sabato 7 marzo 2015

Classe generale e interessi particolari


















1. Negli Annali franco tedeschi  Marx, nel 1844, pubblicò una Introduzione alla critica della filosofia del diritto di Hegel. Si tratta di uno scritto di poche pagine che tuttavia è piuttosto importante per la comprensione del suo pensiero e dei suoi successivi sviluppi. Ma in questo piccolo scritto trovano anche posto alcune particolari strutture di pensiero che hanno continuato a essere trasmesse fino ai giorni nostri, per lo più inconsapevolmente. Mi riferisco a una prospettiva sociale di tipo organicistico e a una fantomatica dialettica del particolare che diventa universale. Queste strutture di pensiero sono ancora rintracciabili a tutt’oggi nella polemica politica quotidiana e continuano a operare indisturbate, proprio perché date per scontate.
2. Poiché gli Annali avevano il compito di sviluppare un intervento politico culturale che fosse in grado di mettere in collegamento i rivoluzionari radicali francesi e tedeschi, il tono del libretto marxiano è comparativo e tende sistematicamente a porre l’accento sull’arretratezza della Germania rispetto alla Francia. Secondo Marx, l’unico settore in cui la Germania starebbe compiutamente alla pari con gli altri paesi è quello della filosofia. Pur essendo, la Germania, un paese socialmente ed economicamente arretrato, i suoi filosofi (il riferimento è a Hegel) avrebbero infatti compreso meglio di altri la natura dello Stato e della società civile moderni.[1]
Dal suo punto di vista rivoluzionario, si trattava dunque per Marx di sottoporre a critica questo prodotto avanzato del pensiero. Probabilmente egli riteneva che questo tipo di critica sarebbe stata alquanto utile ai rivoluzionari francesi, che egli considerava alquanto bravi nella pratica ma alquanto scarsi nella teoria.  Marx aveva in mente di far seguire, a questa Introduzione, la pubblicazione di un suo scritto, di cui ci sono rimaste alcune bozze incompiute, dal titolo di Per la critica della filosofia del diritto pubblico di Hegel.
3. Il problema generale che Marx affronta nella Introduzione è ben noto e non ha mai smesso di essere di attualità: come si possa mettere in atto un processo di cambiamento radicale in una situazione arretrata. Marx aveva ben chiaro che lo sviluppo storico seguiva diversi ritmi e che c’erano situazioni che, dal punto di vista rivoluzionario, potevano essere considerate più avanzate e altre decisamente più arretrate. Marx all’epoca aveva effettivamente in mente due modelli: quello avanzato della Francia e quello arretrato della Germania.
3.1. Afferma Marx: «In Francia ogni classe del popolo è politicamente idealista, e soprattutto sente se stessa non come classe particolare, ma come rappresentante dei bisogni generali della società. La funzione di emancipatore passa dunque successivamente, con un andamento drammatico, alle differenti classi del popolo francese, finché perviene alla classe che realizza la libertà sociale, non più presupponendo certe condizioni estranee all’uomo, e tuttavia create dalla società umana, ma organizzando piuttosto tutte le condizioni dell’esistenza umana nel presupposto della libertà sociale».[2]
3.2. Saremmo cioè in presenza, in Francia, di una situazione in cui ciascuna parte della società sviluppa una pretesa universalistica e si pone come rappresentante degli interessi generali. Naturalmente queste diverse parti della società che aspirano a rappresentare gli interessi generali sono in conflitto tra loro e, affermandosi storicamente in successione sulla scena sociale e politica, esse provvedono ad allargare progressivamente l’emancipazione stessa, fino alla classe che per sua natura sarà in grado effettivamente di assicurare l’emancipazione definitiva (e quindi di rappresentare, non solo in modo illusorio ma autenticamente, gli interessi generali della società).[3]
4. Come si vede da queste brevi citazioni, nell’argomentazione del giovane Marx, gioca un ruolo fondamentale la contrapposizione tra particolare e universale. Le classi sociali francesi non possono costituire altro che punti di vista particolari, i quali tuttavia, in una situazione di maturità rivoluzionaria, aspirano a porsi come universali, aspirano cioè  a ordinare l’intera società dal loro punto di vista, nell’interesse della società stessa. Ciò che è particolare tuttavia non è l’individuo singolo, il quale era considerato da Marx (e da Hegel) come una mera accidentalità. Gli interessi di cui tratta Marx non sono mai interessi individuali, sono sempre interessi organici di una parte, oppure del tutto.
5. Secondo Marx, assai diversa dalla Francia era la situazione dell’arretrata Germania: «In Germania, invece, dove la vita pratica è altrettanto priva di spirito quanto poco pratica è la vita spirituale, nessuna classe della società civile ha il bisogno e la capacità dell’emancipazione universale, finché non vi sia obbligata dalla sua situazione immediata, dalla necessità materiale, dalle sue stesse catene».[4] Marx dunque, data l’arretratezza della Germania, prende atto della mancanza di un progetto consapevole di trasformazione sociale da parte delle varie parti sociali e perciò va alla ricerca di un meccanismo di trasformazione indipendente dal grado di maturazione rivoluzionaria, e lo troverà in una specie di meccanica dell’oppressione. L’oppressione dovrà giungere a un livello così insopportabile da suscitare necessariamente una reazione.[5]
5.1. Così, infatti, Marx sintetizza la sua ricetta per la Germania: «Dov’è dunque la possibilità positiva dell’emancipazione tedesca? Risposta: nella formazione di una classe con catene radicali, una classe della società civile che non sia una classe della società civile, una classe che sia la dissoluzione di tutte le classi, una sfera che, per la sua sofferenza universale, possieda un carattere universale e non rivendichi un diritto particolare, poiché non ha subito un torto particolare, bensì l’ingiustizia di per sé, assoluta, una classe che non possa più appellarsi a un titolo storico, bensì al titolo umano, che non si trovi in contrasto unilaterale con le conseguenze, ma in contrasto totale con tutte le premesse del sistema politico tedesco, una sfera, infine, che non possa emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le altre sfere della società, emancipandole di conseguenza tutte, e che sia, in una parola, la perdita completa dell’uomo e, possa quindi conquistare nuovamente se stessa soltanto riacquistando completamente l’uomo. Questa decomposizione della società, in quanto classe particolare, è il proletariato».[6]
5.2. Marx, in questo passo, dove la verbosità ha un ruolo assai più determinante dell’argomentazione, gioca retoricamente sui diversi significati di universale. Universale può alludere al numero (la sofferenza universale sarebbe la sofferenza che investe tutti) oppure al carattere totalmente disumano dell’oppressione (la negazione dell’universale umano), che potrebbe tuttavia anche realizzarsi solo in una parte. La cancellazione totale dell’umanità di una parte indurrebbe così i cancellati totalmente a conquistare nuovamente loro stessi liberando così anche tutti gli altri. È chiaro che tutto ciò non significa nulla, ma ha un certo impatto.
5.3. Per Marx, dunque, l’oppressione assoluta che si esercita su una parte, proprio perché assoluta – cioè perché è negazione dell’umano – è oppressione che può condurre all’emancipazione di tutta la società. Con linguaggio meno metafisico, e con qualche generosità nei confronti dell’Autore, si può dire che verrebbe a determinarsi una situazione nella quale l’interesse di una parte coincide con l’interesse di tutti. Dunque il proletariato, classe particolare, non avrebbe interessi particolari bensì universali.[7] Il proletariato quindi nella sua lotta contro l’oppressione, a differenza delle altre classi, non condurrebbe una battaglia egoistica, particolaristica, ma una battaglia per tutti. Solo in questo senso il proletariato sarebbe moralmente legittimato a combattere la propria battaglia. Altrimenti sarebbe tacciato di voler affermare i propri interessi particolari a discapito di altri, quindi di essere potenzialmente oppressore di altri.
5.4. Il correlato di questo ragionamento è che l’oppressore, anche se non se ne rende conto, è disumanizzato, perché essendo un oppressore che ha interessi particolari, non è in grado di sussistere come universale, ha rinunciato o perso la propria umanità.[8] La lotta del proletariato avrebbe, quindi, l’importante conseguenza di umanizzare - contro la loro stessa volontà – gli oppressori che sono strutturalmente particolaristi e quindi disumani.
In ciò sta la connessione tra interesse di parte e moralità universale che è tipico di tutte le teorie della lotta di classe. La lotta di classe, pur essendo, nei fatti, una lotta di una parte, non sarebbe una lotta particolaristica, perché moralmente legittimata dal riferimento all’universale (ciò per cui si combatte è universale, poiché la nuova società che sarà instaurata assicurerà l’interesse di tutti).
6. Com’è noto, il conflitto tra particolare e universale è tipico anche della dottrina di Rousseau. Nella prospettiva di Rousseau tuttavia non c’è alcuno spazio per diverse parti, per i diversi corpi sociali; c’è un unico corpo, il corpo politico, il quale è formato da tutti i singoli cittadini. Il conflitto tra particolare e universale si sviluppa dunque all’interno del singolo individuo, nel momento della deliberazione, il quale deve scegliere tra il proprio interesse particolare e l’interesse generale. Qualunque costituzione di corpi sociali separati avrebbe comportato diverse volontà in conflitto (volontà che aspirerebbero a diventare generali).  
6.1. Mentre Rousseau mostra di avere colto la lezione individualistica dell’illuminismo, Marx è ancora attestato sulla visione organicistica. La visione dei corpi sociali di Marx proviene proprio da Hegel, dalla sua Filosofia del diritto, dove si sviluppa la teoria degli Stände,[9] cioè dei corpi organici della società che sono collocati nell’ambito del sistema dei bisogni. Gli Stände secondo Hegel si occupano di interessi particolari e da soli non sarebbero in grado di coordinarsi. Devono perciò essere coordinati dall’esterno, l’universale deve imporsi sulla loro particolarità. Tuttavia, tra i diversi Stände, Hegel ne aveva individuato uno che svolgeva una funzione universale: un ceto ambiguamente definito come universale (allgemein Stand). Si tratta del corpo dei funzionari pubblici che servono lo Stato.
Affermava Hegel: «Il ceto universale ha per propria occupazione gli interessi generali della situazione sociale. Esso, pertanto, dev’essere dispensato dal lavoro diretto a soddisfare i bisogni, e dev’esserlo o grazie al patrimonio privato, oppure mediante un compenso da parte dello Stato che pretende la sua attività. In tal modo, l’interesse privato trova qui il proprio appagamento lavorando per l’universale».[10]
È probabile che questa sia la fonte filosofica del conflitto tra particolare e universale che è presente nella filosofia marxiana. La fonte empirica invece, com’è noto, è stata fornita da Engels con la sua analisi della classe operaia inglese.
7. La lotta di classe marxiana trova dunque il suo fondamento teorico proprio nel permanere della nozione totalizzante di corpo sociale composto di parti, là dove invece Rousseau l’aveva risolta nel cittadino. È chiaro che l’individuo di Rousseau può universalizzarsi solo tramite la sua partecipazione, come individuo, alle deliberazioni del corpo politico. Il conflitto è interno al singolo individuo ed è vissuto come conflitto tra l’interesse particolare e il bene comune. Si tratta di un conflitto che si può risolvere a livello morale razionale, attraverso il discorso pubblico nell’Assemblea.
Il corpo sociale marxiano, la classe, è invece una parte organica sovra individuale che intende diventare il tutto. Ciò fa sì che esso pretenda, pur in quanto parte, di avere un’investitura morale universale. Come si è visto, la totale privazione dell’essenza umana nel proletariato lo rende capace di rivendicare l’emancipazione umana tout court, non solo per sé ma per tutti.
8. Nel 1844 tuttavia Marx va oltre lo studio della Filosofia del diritto di Hegel, come testimoniano i Manoscritti. Qui ora la generica oppressione si precisa e diventa alienazione. Alla generica perdita dell’umanità si aggiungono lo sfruttamento economico e la reificazione. Nei Manoscritti la pretesa della classe particolare di avere una missione universale di trasformazione della società è sostenuta sulla base dell’oggettività della situazione socio economica del proletariato. Qualsiasi elemento soggettivo viene soppresso, in nome della ferrea necessità che promana dalle leggi dello sviluppo del capitalismo. Nei Manoscritti Marx semplicemente indaga la natura delle catene radicali che – al di là di ogni soggettività - legittimano la pretesa necessità del proletariato di diventare classe universale. Non serviranno più elaborati progetti politici, come nel caso dei francesi. Basterà essere materialmente dei proletari per poter rivendicare un ruolo di classe generale, di allgemein Stand. Il sociale basta e avanza immediatamente.
9. Nel Manifesto, la classe generale del proletariato troverà poi una descrizione più approfondita, cioè una sua articolazione interna, per cui avremo la nota distinzione tra la classe oggettivamente intesa e la classe soggettivamente intesa, da cui il ruolo delle avanguardie nella lotta di classe. Anche in questo caso l’impianto rimane tipicamente hegeliano: era stato Hegel che aveva spiegato come un popolo in sé diventa cosciente e si dà una Costituzione. Del tutto analogamente, la classe universale diventa cosciente di sé e si dà un’organizzazione politica che è il Partito comunista.
10. Oggi, per lo meno in Occidente, nessun partito politico (che non si tratti di fenomeni folkloristici) pretende più di essere un partito di classe. Nessun partito politico pretende più di guidare la classe operaia, a partire dalla sua posizione di classe particolare, fino a dirigere la società svolgendo un ruolo di classe generale. L’impianto marxiano è stato superato dalle amare sconfitte della storia del XX secolo. Tuttavia la prospettiva di una classe operaia (o classe lavoratrice) intesa come classe generale continua a sopravvivere almeno in alcune frange del movimento sindacale del nostro Paese. E continua a sopravvivere in alcuni artefatti ideologici e retorici che sono assai più diffusi di quanto non si pensi. Mi riferisco a quella sorta di «metafisica del lavoro» che può essere denominata operaismo o, più precisamente, lavorismo, su cui varrà la pena di tornare.
 
7/03/2015
 
                                                                          Giuseppe Rinaldi
 
TESTI CITATI
 
 
2006   Hegel, G. W. F.
Lineamenti di filosofia del diritto (A cura di Vincenzo Cicero), Bompiani, Milano. [1820]
 
1844   Marx, Karl
Zur Kritik des Hegel’schen Rechts-Philosophie, in Ruge, Arnold  &  Marx, Karl  (a cura di), Deutsch-Französische Jahrbücher, Paris.  Tr. it.: Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, in Ruge, Arnold &  Marx, Karl   (a cura di), Annali franco-tedeschi (A cura di Gian Mario Bravo), Massari Editore, Bolsena, 2001.
 
 
 
 
NOTE
[1] Come ciò fosse possibile dal punto di vista di Marx non è facile da intendere. Pochi anni dopo Marx scriverà pagine assai chiare sul condizionamento economico sociale del pensiero. Qui invece abbiamo un paese arretrato, la Germania, in cui sorge un filosofo capace di comprendere, meglio di tutti i filosofi dei paesi avanzati, quel che succede proprio nei paesi avanzati. È probabile che il giovane Marx cercasse di compensare il proprio senso di inferiorità nei confronti degli intellettuali francesi inventandosi il caso di un grande filosofo tedesco (di cui egli stesso era in un certo senso seguace) che, senza accorgersene, aveva capito tutto quel che c’era da capire. Toccava a Marx portare alla luce quel che Hegel aveva scoperto, senza accorgersene.
[2] Cfr. Marx 1844: 133.
[3] Marx esclude come si vede la possibilità della democrazia come sistema di rappresentanza simultanea degli interessi di tutti secondo il principio «una testa, un voto». Ogni avvicendamento di nuove classi avrebbe dovuto comportare l’allargamento dell’emancipazione.
[4] Cfr. Marx 1844: 133.
[5] Oggi sappiamo che questo è un luogo comune. Quanto più forte è l’oppressione, tanto minori sono le possibilità di una rivolta.
[6] Cfr. Marx 1844: 133.
[7] Cioè, avrebbe sì interessi particolari, ma i suoi interessi particolari (poiché vive una oppressione assoluta) coincidono con gli interessi universali.
[8] Ciò sarà precisato da Marx nei Manoscritti.
[9] Il termine talvolta è stato tradotto come classi. Più propriamente si tratta di stati o ceti.
[10] Cfr. Hegel 2006: 359.