lunedì 6 giugno 2011

La disfida di Macerata









All’indomani della vittoria nei ballottaggi, dopo le esultanze di rito, non sono riuscito a scacciare un piccolo tarlo: “Quanto ci metteranno a rovinare tutto”? Mi hanno subito detto che sono un pessimista cronico. Proviamo allora a immaginare un ipotetico scenario. Cosa dovrebbe fare, un qualunque partito di buon senso, dell’area del centrosinistra e della sinistra, dopo la vittoria dei ballottaggi? Io mi aspetterei la costituzione rapida di una coalizione, la più ampia possibile, che comprenda come minimo tutte le forze che hanno contribuito in modo significativo alla vittoria. Una coalizione basata su una serie esplicita di priorità di governo e su una serie di regole chiare per fare le primarie di coalizione in tutto il paese, per scegliere il leader candidato alle prossime elezioni - che non dovrebbero tardare, visto quel che succede nel Paese. Questo è senz’altro ciò che vogliono gli elettori del centrosinistra e della sinistra. Ebbene, non ho sentito alcuna dichiarazione in questa direzione (se non, mi pare, una dichiarazione dell’onorevole Di Pietro). In compenso è cominciato il tormentone di Macerata. Macerata caput mundi, verrebbe da dire.

Siccome non sono uno specialista di diplomazia delle alleanze del Partito Democratico e dell’Unione di Centro, confesso che avevo sottovalutato i segnali provenienti da Macerata. Ho fatto allora una piccola ricerca, che ciascuno può ripetere per conto proprio, per capire in cosa consistesse questa nuova mirabolante strategia vincente. Il modello di Macerata (“Un vero laboratorio politico”, lo ha definito Casini) vorrebbe riprodurre, su scala nazionale, lo schema di alleanze che è stato utilizzato nelle recentissime elezioni dell’Amministrazione provinciale di Macerata. Già, ma cosa è successo a Macerata? Le cose rilevanti da sapere sono queste: il candidato Antonio Pettinari (che risulterà poi vincitore) era appoggiato da un cartello formato da Unione di Centro, Partito Democratico, Italia dei Valori, Alleanza per l’Italia e una lista civica di rincalzo. Il blocco formato da Sinistra, Ecologia e Libertà e Rifondazione Comunista ha invece presentato un candidato per proprio conto. I risultati del primo turno non sembrano così clamorosi, perché il candidato Pettinari ha passato il turno praticamente alla pari con il centrodestra (43,1% contro il 42,8%). In questo risultato, l’Unione di Centro ha pesato per il 7,6%, l’Italia dei Valori ha pesato per il 6,5% e l’Alleanza per l’Italia ha pesato per lo 0,7% (sic!). Il candidato della formazione della sinistra (SEL e RC) ha invece raggiunto il 9,9% (l’8,8% nelle liste). Insomma, al primo turno la mirabolante macchina da guerra di Macerata non ha brillato: la Lega è al 4%; con una Lega appena più forte, si poteva anche perdere al primo turno. Al ballottaggio, le cose sono andate meglio perché Pettinari ha preso il 54,6% contro il 45,4% del candidato del centro destra. Anche un bambino capisce che, al ballottaggio, gli elettori del candidato della sinistra si sono turati il naso e hanno votato per Pettinari.

Da notizie trovate qua e là, risulta che questo “laboratorio” è nato nel 2009, quando il Partito Democratico, dopo aver governato, sembra con successo, la provincia di Macerata per cinque anni, insieme anche con Sinistra, Ecologia e Libertà, ha deciso di scaricarla, alleandosi con l’Unione di Centro e l’Italia dei Valori (notoriamente, UDC e SEL sono tra loro incompatibili). Ma non è ancora tutto. Questo gioco poteva valere la candela se Antonio Pettinari fosse stato del Partito Democratico. Ebbene, Pettinari è notoriamente dell’Unione di Centro e, per di più, in una precedente amministrazione (poi commissariata) aveva fatto il vicepresidente nelle fila del centrodestra! A questo punto credo di avere capito in cosa consiste il modello di Macerata. Consiste, essenzialmente, nel mettere nell’angolo la sinistra (SEL e RC) per allargare le alleanze verso destra, verso l’Unione di Centro e l’Alleanza per l’Italia (che, ahimè non ha brillato sul campo di Macerata!). Intanto, poi, al secondo turno quelli della sinistra non possono fare altro che votare per il centrosinistra, anche per un candidato dell’UDC.

Questo modello, se già è stato discutibile e rischioso nel caso delle elezioni provinciali di Macerata, potrebbe produrre un vero disastro nel caso di elezioni nazionali. Come la mettiamo con il fatto che, a livello nazionale, disgraziatamente, il secondo turno non c’è? La speranza di vincere al primo colpo con il modello Macerata (PD, UDC, IDV, API), mettendo nell'angolo la sinistra e dunque senza i suoi voti, è davvero azzardata. A meno che non si pensi – che furbata - di riuscire a cambiare la legge elettorale prima delle elezioni. Questo però significa mettere in conto un nuovo governo di centrodestra, oppure un governo balneare pasticciato, magari in cambio dell’introduzione del proporzionale, che piace tanto ai centristi e alla Lega. Tutte cose veramente difficili da spiegare agli elettori. Come la mettiamo poi con le primarie di coalizione del centro sinistra a livello nazionale? In un periodo in cui anche Alfano sta biascicando di primarie, è piuttosto difficile non fare le primarie. La soluzione ideale sarebbe indubbiamente una coalizione, con relative primarie, comprendente tutti quelli che potrebbero, in astratto, essere interessati a realizzare un’alternativa di governo, e cioè in termini nominativi,  Rutelli, Casini, Di Pietro, Bersani e Vendola. Ve lo vedete però Casini che si candida alle primarie insieme a Vendola? Se ammettiamo che lo scopo del modello Macerata, trasferito a livello nazionale, sia quello di far fuori Vendola, e se dunque lo escludiamo dalla coalizione, ve la vedete comunque una competizione tra Rutelli, Casini, Di Pietro e Bersani? Ma, soprattutto, ve lo vedete Casini fare le primarie?

Ma la domanda ancora più interessante è la seguente: “Dopo quel che è successo a Milano, come si fa a fare le primarie senza Vendola?”. Adottare il modello di Macerata significa ammettere che Pisapia a Milano è stato un errore o, al più, un’esperienza sgradevole da non ripetere. Se c’è una cosa invece che ha insegnato la vittoria di Milano, è che un buon candidato, qualunque sia la sua provenienza, scelto attraverso le primarie, munito di un buon programma, può essere capace di mobilitare la società civile, ben di là delle aritmetiche elettorali e delle alleanze di potere tra i boss dei partiti. Il modello Macerata prescinde da tutto questo e, con la scusa dell’allargamento all’UDC dell’alleanza, riproduce una grave spaccatura preconcetta all’interno del centro sinistra e della sinistra, una spaccatura che, invece, pare ormai sia stata completamente superata dagli elettori. Sinistra, Ecologia e Libertà, salvo un ritorno sui propri passi che è sempre possibile visto che la miopia politica è ugualmente distribuita ovunque, ha mostrato, con la scelta di candidare Pisapia, di essere perfettamente in grado di puntare, responsabilmente, su candidati moderati, capaci di coalizzare una gamma di forze veramente molto ampia e di vincere. Perché tutta questa Macerata, allora? Può darsi che qualcuno sia in cerca di vendetta per i fatti di Milano. Forse Vendola inquieta il sonno di Bersani. Mi dicevo, qualche giorno fa, “Quanto ci metteranno rovinare tutto ?”. Adesso lo so.

 

Giuseppe Rinaldi (6/06/2011)