), più denotativi, dove abbiamo un minor potere di sintesi e di connotazione, dove prevale l’analisi e la denotazione.

La letteratura viene così a trovarsi in una collocazione privilegiata, assai prossima a quell’area della autocoscienza dove, grazie all’inner speech, ciascuno di noi ha occasione di elaborare e rielaborare continuamente la sintesi intorno a se stesso. La letteratura offre così un repertorio inesauribile di materiali simbolici, di semilavorati, che possiamo utilizzare liberamente per realizzare la nostra costruzione personale, per realizzare quel tramite indispensabile tra le nostre emozioni di base e il mondo della cultura più vasta.

Gli psicologi ci avvertono che, nell’ambito dello sviluppo, i giovani incontrano molte difficoltà nel rivolgersi ai linguaggi formalizzati se non hanno ancora sviluppato un nucleo identitario ben definito, se non hanno risolto i loro dinamiche interne, se non hanno trovato un equilibrio tra le loro emozioni e il loro linguaggio interiore. Coloro che si perdono per strada nella costruzione dell’identità si rinchiudono sui loro problemi interni e rifiutano un approccio razionale al mondo esterno.

Ma, ci si può domandare, perché proprio la letteratura? Perché non ricorrere ad altri linguaggi di massa, decisamente più semplici, più piacevoli e popolari (la pulp fiction, il linguaggio degli SMS, il linguaggio giovanile, oppure anche il linguaggio della musica, oppure quello delle immagini…)? La risposta è implicita nelle analisi che abbiamo presentato. Perché la letteratura è più ricca, elaborata e complessa. La letteratura rappresenta un repertorio unico di simboli che possiamo interiorizzare ed esteriorizzare continuamente, producendo l’integrazione continua della nostra identità, del nostro corpo con la nostra interiorità, con la cultura nella quale ci stiamo costituendo. In particolare i “classici” – come è stato detto - sono quei testi che hanno proprio la caratteristica di possedere una ricchezza oltre il tempo, per cui ci permettono diverse e successive letture, in tempi diversi della nostra vita. Invece la cultura semplificata, immediatamente utile, tecnica (per intenderci, le tre “i” intorno alle quali ci si è spesso soffermati) non fornisce questa ricchezza. Potrà forse essere utile ad avere qualche successo immediato, ma sarà meno utile per la formazione interiore.

Alcune conseguenze

Possiamo trarre, da quanto sviluppato finora, alcune considerazioni applicative in ambito educativo scolastico.

- La cultura letteraria di cui abbiamo principalmente bisogno nella scuola non può essere quella dello strutturalismo (che, in pieno accordo con Mastrocola, è troppo specialistica e quindi poco utile per chi si trova ad affrontare un percorso di auto formazione).

- È vero che la cultura letteraria è per molti aspetti difficile, legata alla cultura legittima (e quindi lontana dalla cultura spontanea popolare o di massa) - la cultura che il Gianni della Lettera a una professoressa odiava. Tuttavia in questa complessità e difficoltà sta proprio il valore di effettiva palestra di formazione che la letteratura può avere (qui si apre il problema del canone e il problema della motivazione).

- La cultura letteraria è forse legata al modello gentiliano, soprattutto per quel che concerne il tipo ideale della persona colta, ma non è certamente legata alla pratica scolastica della scuola di Gentile: la letteratura come fonte autentica di formazione dell’identità era già stata uccisa dalla scuola gentiliana, con il nozionismo, la retorica, l’indottrinamento ideologico.

- La scuola di massa non sembra abbia saputo evidentemente usare il potere della letteratura in funziona formatrice; ha preferito nascondersi dietro le schede, le analisi del testo… oppure dietro al vecchio nozionismo. Ciò pone con forza il problema dell’identità dei professori, della loro formazione.

In conclusione

Lo sviluppo dell’identità personale necessita di una frequentazione narrativa e simbolica che sia la più ricca e qualificata possibile. La letteratura possiede sicuramente le migliori risorse che possano essere utilizzate in termini formativi per lo sviluppo dell’identità personale. Purché non venga burocratizzata e tecnicizzata e purché la si insegni con la consapevolezza e la competenza necessarie.

Giuseppe Rinaldi (14/12/2006 – 30/06/2007 rev.)


NOTE

[1] Sintesi di un intervento presentato dall’Autore presso l’Associazione Cultura e Sviluppo di Alessandria il 14-12-2006. Versione 2.0. Sono state apportate modifiche puramente formali, atte a migliorare la leggibilità del testo.