mercoledì 7 marzo 2018

Ce l’abbiamo fatta!

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1. Dopo tanto impegno e tanti sacrifici, il risultato tanto sperato finalmente è arrivato. Finalmente abbiamo perso.[1] E non poteva che essere così. Siccome siamo stati particolarmente in gamba, abbiamo perso anche in maniera pesantissima, inequivocabile, con cifre oltre ogni previsione. Da capogiro. Ha perso il PD scendendo al 18,7%. Ha perso LeU riuscendo a raccogliere appena poco più del 3%, cioè assai meno dei risultati elettorali precedenti delle tre formazioni (MDP, SI, Possibile) che vi hanno confluito. Non hanno certo vinto quelli di Potere al Popolo, i cui voti saranno del tutto inutili ai fini parlamentari, anche se - beati loro – sembra che siano contenti del risultato raggiunto. C’è chi si accontenta della testimonianza.

 2. La sconfitta era annunciata e lo capiva chiunque non avesse le fette di salame davanti agli occhi. Che i dirigenti del PD – Renzi in primis – fossero sulla luna, lo si era capito da un pezzo. Sono così alla fine riusciti a dilapidare un capitale politico che forse era nato per caso, all’epoca della rottamazione renziana, e che con ogni probabilità non si riformerà mai più. I segni inascoltati sono stati innumerevoli. Bisognerebbe, tanto per promemoria, ricordare la rissa interna permanente che ha lacerato il PD per tutta la XVII legislatura, a cominciare dai 100 franchi tiratori e dall’affare Letta. Una serie di sconfitte elettorali tutte sottovalutate, come la perdita di Torino e della Liguria. La sconfitta al referendum per la riforma costituzionale, la scissione di MDP, la perdita della Sicilia. Anche la legge elettorale non è stata un capolavoro. Non parliamo poi della campagna elettorale: in gran parte inesistente. E penosa quella esistente. Una pessima immagine in un mondo dove ormai l’immagine è più o meno tutto. L’ultimissima pessima immagine è stato il teatrino per le candidature nei collegi: sembrava la fuga da Saigon, qualcuno se la ricorda, con quelli che si aggrappavano agli elicotteri.

3. Nonostante i due governi Renzi e Gentiloni - confrontati con i precedenti - non abbiano poi governato così male, il PD non è stato affatto ricompensato dall’elettorato. Non basta evidentemente continuare a distribuire cose come gli 80 euro o gli svariati bonus. Non è bastato – all’ultimo momento – l’intervento del ministro Minniti per contenere l’immigrazione. Non è bastata, sempre all’ultimo momento, la firma dei contratti di molte categorie da parte della ministra Madia. Non è bastato neppure il sostanziale miglioramento della situazione economica che è avvenuto negli ultimi tempi. La questione non è evidentemente di tipo economico: tu hai continuato a distribuire soldi a tutti (magari anche un po’ a vanvera), la situazione economica è migliorata e quelli non ti votano! Bisognerebbe farci un pensierino. Ormai però le analisi circa le cause delle sconfitte non sono più di moda. Sono pronto a scommettere che anche questa volta non ci sarà nessuna analisi seria sulle cause della sconfitta, che non siano le solite chiacchiere.

4. Certo, molti sono convinti che Renzi e Gentiloni abbiano fatto delle leggi che non erano di sinistra. Si citano spesso il Jobs Act e la Buona scuola. E poi la riforma costituzionale. Anche Minniti è stato accusato di essere un fascista. Si sono sprecate disquisizioni su quanto fossero di destra o di sinistra i diversi provvedimenti dei due governi (molti dei quali tuttavia contrattati con la minoranza). Discussioni certo legittime, ma non fino al punto da far vincere la parte avversa. Comunque, se Renzi e Gentiloni avessero governato così male, se nel Paese ci fosse stata davvero quella enorme e insoddisfatta domanda di politica di sinistra che alcuni hanno continuato a sventolare, questa volta, finalmente, gli elettori di sinistra insoddisfatti avevano la possibilità di votare per LeU che era l’alternativa fresca. O per Potere al Popolo, che era un’altra alternativa. Oltretutto dentro LeU ci stavano due personaggi – notissimi e stimati - che hanno ricoperto la seconda e terza carica dello Stato. Pare proprio invece che gli elettori – che in generale non sono esponenti del finanzcapitalismo - non ne vogliano più sapere della sinistra, sia nella versione PD, sia nelle alternative di LeU e di Potere al Popolo. Molti elettori della sinistra hanno preferito votare per il M5S o per la Lega. Speriamo che anche questa volta non si dia la colpa ai media. E per favore non si dica “non abbiamo saputo intercettare,…” non vuol dire nulla. Vedremo se il prossimo governo Salvini saprà fare qualcosa di sinistra.

5. Uno dei motivi contingenti che ha portato a questo risultato elettorale è costituito da una certa intelligenza degli elettori di centro sinistra. Poiché almeno da dopo la scissione di MDP era chiaro che il PD sarebbe stato il terzo partito e non avrebbe avuto alcuna possibilità di guidare un governo, allora molti elettori di sinistra hanno pensato – lo ha suggerito esplicitamente D’Alema - che la scelta fosse quella del male minore, scegliendo di appoggiare il M5S per contrastare il fantasma di un governo Salvini. È la teoria del voto utile rivolta contro il PD medesimo. Forse era la scelta giusta, per lo meno a livello tattico. E forse ha funzionato, perché se il M5S fosse stato ridimensionato, oggi ci sarebbe un’unica possibilità, quella di un governo Salvini.

6. Il fatto è che queste elezioni non sono state tanto una valutazione dei governi di Renzi e di Gentiloni. Sono state piuttosto una presa d’atto dell’inesistenza del PD come progetto politico e dell’inesistenza del PD a livello locale. Nonostante le regioni del Sud fossero governate in gran parte dal PD (spesso insieme alla sinistra - sinistra) nelle regioni del Sud ha prevalso il M5S. Il PD ha perso anche nell’Italia centrale, a favore della Lega e del M5S.
Quella del capace ceto amministrativo del PD è ormai solo più una bella favola. Magari anche gli scandali sulle banche hanno contribuito a svelare che la favola non c’è più. Il PD a livello locale – anche con la tolleranza di Renzi – da tempo si era ormai popolato di mediocri arrivisti ansiosi di intrufolarsi nei piccoli o grandi meandri del potere locale. Finché tutti ci guadagnavano qualcosa – il famoso modello emiliano – la cosa ha funzionato. Quando a guadagnarci erano solo più i soliti furbi, con le loro politiche estrattive selvagge, le cose hanno cominciato a cambiare.
Quando la misera posta in gioco degli intrallazzi locali è diventata solo più appannaggio delle lotte tra le correnti allora «la nostra gente» ha cominciato a capire che il meccanismo non stava più in piedi. Si badi bene che, spesso, la cosiddetta sinistra - sinistra non è stata da meno, pretendendo comunque sempre, in modo ragionieristico, le rispettive quote. Così la moneta cattiva ha scacciato quella buona. Il capitale sociale della sinistra è stato eroso e non è stato più rimpiazzato.

 7. Al degrado interno si è aggiunto il mancato ricambio generazionale. I giovani hanno votato in massa per il M5S. Chi è troppo impegnato a curare il proprio cursus honorum non può perdere tempo a formare i giovani. E non si può pensare che il modello del far west tra le correnti possa costituire una buona scuola di formazione dei quadri politici. Così, dopo il peraltro breve periodo dei bravi sindaci, è rimasto il vuoto, solo una lunga lista di arrivisti mediocri disposti a qualsiasi cosa pur di avere una seggiola con gettone di presenza. A ciò va aggiunto il deterioramento delle persone: pressapochismo, impreparazione, mancata selezione in base al merito, autoreferenzialità. Il PD renziano si è illuso di fare il partito mediatico televisivo, di fare a meno della militanza locale e così i ras con i loro cortigiani un bel giorno si sono trovati da soli. E sono quegli stessi che vorranno costituire ora il rinnovamento e l’alternativa a Renzi.

8. Il risultato elettorale costituisce anche una pesante valutazione della sinistra - sinistra come progetto politico. Quelli di MDP, Possibile e SI dovrebbero se non altro ritenere di avere raggiunto almeno uno dei loro obiettivi, e cioè quello di avere salvato l’Italia eliminando Renzi.[2] Purtroppo sembra che abbiano gettato il bambino con l’acqua sporca. Il PD nel nuovo parlamento sarà inagibile per un bel po’ (con un segretario dimezzato o senza segretario, senza una linea politica, con un congresso da fare, magari a rischio scissione). Così, nel regime proporzionale inaugurato da una legge elettorale promossa dal PD stesso, le manovre per fare il nuovo governo le faranno gli altri. I dirigenti di LeU hanno sempre negato fosse loro intenzione far perdere il PD e hanno sempre dichiarato di volere far tornare al voto gli elettori delusi dalla politica del PD, di dare finalmente uno spazio di espressione per «la nostra gente». S’è visto bene che «La nostra gente» semplicemente non c’era. Se c’era, ha preferito il M5S. La speranza della Volpe di sfasciare il PD per poi riprenderlo in mano e farlo «più bello e più grande che pria» si manifesta sempre più nella sua natura di delirio paranoide.

9. Non bisogna dimenticare che la XVII legislatura si è retta sull’equivoco della «non vittoria» di Bersani nel 2013 e che il PD ha potuto governare grazie al premio di maggioranza del porcellum e a una differenza appena dello 0,37% di voti in più rispetto alla coalizione di centro destra. Sarebbe stato il caso di andare a nuove elezioni subito dopo due mesi. In questo modo – tirandola in lungo per cinque anni - il M5S si è fatto le ossa, nelle istituzioni e nel Paese, mentre il PD si è solo logorato e – non soddisfatto - ha continuato a litigare al proprio interno su qualunque provvedimento.
Si poteva nel frattempo riformare il partito – era del tutto chiaro che non stava funzionando già fin da allora – visto che il tempo c’era. Ricordo sempre la proposta di Fabrizio Barca; ricordo anche cosa è successo nel PD romano qualche tempo fa. Ma si è preferito girarsi dall’altra parte e dare spazio ai direttori (nel senso del direttorio) dei ras locali che erano saltati sul carro di Renzi. Fino all’incredibile scissione di MDP.[3] Così la nuova XVIII legislatura partirà con la sinistra (tutta!) bastonata e in un angolo. Fra cinque anni, la sinistra italiana, in tutta la sua enorme varietà di espressioni, bisognerà andare a cercarla su Wikipedia.

10. Tutte le volte che il PD perde ci sono quelli che spergiurano che con il Congresso cambierà tutto. Ci siamo davvero rotti di aspettare i Congressi del PD. Dove in sostanza si fa la conta delle correnti e dove si discute delle fluttuazioni del vuoto. Di congressi se ne sono fatti tanti ma non è mai cambiato nulla, semplicemente perché la materia prima è sempre la stessa. Non si può fare il barolo con le rape. Vale sempre la regola per cui la sinistra che perde non diventa mai migliore. E questo vale per il Pd come per LeU. Questo lo abbiamo costatato molte volte a livello locale, ad Alessandria. E a livello nazionale altrettante volte. La storia politica degli ultimi decenni insegna che la sinistra, dalle sconfitte, non ha mai imparato niente. Gli sconfitti, possono solo peggiorare. Le sconfitte politiche, invece di essere, come talvolta può accadere, occasioni di cambiamento e di crescita, alimentano soltanto la selezione dei peggiori. E poi i peggiori si esprimono.
Quelli che ci hanno fatto perdere, per favore, non vengano a raccontarci che c’è da rifondare la sinistra o il centro sinistra. Non siete credibili.

11. E ora? Renzi – annunciando le sue dimissioni da Segretario - ha detto orgogliosamente che il PD starà all’opposizione. Renzi, dopo avere proposto e votato una legge elettorale proporzionale, ragiona ancora come se stessimo in un regime maggioritario. Non capisce evidentemente che, avendo qualche voto da spendere, ha comunque il dovere di partecipare al processo di formazione del prossimo governo e quindi ha la responsabilità – visto che non si riuscirà a fare un governo incentrato attorno al PD – di spiegare se per il Paese è meglio un governo della destra di Salvini, oppure un governo del M5S con Di Maio. E di prendere quindi le necessarie misure in termini di schieramenti. Se non altro per minimizzare i danni.
Dal punto di vista di chi scrive è ovvio che si debba andare al più presto a parlare con Di Maio per cercare di mettere in piedi un governo M5S – PD e con qualcun altro tra le formazioni minori, se ci sta. Bisognerebbe prendere esempio dallo SPD tedesco. Ma Renzi li legge i giornali? È evidente che a questa responsabilità il PD renziano non risponderà mai. Piuttosto che prendere un’iniziativa azzardata è meglio conservare le posizioni raggiunte e vivere di opposizione. Aspettando che cosa? Sento che la maggiore obiezione a una trattativa con Di Maio sarebbe che il PD si appresterebbe con ciò a perdere la propria identità. Domanda: il PD ce l’ha mai avuta una identità? Questa identità è stata coltivata e sviluppata, quando c’era il tempo per farlo? C’è rimasto qualcosa che non abbiamo ancora buttato alle ortiche? Una battuta di Altan, tanto per finire in bellezza, che potrebbe servire come guida per i venturi rifondatori della sinistra resistente. Dice Altan: «Tanto più uno è un signor Nessuno, tanto più è geloso della propria identità».

* Preciso che le mie critiche ovviamente non si rivolgono a quegli ormai rari e sinceri militanti del PD e delle forze coalizzate, di LeU e di Potere al Popolo che hanno cercato ugualmente di salvare la nave che stava affondando, magari anche sbagliando completamente prospettiva. Militanti per i quali ho il massimo rispetto. A scanso di equivoci, per capire da dove viene la mia critica, preciso che – pur turandomi il naso – ho votato PD.

Giuseppe Rinaldi
06/03/2018
 
 
NOTE

 [1] Mi permetto di segnalare in proposito due miei recenti articoli, Voglia di perdere e La teoria della sconfitta utile, pubblicati su Città Futura e sul mio blog Finestrerotte.

[2] Vengono solo i brividi a pensare agli allucinanti dibattiti di quando il povero Pisapia cercava di federare un progetto di sinistra che avesse qualche credibilità.

[3] Su questo punto si veda il mio articolo di analisi Cosa resterà della scissione del PD? pubblicato su Città Futura e sul mio blog Finestrerotte.