1. Cominciano a uscire i sondaggi sulle intenzioni di
voto che tengono conto della nuova legge
elettorale (il cosiddetto rosatellum) e del nuovo disegno
delle circoscrizioni. Il quadro è piuttosto preoccupante, almeno per coloro
che hanno a cuore i destini del centro sinistra. Dai risultati di un
recentissimo sondaggio Ixé (30/11/2017) - cito dall’Huffington Post – se si
votasse oggi lo scenario risulterebbe questo: «Alla Camera la coalizione di
centrodestra è prima con il 35,5% e 270 seggi, poi c'è il M5S con il 29,4% e 165
seggi seguito dalla coalizione di centrosinistra con il 28,6% e 162 seggi;
infine la Sinistra con il 6,5% e 25 seggi. Al Senato stesse percentuali e seggi
assegnati in questo modo: 135 al centrodestra, 85 al M5S, 81 seggi al
Centrosinistra e infine 8 alla Sinistra».
Com’è evidente, se i risultati effettivi saranno vicini
a questi - anche con un ampio margine di oscillazione – avremmo due conseguenze
degne di nota: a) il PD si sta appressando ormai a diventare il terzo
partito e b) non ci sarà in generale alcuna possibilità di formare una
qualche maggioranza coerente e stabile. Il che consegnerà il Paese nuovamente ad
altri cinque anni di coalizioni innaturali e stentate, governi deboli e
instabilità. Certo, in tal caso si potrebbe anche andare subito a nuove elezioni
per correggere il tiro, ma certamente - come accadde già nel 2013 – nessuno
vorrà lasciare il certo per l’incerto e quindi tutti gli eletti resteranno
avvinghiati agli scranni appena conquistati.
2. D’altro canto, che ormai i giochi siano fatti e che
la sconfitta del centro sinistra sia inevitabile è un’impressione diffusa e
persistente, sia presso i protagonisti che presso gli osservatori. È
interessante il fatto che, nel dibattito di questi giorni, stia tornando in auge
la questione del voto utile. Ne ha
parlato Scalfari con preoccupazione. Ne ha parlato D’Alema, con una certa
soddisfazione. Cosa comporta il voto utile? Qualora l’elettore di centro
sinistra, con lucidità e realismo, dia ormai per spacciata la propria parte,
questi potrebbe saggiamente cercare di usare il proprio voto per favorire la
soluzione considerata come la meno
peggio. Non è una mera ipotesi, è già successo platealmente in Sicilia. Il
fatto è che non è neanche del tutto chiaro in cosa possa consistere il meno
peggio. Così, una parte di loro potrebbe votare, turandosi il naso, per la
destra berlusconiana (in funzione anti Salvini, sperando magari in un nuovo Patto del nazareno) e un’altra parte
potrebbe rassegnarsi a votare per il M5S, considerando un governo Salvini/
Berlusconi come l’estremo male.
Tutto ciò – tra l’altro – non farebbe che aumentare i voti rispettivi della
coalizione di destra e del M5S, ai danni del PD. D’Alema
– lo ha dichiarato esplicitamente – si aspetta dall’applicazione della strategia
del voto utile una perdita di voti devastante per il
PD.
3. Accade così che - come insegna autorevolmente
D’Alema - accanto a quella del voto
utile stia emergendo a sinistra una strategia davvero insolita, anche se già
variamente sperimentata, che è quella della sconfitta
utile. Si ricorderà che all’indomani della pesante sconfitta elettorale
siciliana del centro sinistra, alcuni uomini della sinistra stricto
sensu ebbero a dire che il risultato del 6% della coalizione di Fava rappresentava un successo. La sconfitta
utile è dunque quella auspicata ai danni del PD dalla coalizione che si
appresta a nascere tra MDP, SI e Possibile, pare con la leadership di Grasso.
Non si sa ancora come si chiameranno, anche se qualcuno dice Liberi
ed Eguali (nome che a noi ricorda la sfortunata impresa di Babeuf). La sconfitta utile per costoro è la
sconfitta del PD e, segnatamente, quella di Matteo Renzi (il quale ha già
ricevuto molte batoste, evidentemente considerate ancora non sufficienti). Di
fronte a questo obiettivo primario, quel che potrebbe accadere al sistema
politico italiano, al sistema Paese, a tutti noi, per costoro è decisamente
secondario. «Ci penseremo dopo!» ha detto esplicitamente Bersani.
4. La teoria della sconfitta utile ha dei fondamenti
scientifici e si basa sul fatto oggettivo che se non si è abbastanza forti per
vincere, si può essere tuttavia abbastanza forti per far perdere qualcuno.
Proprio in questi giorni il CENSIS ha affermato, nel suo ultimo rapporto, che
l’elemento caratteriale tipico dell’Italia odierna pare essere diventato il rancore. Ce ne eravamo accorti.
L’espressione del proprio rancore contro il proprio nemico giurato offre
evidentemente una soddisfazione così grande da mettere in secondo piano, ad
esempio, cinque anni di instabilità politica, cinque anni di un governo Salvini
o cinque anni di un governo Di Maio. Il che significherebbe la vanificazione
totale di quel minimo di ripresa economica cui stiamo oggi assistendo. Detto per
inciso, noi alessandrini ne sappiamo qualcosa. La politica
del rancore e la teoria della sconfitta utile è stata utilizzata ad
Alessandria dal cosiddetto quarto
polo, ed ha funzionato alla perfezione. I renziani del PD sono stati
spazzati via ma ora in città governa il centro destra. I sacrifici degli
alessandrini compiuti negli ultimi cinque anni saranno con ogni probabilità
vanificati. Una sconfitta senz’altro
utile dunque, ma a chi?
5. I sondaggi attribuiscono più o meno un 6% alla
nascitura coalizione di sinistra stricto
sensu. Se raggiungerà questo risultato, il compagno Grasso (o chi per lui)
dichiarerà anch’egli di avere ottenuto un grande successo. Se poi dovesse
raggiungere il 10% dichiarerà di avere conseguito una vittoria epocale, dirà di avere invertito un
trend involutivo della sinistra, di
avere rimesso il lavoro al centro dell’agenda politica e di avere sconfitto il
neocentrismo renziano. Applaudiranno
compatti tutti i sostenitori orfani della coalizione
sociale di Landini, la CGIL della Camusso e tutte quelle formazioni
parapolitiche sedicenti di sinistra che al referendum hanno fatto votare contro
Renzi.
Bene, perfetto. Secondo questa fulgida e lungimirante
visione, nella situazione d’instabilità permanente che seguirà l’utile
sconfitta del PD, nella prospettiva di un governo Salvini/ Berlusconi o di
un governo Di Maio, i lavoratori e
la bersaniana “nostra gente”
verranno subito a trovarsi in una situazione migliore di prima. Salvini o Di
Maio elimineranno il jobs act e
reintrodurranno l’articolo 18, daranno ascolto alle rivendicazioni della CGIL,
firmeranno un sacco di contratti vantaggiosi per i lavoratori ed elimineranno
l’odiata “buona scuola” renziana. Saranno eliminati gli ottanta euro e tutte le
altre prebende renziane e con il ricavato si faranno gli investimenti pubblici
per far ripartire lo sviluppo. Il debito pubblico scenderà vertiginosamente,
tutti pagheranno doverosamente le tasse, i posti di lavoro cresceranno come
funghi e si ridurrà la disoccupazione giovanile. Soprattutto ci sarà
l’accoglienza dei profughi e la cittadinanza per tutti i figli di immigrati nati
in Italia. Sicuramente avremo più peso in Europa e faremo passi avanti decisivi
nella costruzione dell’Europa politica. E poi, dimenticavo, sarà tre volte
Natale e festa tutto il giorno. Insomma, grazie alla sconfitta utile, con la
vittoria di Salvini/ Berlusconi, o con quella di Di Maio, i lavoratori e il
popolo della sinistra (“la nostra gente”) andranno tutti a stare decisamente
meglio. Più o meno come ad Alessandria.
Giuseppe
Rinaldi
3/12/2017