sabato 9 marzo 2013

La melma prepolitica postmoderna (2.0)








1. Non sono stati fatti finora molti sforzi per comprendere quale sia la prospettiva ideologica entro cui pensa e agisce il M5S e, in particolare, entro cui pensano e agiscono i loro dirigenti. Gli stessi interessati hanno fatto ogni sforzo per negare ogni attribuzione ideologica, per presentarsi come un movimento pragmatico, che affronta i problemi uno per uno, senza schemi preconcetti, usando, come dicono, l’intelligenza collettiva della rete. Finora sono emersi, con una qualche chiarezza, un elemento di antagonismo nei confronti delle istituzioni politiche vigenti e una serie di obiettivi specifici piuttosto slegati tra loro e spesso anche in contraddizione. Il motto “cinque stelle” si riferisce a cinque ambiti fondamentali di intervento e cioè: acqua pubblica, mobilità sostenibile, sviluppo, connettività, e ambiente. Presso l’opinione pubblica si sono fatti notare soprattutto perché hanno cercato in tutti i modi di marcare la loro alterità nei confronti dei media (soprattutto la televisione) e per il loro uso sistematico della rete. Un’alterità costruita e alimentata con cura che ha prodotto l’immagine di un mondo separato (dotato di regole misteriose e di riti collettivi spettacolari), di un gruppo di estranei che si propongono come la novità che vuole travolgere tutta la vecchia politica. In altre parole l’immagine dei barbari che cingono d’assedio la capitale.

2. Nonostante l’immagine rilasciata all’esterno, il M5S ha tuttavia una chiara matrice ideologica. Si tratta, infatti, di un movimento politico di diretta ispirazione postmoderna. Mi sentirei di parlare, pur trattandosi di una contradictio in adjecto, di fondamentalismo postmoderno. Negli ultimi anni, nell’ambito del dibattito culturale internazionale e, ultimamente, anche nazionale, l’ideologia postmoderna è stata rivoltata come un calzino, ne è stata mostrata l’inconsistenza teorica e ne sono state evidenziate diverse gravi conseguenze di ordine culturale e politico.[1] Oggi, il postmoderno si avvia più che altro a diventare un curioso reperto archeologico, degno di stare in compagnia di altre visioni del mondo sorpassate, come il punk, il futurismo, la new-age o l’esistenzialismo. Solo in Italia, nel mare dell’analfabetismo culturale che ha caratterizzato la Seconda repubblica, la post–politica di Grillo e Casaleggio può sembrare una novità, può affascinare i commentatori televisivi o illudere illustri rappresentanti della sinistra come don Gallo e Dario Fo, oppure Celentano.

3. Il M5S, nella sua ideologia alquanto celata ma molto solida, ritiene di essere un post-partito di carattere post-ideologico e si rifà alla post-cultura del cyber-spazio. Il presupposto generale di questa visione, come in tutto il postmoderno, è quello del turning point, della grande svolta. La Grande svolta è una ben precisa filosofia della storia che ritiene che ormai siamo entrati in una nuova era, determinata dal crollo di tutto ciò che era legato alla modernità, il crollo cioè di tutto quello che la civiltà occidentale ha costruito negli ultimi quattro secoli.[2] Su Wikipedia si può trovare che il postmoderno è caratterizzato da questi elementi: complessitàlabirinticitàprospettivismoeclettismorelativismosincretismodecostruzionismo o decostruttivismo, nichilismoanti-illuminismo o antimodernismo. La grande svolta annunciata dai vari guru postmoderni trova espressione nella fine di tutte le cosiddette grandi narrazioni della modernità. Intere biblioteche postmoderne sono state consacrate a cose come la crisi delle scienze europee, la fine delle avanguardie, la fine della metafisica, l’eclissi della ragione, la fine della filosofia, la fine della modernità, la fine della storia, la fine dei valori, la fine dell’arte, la fine della religione, la fine della politica, il dileguamento dell’essere, la fine dell’utopia, la fine del soggetto, la fine dello Stato, la fine della verità, la liquefazione della società, la fine dello sviluppo, la fine del pianeta. Dimenticavo, la fine della democrazia. I postmoderni hanno scorto innumerevoli segni dell’ingresso in questa nuova era, segni che sono stati più percepiti, più intuiti che dimostrati (perché le dimostrazioni appartengono al vecchio ciarpame della logica e della verità). Naturalmente i due segni più importanti sono la globalizzazione (che però ciascuno interpreta a modo suo, non tanto come fenomeno da studiare scientificamente, quanto come vago concetto filosofico) e l’avvento delle nuove tecnologie e in particolare di Internet. Alcuni postmoderni si sono poi particolarmente ingegnati a riflettere sulle conseguenze della rete e hanno annunciato profeticamente impressionanti rivoluzioni di tutti i tipi, come ad esempio trasformazioni delle facoltà percettive, modificazioni delle capacità di apprendimento, rivoluzioni nelle relazioni tra le persone e nelle forme di socialità, rivoluzioni nella comunicazione, nell’organizzazione sociale, nelle forme del potere, nell’epistemologia, nelle forme di razionalità.[3] Il cyberspazio sarebbe alla base di tutte queste rivoluzioni e costituirebbe il divide fondamentale tra coloro che sono dentro al futuro (che sono orientati al cambiamento) e coloro che sono out, ancorati al vecchio mondo passato, che sono destinati necessariamente a sparire loro malgrado.

4. Nello specifico del nostro discorso, la Grande svolta rende obsolete tutte le forme di organizzazione politica della modernità (tra le quali i postmoderni non fanno molta differenza e che vengono messe tutte nel mucchio del vecchio e del marcio), comprese le democrazie rappresentative e i partiti politici. Tra i ruderi del vecchio mondo, i big svoltisti ritengono particolarmente superata la nozione del potere, che essi combattono in tutte le forme possibili e immaginabili, comprendendo anche le forme del potere legittimo degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Anche il potere economico viene interpretato nella stessa prospettiva, poiché viene considerato come una manifestazione perversa della razionalità tecnologica, una specie di Grande Fratello che mira a sovrastare e asservire gli esseri umani. Al posto del potere, della vecchia politica e dell’economia disumana, essi si sono ingegnati a progettare nuove forme di espressione e di realizzazione individualenuove forme di relazioni interpersonali e nuove forme di organizzazione sociale ed economica che siano alternative a quelle ormai decrepite. Anche se il loro slancio creativo in questa direzione è stato assai fervido, le soluzioni proposte non si può dire che siano delle grandi novità e vanno verso nuove forme di comunità,[4] soprattutto quelle forme di comunità virtuali rese possibili dalla rete. Tutto ciò viene solitamente condito con un certo spirito profetico e attivistico che permette, a chi assume questa visione, di evadere dalla realtà prosaica, di sentirsi un uomo nuovo, di incontrare i propri simili, di proiettarsi nel futuro, decidendo magari di salvare il resto dell’umanità che è rimasta chiusa dentro la caverna a guardare le ombre. Insomma, un ennesimo “nuovo” comunitarismo che dovrebbe costituire il rimedio di tutti i mali. Chi entra in questo orizzonte prioritariamente si sente membro di una nuova comunità, di un gruppo scelto di uomini nuovi, sia reale sia virtuale. L’ingresso nella nuova comunità determina l’assunzione di un determinato linguaggio, di un determinato modo di comportarsi, la disponibilità ad accettare le regole di perfezionamento. Determina anche l’accettazione benevola del potere interno alla comunità, interpretato però come non-potere, un potere buono in contrapposizione al potere marcio. Tutte cose nient’affatto originali, che abbiamo già visto in altri tempi, in altri movimenti.

5. I grillini tuttavia, una parola sì e una no, citano la democrazia. Com’è possibile? La democrazia cui fanno riferimento non è la democrazia rappresentativa, quella che conosciamo noi comuni mortali, ma una vaga comunità di discorso cyberspaziale, informale, priva di presupposti storici e giuridici, che pone dei problemi da risolvere, discute in rete, applica l’intelligenza collettiva e trova, di volta in volta, le soluzioni più innovative. Queste soluzioni (che sono comunque buone grazie al metodo seguito per trovarle) vengono poi deliberate a maggioranza, sempre in rete, e tradotte in obiettivi politici del movimento. Tutte le forme di specializzazione e di sapere istituzionalizzato (la tecnologia, la scienza) sono sospette perché non usano l’intelligenza collettiva e sono suscettibili di collusione con il potere e con il denaro. La democrazia che hanno in mente è una forma di partecipazione ossessiva, la democrazia continua, la democrazia diretta, la democrazia fatta in casa[5] che non è mai davvero esistita se non in piccolissime comunità, nella mente di qualche intellettuale (come il buon Rousseau o anche un certo Marx[6]) o di qualche anarchico. Essi però ritengono che la democrazia diretta sia ora realizzabile proprio grazie alle nuove tecnologie. Solo così si spiega il rifiuto aprioristico dei partiti,[7] la svalutazione delle istituzioni e l’incomprensione totale di una regola fondamentale della democrazia rappresentativa che è il mandato libero dei rappresentanti. In pratica si tratta di una democrazia senza rappresentanza. Storicamente, una cosa simile è stata sperimentata durante la Comune di Parigi del 1871.

6. L’analisi che stiamo conducendo ci permette di capire perché, per Grillo & Co., non abbia alcun senso la distinzione tra destra e sinistra e perché riescano a mescolare obiettivi politici di destra e obiettivi di sinistra e siano riusciti ad attrarre frange di elettorato di entrambi gli schieramenti. La dicotomia tra destra e sinistra è, infatti, una tipica distinzione che appartiene alle culture politiche della modernità e che sono da loro considerate ormai superate. Le distinzioni fondamentali che sono finora servite per pensare logicamente la politica vengono così fuse in una melma prepolitica vaga e indistinta.[8] Così il pensiero politico postmoderno può essere contemporaneamente autoritario e permissivo, comunitario e individualistico, altruistico ed egoistico, rivoluzionario e conservatore. Per Grillo vanno bene Casa Pound e i NOTAV; vuole tagliare d’autorità le pensioni e poi difende l’articolo 18; può rivendicare i diritti dei cittadini e negare agli stranieri il diritto di cittadinanza; può dirsi democratico e sostenere il vincolo di mandato. Per qualcuno dei suoi seguaci Mussolini era uno che aveva il senso dello Stato. Grillo può definire il M5S come un movimento informale e però può espellere a suo piacimento chi non gli aggrada. Il problema non è quello di essere coerenti, perché la coerenza fa parte del marcio. Per innovare basta creare il caos, la cosa importante è decostruire. Il fatto che un comico faccia comizi politici assume dunque un significato nuovo, se considerato alla luce dell’ideologia postmoderna. Semplicemente significa negare alla politica un suo linguaggio specifico e assimilarla alla cyber-melma che viaggia nel cyberspazio. Nessuna differenza tra messaggi pubblicitari, messaggi politici, post di Facebook. Fiction e nonfiction, tutto fa brodo. In questo quadro va segnalato che Casaleggio, il guru del movimento, è accreditato come uno dei massimi esperti italiani del cosiddetto marketing virale e del guerrilla marketing, tecniche di manipolazione del cyberspazio che sono tipicamente postmoderne (e profondamente scorrette e antidemocratiche).

7. Le loro cyber-procedure interne per la formazione di un’opinione e di una decisione sono ovviamente – lo si è già visto ampiamente – confuse, dispersive e terribilmente lente. Oltretutto è stato ampiamente fatto notare come le strutture informatiche di cui si servono per il dibattito e la deliberazione sono di proprietà privata della Casaleggio & Co., al di fuori di qualsiasi controllo pubblico. È come se domani decidessimo di fare le elezioni politiche cliccando su “Mi piace” di Facebook. È ovvio poi che sono in grado di avanzare solo le proposte di cui hanno già discusso al loro interno.[9] Avendo il mandato vincolato, i parlamentari del M5S non sarebbero in grado di votare autonomamente su una qualsiasi questione urgente, imprevedibile, che si presenti da un giorno all’altro. D’altro canto il movimento non ha strutture formali interne di rappresentanza. Probabilmente il gruppo dei parlamentari sarà la loro struttura più organizzata. Grillo e Casaleggio, dal canto loro, sono i proprietari del marchio, non sono eletti e non sono neanche eleggibili. Essi, nella teoria postmoderna del marketing politico, si sono riservati il ruolo di influencer. Grillo è il megafono. Del resto è tipico del postmodernismo rifiutare tutte le formalità e avere fede nella comunicazione informale, nelle dinamiche dell’irrazionale. Grillo e Casaleggio, dopo avere interagito in rete con i propri seguaci procedono in qualche modo a fare una sintesi e a rilanciarla. In una simile situazione fluidaliquida, è ovvio che non ci sono responsabilità precise, e non ci può essere neanche una valutazione del comportamento dei rappresentanti che non riproponga una chiacchiera infinita, in rete naturalmente. La proprietà privata del marchio assicura una ben precisa struttura di potere e di autorità che tuttavia non è avvertita come un fatto negativo o pericoloso.[10]

8. Apparentemente i grillini sembrano gente di buon senso, pragmatici, disposti ad ascoltare, volenterosi. È stata sottolineata la loro pulizia morale che contrasta sicuramente con il precedente parlamento, ad alta concentrazione di inquisiti. Sembrano dunque persone con cui ci si può mettere d’accordo. Non è proprio così. In realtà sono i depositari di un’ideologia radicata di cui neppure si accorgono, tanto da proclamarsi come post – ideologici. Questa visione del mondo che ho tratteggiato è ovviamente professata dai leader e dai dirigenti. La maggior parte degli elettori non ne sa assolutamente nulla, appartenendo alla schiera di coloro che hanno votato il M5S per rabbia, per giusta protesta contro il sistema dei partiti italiani, perché si tratta di un movimento nuovo o per la condivisione di alcuni degli obiettivi enunciati e propagandati.[11] Vedremo dunque all’opera nei prossimi giorni un gruppo di fondamentalisti che si comporteranno anche in maniera mite e assolutamente minimalista ma che rifiuteranno, nella maniera più totale, di prendersi quella responsabilità che il paese chiede loro.

La prova più evidente di questo fondamentalismo è la rigidità assoluta con cui rifiutano un atto simbolico tipico di tutte le democrazie che è quello di votare la fiducia (secondo la Costituzione) a un qualsiasi governo che non sia composto interamente da loro stessi. Se non vado errato, non si sposteranno di un millimetro, poiché si tratta per loro di una questione non negoziabile. Un voto di fiducia a una coalizione qualsiasi per loro implicherebbe vanificare il divide tra il vecchio e il nuovo tanto faticosamente costruito e mantenuto. Grillo d’altro canto non può smentire il proprio messaggio, è imprigionato nella sua stessa narrazione, deve continuamente marcare i confini, anzi essere il custode più intransigente dei confini. Nello statu nascenti non si fanno mediazioni. Qualunque mediazione sarebbe un tradimento. Qualora Grillo, sotto la spinta dell’opinione pubblica o dei suoi stessi elettori, si convincesse – come sarebbe auspicabile e come molti gli chiedono di fare - a votare responsabilmente la fiducia a un governo di coalizione, ciò costituirebbe di fatto l’istituzionalizzazione del movimento, la sua trasformazione in partito, cioè la sua fine.

9. Nonostante il progetto di Grillo di raggiungere il 100% dei voti, possiamo prevedere che con questa vittoria elettorale il M5S abbia raggiunto il massimo della sua espansione. Se si espanderà ancora oltre,[12] sarà solo a causa di scelte autolesionistiche dei restanti partiti politici. Tutti i nodi della melma prepolitica verranno comunque al pettine e diventeranno ben presto palesi a tutti nella sceneggiata che si profila nelle prossime settimane (sarebbe anche divertente, se non fosse che pagheremo amaramente il biglietto per assistere a questo teatrino). Gli attuali elettori del M5S che non condividono il fondamentalismo postmoderno dei vertici del movimento, che hanno usato il M5S semplicemente per esprimere la loro rabbia, che non sono interessati alla sperimentazione del marketing virale, del guerrilla marketing, dell’intelligenza collettiva, delle comunità alternative, della democrazia diretta, e che non sentono il fascino del megafono e delle post-profezie, appena capito di cosa si tratta, potrebbero essere indotti a cercare rapidamente un’altra forma di rappresentanza politica. In questo quadro non sono impossibili spaccature, conflitti interni al movimento, conflitti tra il movimento e i sostenitori delusi, oppure conflitti con cittadini che vogliono una risposta politica efficace e che accuseranno il movimento di avere bloccato il Paese.

10. Se, come ormai pare assodato da tutte le loro dichiarazioni, i dirigenti del M5S non accetteranno di abbandonare rapidamente il loro radicalismo utopistico e di entrare nelle istituzioni rappresentative per fare alleanze e assumere responsabilità di governo, allora sarà inevitabile andare a nuove elezioni, in un tempo ristrettissimo di 6-8 mesi. Per disporre di un’alternativa occorrerà allora, tra le altre cose, accingersi a individuare e smontare con chiarezza i dispositivi post-ideologici del grillismo, ma sarà soprattutto cruciale sapere, e al più presto, quali sostanziali novità avranno da offrire gli altri partiti.

 

Giuseppe Rinaldi (8/03/2013 - 05/07/2021 rev.)

 

 

NOTE

[1] Su questo punto mi permetto di rinviare a un mio precedente articolo, pubblicato su Città Futura, dal titolo I profeti del nulla.

[2] Naturalmente qualcuno – sulla base della lettura dei propri autori prediletti, come Husserl, Nietzsche o Heidegger, oppure anche Lukács, Adorno e Horkheimer, ma anche Vattimo e Rorty - si spinge molto più indietro, annunciando il crollo dell’intera civiltà occidentale (spesso fatta iniziare con la ragione greca e Socrate).

[3] Ricordo che alcuni guru (anche a casa nostra) si sono spinti a salutare l’abbandono del mondo gutemberghiano, dei libri, del testo lineare a favore della multimedialità e hanno sostenuto che l’alfabeto è una forma di potere da combattere.

[4] È una storia che si è già ripetuta molte volte: il rifiuto della società esistente (a torto o a ragione non importa) porta a costruire utopie, gruppi comunitari, comunità alternative. C’è solo l’imbarazzo della scelta, dagli epicurei antichi al giovane Marx, dai movimenti pauperistici alle prime forme di socialismo, dalle comuni cinesi di Mao ai primi sovietici che abolendo il denaro volevano dar vita a una nuova forma di economia. Senza dimenticare gli hippy, vale la pena anche di fare un pensierino ai Khmer rossi che con i loro massacri volevano costruire l’uomo nuovo.

[5] In questo senso i grillini si rifanno al dibattito sulla democrazia partecipativa e sulle molte sperimentazioni che ne sono state fatte. Si tratta senz’altro di un campo assai interessante il cui ambito tuttavia non è mai andato finora oltre i piccoli gruppi e le piccole comunità.

[6] Norberto Bobbio ha autorevolmente sostenuto che, non avendo una teoria dello Stato, il pensiero politico di Marx è fondamentalmente anarchico.

[7] Se il M5S si limitasse a rifiutare i partiti che ci sono nel nostro Paese si potrebbe anche essere d’accordo. Loro invece rifiutano i partiti in quanto tali, come istituzioni inutili e superate. Il tutto è sempre merito della Grande svolta.

[8] Quando parlo di melma prepolitica uso questo concetto non tanto in termini valutativi, bensì in termini descrittivi.

[9] Un rappresentante non secondario del M5S, interrogato su quale sia il tipo di legge elettorale proposto dal M5S, ha dichiarato candidamente che, all’interno del movimento, non ne hanno ancora discusso (6/3/2013, da Lilli Gruber). Bersani, che vorrebbe fare un governo col M5S proprio per fare la legge elettorale, dovrebbe esserne contento.

[10] Tra l’altro una situazione del genere è altamente instabile. Può anche funzionare nel momento dell’effervescenza collettiva. Quando sorgeranno dei contrasti si potrà arrivare (è già successo) a delle spaccature su base personale.

[11] Molti degli obiettivi del M5S sono del tutto condivisibili e avrebbero dovuto essere portati avanti dai partiti della sinistra, questi sì allo stato attuale marci e improponibili.

[12] È di questi giorni la notizia che recentissimi sondaggi darebbero il M5S ancora in crescita (al 28-29%). Ciò accade a causa dell’effetto bandwagon e a causa del fatto che gli altri partiti sconfitti non hanno saputo ancora elaborare una diversa e nuova proposta politica.