1. Non posso che felicitarmi per la vittoria, nelle elezioni
amministrative, della coalizione di Giorgio Abonante, che ho convintamente
sostenuto. Tuttavia la consultazione elettorale del 2022 mostra che, nella
nostra città, la politica non sta affatto
bene, e questo nonostante la generosa campagna elettorale e gli appelli
alla partecipazione da parte della coalizione vincente del centro sinistra.
Questo malessere della politica nostrana
non è un’opinione arbitraria di chi scrive ma emerge piuttosto dai dati, dai
numeri che la recente consultazione elettorale ci ha consegnato. Ho già avuto
occasione di descrivere questo fenomeno di malessere utilizzando la nozione del
declino della politica.[1] In questo
scritto cercherò ora di aggiornare quella stessa nozione alla luce dei nuovi
dati. Cercherò infine di svolgere alcune considerazioni circa l’urgenza di un
cambiamento di segno, l’urgenza dell’inversione di un processo di degrado che è
assolutamente evidente e che potrebbe, altrimenti, divenire irreversibile.
2. Una prima, preliminare, considerazione concerne il reperimento
dei dati completi e l’effettuazione, con qualche rigore, di quella che in gergo
statistico-sociologico chiamiamo pulizia
dei dati. Nell’immediato delle elezioni abbiamo dovuto rifarci principalmente
ai siti dei giornali locali (de il Piccolo e di Radio Gold) che hanno
praticamente sostituito le fonti
ufficiali, ma che tuttavia non possono costituire un archivio ben organizzato e
affidabile. Anche Wikipedia che ha riportato i risultati si è rifatta ai
giornali locali. La sezione elettorale del Sito del Comune di Alessandria è
notoriamente carente e lenta nel
riportare i dati elettorali pregressi e recenti. Solo dopo parecchi giorni sono
stati caricati i risultati, i quali peraltro presentano diverse lacune.[2] Il
Sito del Ministero degli Interni non ha ancora caricato i dati elettorali
definitivi nell’archivio storico. Ma per questo ci vorrà tempo.
La lacuna principale è
che nei prospetti comunali non si riportano mai gli aventi diritto. E non si fanno mai le statistiche rispetto agli aventi diritto. È un bel
modo per non affrontare la questione cruciale dell’astensione. I dati riepilogativi presentati dal sito del Comune
operano poi una distinzione decisamente inusuale tra schede nulle e nulli.
Questa distinzione ha creato diversi pasticcetti nei resoconti che sono stati
forniti alla stampa. Soprattutto per il calcolo preciso dell’astensione. Uno
svarione divertente poi che abbiamo trovato è il fatto che, nelle tabelle
analitiche della distribuzione dei voti nei seggi, il voto al capolista (c’è per esso una colonna apposita) non è compreso
tra i voti validi!
Siamo dunque stati
costretti a rivolgerci ad altre fonti per avere il numero degli aventi diritto.[3] Gli “aventi diritto”, così volatili e strani, sono
tuttavia la popolazione della democrazia.
Sono i cittadini riconosciuti. Sono
coloro che, secondo Rousseau, sarebbero abilitati a prendere la parola nell’Assemblea. Quando si tratta di revocare o
concedere la cittadinanza, c’è un sacco di gente che fa smorfie, che questiona,
ma poi, quando si tratta di convocare la
cittadinanza per le elezioni (i “comizi”) a nessuno frega più niente. Questa
cifra è stata fissata a 73.657, in ciò concordano un comunicato del Comune del
14 giugno e i giornali locali. Tuttavia a far confusione è circolato anche un
altro numero, e cioè 73.467 (una differenza di 190!) che tuttavia, non essendo
stato ripreso, metteremo anche noi da parte.
3. E veniamo al primo turno. Sui voti validi (cioè quelli che
indicano efficacemente una delle scelte possibili) espressi al primo turno c’è
accordo tra i giornali locali, il Comune e Wikipedia che fissano la cifra a
32.834. Le bianche sono state date a 447. Il problema concerne invece la quota
delle nulle: nel primo comunicato del Comune sarebbero 1.125, mentre secondo il
Piccolo sarebbero 1.136. La differenza tra le due cifre (11) dipende dalla
distinzione tra nulle e nulli di cui abbiamo detto. Poiché per i
nostri scopi questa distinzione è improponibile, noi assumeremo che anche gli
11 nulli siano comunque dei votanti
(si siano cioè almeno recati alle urne e non siano dei fantasmi) per cui li
accomuneremo ai voti nulli e cioè
1136. Arriveremmo allora alla cifra di 34.417 votanti effettivi (compresi
bianchi e nulli). Se gli aventi diritto erano effettivamente 73.657, allora
avremo, per differenza, la cifra degli astenuti, che ammonterebbero così a
39.240, cioè il 53,27%. Su questa cifra sono d’accordo il Piccolo e Wikipedia.
I votanti al primo turno ammontano dunque al 46,73% degli aventi diritto.
4. La prima conclusione, di rilievo politico, è che in
Alessandria, nel primo turno delle Amministrative tenutosi il 12 giugno 2022,
gli astenuti (53%) hanno superato i votanti (47%). Confrontando con le serie
storiche, ciò, si badi bene, è avvenuto
per la prima volta. Ciò significa, in soldoni, che più della metà dei
cittadini elettori alessandrini ha ritenuto, per un motivo o per l’altro, di
non andare a votare per le elezioni amministrative. Può trattarsi di rifiuto dell’offerta politica, oppure
della percezione per cui sono tutti
uguali, oppure, ancora, la previsione per cui intanto non cambia nulla. Ma può anche essere dovuto alla
convinzione ormai maturata per cui tutto
questo non mi riguarda. Si noti che
le elezioni erano abbinate anche ai Referendum, la cui partecipazione
elettorale, tuttavia, come si sa, non è obbligatoria. Non siamo in grado di
definire quali siano state le precise motivazioni del rifiuto. Probabilmente un
miscuglio qualsiasi delle motivazioni suddette. In passato, quando esisteva ancora
uno straccio di scienza sociale, si
facevano indagini sugli orientamenti degli elettori e sulla partecipazione
elettorale. Ora non si fanno più, né in Italia né ad Alessandria.
5. Gli stessi problemi di pulizia
dei dati si manifestano per il secondo turno, tenutosi il 26 giugno 2022.
Diamo per scontato che il numero degli aventi diritto non sia cambiato e cioè
ammonti sempre a 73.657. Non si può far diversamente, essendo quel numero frutto
di una deliberazione amministrativa. Qui ci riferiremo ai dati comunicati dal
Piccolo, nello stesso giorno dello spoglio che coincidono poi in gran parte con
i dati del Sito del Comune. I votanti sono stati 27.350, pari al 37,13% degli
aventi diritto. Val la pena di esplicitare l’ovvio, e cioè che 46.307 elettori
(cioè il 62,87%) non hanno ritenuto di presentarsi al secondo turno.
Manifestando così la più totale indifferenza
per la vittoria dell’uno o dell’atro candidato.
La minoranza dei votanti si è dunque ripartita nel seguente modo:
26.815 voti validi, 164 schede bianche e 371 nulle. In realtà il Sito del
Comune distingue tra 370 nulle e 1 nullo. Per noi saranno 371 voti nulli e basta.
6. Se consideriamo comparativamente l’andamento della
partecipazione, nel passaggio dal primo a secondo turno c’è stata una diminuzione dei votanti da 34.417 a
27.350, in altre parole c’è stata una perdita ulteriore di 7.067 votanti. In
termini percentuali, si tratta di una diminuzione del 9,59%. Si tratta di un
passaggio nell’astensione, tra primo e secondo turno, che richiederà qualche
considerazione interpretativa.
7. L’andamento generale dell’astensione significa che, in
generale, i vincitori sono sempre meno numericamente rappresentativi dei loro cittadini. Il candidato vincitore oggi, Giorgio
Abonante, è diventato sindaco con 14.590 voti, cioè con consenso esplicito del 19,8% degli aventi diritto al voto.
Governare la città con neanche il 20% dei consensi attivi sarà senz’altro
un’impresa difficile. Che cifre analoghe si registrino anche in altre città non
è una consolazione. Può essere ulteriormente significativo, per la riflessione
politica, il fatto che il partito del nuovo sindaco, cioè il PD, al primo
turno, ha ricevuto 6.387 voti, equivalenti al consenso del 8,67% degli aventi
diritto. Il PD, partito leader della
coalizione, si appresta dunque a governare la città, per i prossimi cinque
anni, con il consenso positivo esplicito espresso di neanche il nove per cento dei cittadini.
Anche lo sconfitto,
Gianfranco Cuttica di Revigliasco, è rimasto confinato all’interno di un gruppo
relativamente piccolo dei suoi estimatori, ovviamente ancor
meno rappresentativo dei vincitori. Al primo turno erano 12.963 (17,6%
degli aventi diritto) e tuttavia al secondo turno sono diminuiti di 739 unità: sono passati a 12.225 (16,6% degli aventi
diritto). Lo scarto in negativo tra il primo e il secondo turno conseguito dal
candidato Cuttica merita un minimo di attenzione. Il candidato Cuttica, forse
non del tutto gradito all’intera sua stessa coalizione o, forse, dato
anticipatamente per perso, al secondo turno è stato ulteriormente abbandonato dai suoi sostenitori. Ciò può essere abbastanza
facilmente ricondotto ai travagli di cui negli ultimi mesi è stato protagonista
il centro destra cittadino.
Ormai la politica
cittadina è determinata dagli spostamenti elettorali di una piuttosto ristretta
oligarchia elettorale, nella più
generale indifferenza dei più. Questa
oligarchia ammonta a circa un terzo degli aventi diritto. Tutta la politica
alessandrina si gioca ormai all’interno di questo terzo ristretto. Dunque,
spostamenti di pochi punti percentuali possono determinare la vittoria o la
sconfitta delle diverse coalizioni. Il problema sostantivo è che i partiti al
governo della città finiscono comunque sempre per rivolgersi alla loro ristretta oligarchia di elettori,
dimenticandosi di tutti gli altri che hanno scelto, a torto o ragione, la via
dell’astensione.
8. Veniamo ora al ruolo avuto al ballottaggio dalla formazione
terza del candidato Barosini. Abonante
ha totalizzato al primo turno 13.805 voti e poi, al secondo turno, ha
avuto una crescita a 14.590 voti. Con una differenza in più di 785 voti. Si
tratta di una differenza senz’altro positiva, ma decisamente inferiore alle attese, se si considera l’indicazione,
data pubblicamente da Barosini ai suoi elettori, di votare per il centro
sinistra. Le promesse di Barosini, che aveva la disponibilità di un pacchetto
di 4.806 voti in totale,[4] non sono state dunque mantenute dai suoi elettori. Bene ha fatto Abonante a non apparentarsi
con Barosini e bene farà a non dare proprio
nulla a Barosini (e ad Azione), in cambio del nulla, o quasi, che ha
ricevuto. Barosini evidentemente ha funzionato finché si è trattato di far perdere voti al centro destra. Ha
funzionato assai meno bene quando si è trattato di far confluire i suoi voti sul centro sinistra.
9. L’astensione alle elezioni amministrative alessandrine del
2022 acquista un carattere davvero preoccupante se osservato in prospettiva. Poiché in passato ci siamo occupati delle
serie elettorali alessandrine, siamo in grado di inserire i nuovi dati del 2022
all’interno della lunga sequenza storica, a partire come minimo dal 1993, da
quando cioè esiste questo stesso sistema elettorale per le elezioni locali. Si
considerino le Figure n. 1 e 2, presentate in appendice. Nel 1993 il rapporto
tra votanti effettivi e aventi diritto era dell’84,9% al primo turno e del
76,6% al secondo. Nel 2022 questo rapporto è sceso al 46,7% al primo turno e, ulteriormente,
al 37,1% nel secondo. Dando un’occhiata alla sequenza storica, si noterà il
carattere di un degrado progressivo e come l’involuzione sia iniziata proprio più
o meno nel 1993, con la riforma del sistema elettorale e, soprattutto, con la crisi del radicamento territoriale dei
partiti della Prima repubblica.
10. Un’altra comparazione degna di rilievo riguarda la crisi progressiva dei partiti ufficiali,
quelli che hanno un rilievo nazionale e un riscontro locale. Che poi sono di
solito, ancora, i partiti che animano le coalizioni attraverso i principali
candidati. Nel mio saggio sul Declino
della politica parlavo di una progressiva riduzione del ruolo dei partiti
in quanto comitati elettorali.
Riporto in appendice alcune figure, munite dei relativi commenti in calce, che
permettono di toccare con mano la situazione che si sta profilando.
11. I dati sono imparziali e spietati e ciascuno è in grado di
trarre le ovvie conclusioni. Nel mio saggio sul declino della politica (ultimato
nell’ottobre 2020) scrivevo quanto segue: «Il quadro che emerge dunque sembra proprio essere quello di una
sorta di americanizzazione della
politica locale, dove però sono esaltati soprattutto i difetti del modello
americano. I partiti locali sono sempre meno presenti e sempre più incapaci di
sviluppare un’attività politica costante sul territorio. Essi tendono a
funzionare più che altro come comitati elettorali solo in occasione delle
elezioni, quando c’è da scegliere e da sostenere un candidato. In occasione
delle elezioni questi partiti tendono ad allearsi con una moltitudine di liste
locali, nate sulla base di interessi momentanei e destinate a sparire
altrettanto presto, dopo le elezioni. Spesso sono i partiti stessi che
alimentano la formazione di queste liste temporanee, pensando di trarne qualche
immediato vantaggio. La campagna elettorale è condotta con strumenti che
tendono sempre più a fare a meno dei militanti o dei supporters. Tende a mettere in rilievo, sui manifesti, le faccione
dei candidati e tende a far circolare pochi slogan ecumenici che non vogliono
dire gran che. Non si fanno neanche più i gazebo,
perché non ci sono più i militanti che sarebbero necessari. La propaganda sui social è ancora più misera e povera di
informazione. I programmi effettivi dei candidati – in genere improvvisati e
scritti frettolosamente in orrendo burocratese da oscuri ghost writer – non vengono neppure divulgati e raramente sono fatti
oggetto di serio dibattito pubblico. Anche perché uno spazio pubblico ove si
dibatta autenticamente di politica non c’è più. La campagna elettorale talvolta
può animarsi con la presenza sul territorio locale di qualche leader nazionale giunto da fuori che
viene a fare un comizio, a stringere un po’ di mani e a fare un po’ di selfie. La campagna elettorale locale
spesso si risolve in qualche serata in cui i candidati sono presentati al
pubblico e sono superficialmente intervistati da qualche giornalista o
presentatore. Dove le domande sono spesso preconfezionate. Dove il pubblico, se
c’è, manifesta il proprio parere con fischi e/o con applausi sfegatati. Sono
questi i massimi risultati dei diversi comitati elettorali al lavoro. Fine
delle elezioni, fine del dibattito politico».
Il quadro non pare da
allora essere molto cambiato. Se queste sono le maggiori tendenze dell’offerta politica a livello locale, forse
si possono anche comprendere –
seppure mai giustificare - gli astenuti in crescita. Anche in questa ultima
campagna elettorale in gran parte abbiamo assistito alla riproduzione di quel
modello di offerta politica. La coalizione di Abonante ha dato segno di essere
consapevole di queste problematiche e le va dato atto di avere condotto una
campagna elettorale che ha cercato di invertire per quanto possibile i trend dominanti. Una campagna elettorale
dove si è parlato molto di ricostruire la
politica e la partecipazione. A guardare i numeri di questa tornata
elettorale, di tutti i punti fondamentali del programma di Abonante, per i
prossimi cinque anni, questo non potrà che essere il punto principale.
Appendice
Fig. 1 – In questa figura è
contenuta la sintesi quantitativa del degrado del processo democratico in campo
amministrativo avvenuto nella città di Alessandria, dal 1993 al 2022. I dati riguardano
i votanti, che comprendono i voti validi, le bianche e le nulle, e sono
espressi in valori assoluti. Come si può facilmente costatare, le elezioni
amministrative del 2022 rappresentano il momento più basso di partecipazione.
Nel 2007 non c’è stato ballottaggio. Nella Fig. 2 gli stessi dati sono espressi
come raffronti percentuali.
Fig. 2 – Gli stessi dati della Fig. 1 in raffronto percentuale. Gli aventi diritto sono ovviamente equiparati a cento. Nel 2007 non si è tenuto il ballottaggio. In due decenni, la partecipazione elettorale si è dimezzata.
Fig. 3 - Nel grafico è rappresentato il peso del PD (in precedenza PDS, DS) come comitato elettorale. Indica cioè la capacità, attraverso il tempo, del PD di assicurare ai propri candidati una quota consistente di voti in loro appoggio. Il PD è figlio di una tradizione che vede tra i suoi antenati la DC e il PCI che nel periodo 1946-1990 avevano a livello locale decine di migliaia di voti. Ora, nel periodo 1993-2022 la punta massima di raccolta voti si è avuta con Mario Ivaldi (12.2016). Nelle penultime ultime tre consultazioni l’effetto del comitato elettorale del PD non è andato oltre i 7-8.000 voti. Nella consultazione del 2022 si ha il minimo storico. Queste cifre danno la misura di quanto, a livello locale, il PD abbia perso il capitale elettorale accumulato in passato dai propri illustri predecessori.
Fig. 4. Del resto il PD nel suo declinare è in buona compagnia. Quanto a dissoluzione del capitale elettorale accumulato, la Lega Nord è un caso ancor più eclatante. Nel grafico è rappresentato il peso della Lega Nord di Alessandria come comitato elettorale in appoggio ai propri candidati, o ai candidati sostenuti in coalizione. La dissipazione del capitale elettorale della Lega Nord locale è cominciata molto presto. Nel passaggio da Calvo 1993 a Calvo 1997 abbiamo un dimezzamento della capacità di raccogliere voti. Un vero e proprio crollo si ha con Rossi 2002. La punta minima con Sarti nel 2012 (poco più di 2.000 voti). Cuttica 2017, proposto e sostenuto dalla Lega Nord, ha potuto giovarsi di un apporto modesto di circa 5.000 voti da questo stesso partito. Nel 2022 Cuttica ha ricevuto dalla Lega solo 3322 preferenze.
Fig. 5 - In questo grafico abbiamo preso in considerazione il peso di Forza Italia (nel 2012 compariva come “Popolo della libertà”) come comitato elettorale per i candidati da essa sostenuti. Forza Italia è comparsa sulla scena elettorale alessandrina nel 1997 tra i sostenitori del candidato Stradella. Dopo un esordio con circa 6.000 voti è giunta a raccogliere più di 14.000 voti con Fabbio nel 2007. Rappresenta questa la sua massima espansione. Abbiamo poi una notevole contrazione di quasi due terzi nelle due elezioni successive, fino a un minimo di circa 4.000 voti a sostegno di Cuttica nel 2017. Forza Italia non ha mai avuto un radicamento territoriale a livello locale e le sue prestazioni elettorali sembrano piuttosto legate ai singoli notabili che sostiene di volta in volta, ripetendo così la configurazione di partito personale che ha a livello nazionale. Evidentemente il successo di Forza Italia nel 2007 è stato più merito di Fabbio che di Forza Italia. Nel 2022 Forza Italia ha manifestato la sua minima capacità di fungere da comitato elettorale del candidato da essa sostenuto.
Infine, come omaggio per
i miei dieci lettori, aggiungo una tabella comparativa delle elezioni
alessandrine, dal 1946 al 2022. L’ho lasciata per ultima per il fatto che essa
è basata solo sul rapporto tra aventi diritto e voti validi. La serie
continuativa dei votanti effettivi (comprese bianche e nulle) non è in effetti
disponibile.
Fig. 6 – Quadro riepilogativo delle elezioni amministrative in Alessandria, dal 1946. Il confronto riguarda i voti validi in rapporto agli aventi diritto. Non è stato possibile ricostruire la serie delle bianche e nulle. La prestazione del 2022 è comunque, in assoluto, la peggiore della storia.
Giuseppe Rinaldi (28/06/2022)
NOTE
[2] Abbiamo potuto consultare le tabelle in data
28 giugno 2022.
[3] È chiaro che gli “aventi diritto”
costituiscono una categoria virtuale definita dalle carte presenti nell’Ufficio
Elettorale, a una certa data. Il numero degli aventi diritto effettivi può
variare per i motivi concreti per cui variano le popolazioni.
[4] Nel caso di Barosini, si trattava
evidentemente di voti personali, per lo più non
trasferibili.
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