1. Lo storico ed editorialista Ernesto Galli della Loggia, ha
pubblicato un articolo,[1] intitolato Scomode
verità dalla Palestina, davvero difficile da inquadrare. Il cui senso
generale sembra essere una veemente chiamata alle armi in difesa di Israele e
una altrettanto veemente polemica contro tutti coloro che, invece di mettersi
sull’attenti e rispondere alla chiamata, si attardano troppo a cercare di
capire cosa sia avvenuto e perché. Coloro che finiscono per farsi delle domande
complicate e magari indeboliscono così le loro più primitive ed elementari
reazioni di fronte ai fatti di Gaza del 7 ottobre. Dice, infatti, in apertura lo
storico arruolato: «C’è un solo gruppo di persone
più spregevole dei terroristi di ogni risma e colore: sono quelli che qui in Occidente ne prendono più o
meno apertamente le parti giustificandone di fatto le imprese sanguinarie.
E facendolo sempre più o meno nel solito modo: con il dire che sì, certo, i
mezzi adoperati dai terroristi non sono proprio i migliori ma come si fa a non
considerare la situazione degli oppressi nel cui nome essi agiscono? La
loro rabbia, la loro disperazione? E quali altri mezzi hanno i suddetti
oppressi se non per l’appunto quelli sia pure molto discutibili del terrorismo?».
La chiusa dell’articolo è esattamente dello stesso tenore: «[…]con la sua selvaggia sete di sangue questo terrorismo
vuole in realtà una cosa sola […]: la
distruzione di Israele, la pura e semplice eliminazione dello Stato ebraico e
dei sui abitanti, la cancellazione di entrambi dalla faccia della terra.
E chi qui in Italia cerca di trovare qualche motivo non spregevole alle azioni
di Hamas, chi oggi è pronto a stracciarsi le vesti di fronte alla reazione
israeliana, deve sapere che in
realtà anche lui, ne sia cosciente o no, si prefigge la medesima cosa».
Parole di uno che ha alzato troppo il gomito? Vaneggiamenti di cui non sarebbe
neppure il caso di occuparsi? Il fatto è che si tratta di uno stile di pensiero che in questi giorni sta
dilagando e vien riprodotto quasi come una fotocopia dai media principali, dai
cosiddetti opinion leader e dai
partecipanti ai talk show. Uno stile
di pensiero che merita forse un serio esame e qualche confutazione.
2. Il taglio dell’invettiva di Galli della Loggia (oltre che
volgarmente propagandistico) è prettamente da discorso morale e mira a individuare una responsabilità oggettiva che coinvolgerebbe allo stesso modo tutti coloro che appena hanno dei dubbi, che
esitano, che osano fare qualche critica alla politica di Israele, insieme a
coloro che scendono in Piazza per la causa palestinese, magari anche inneggiando
per Hamas. Anche se questi ultimi mi risulta siano davvero pochi. Messa la cosa
in questi termini, questa chiamata di
correità finisce per accomunare e appiattire tutti i malcapitati obiettori
niente meno che sulle posizioni e sulle pratiche estreme di Hamas. Se in questo momento così grave mi pongo
qualche problema su quel che sta succedendo a Gaza, sulla questione palestinese
o sulla politica di Israele, e magari sulla proporzionalità della reazione
israeliana, ecco che le mie mani grondano di sangue, eccomi trasformato in uno
stupratore e tagliagole di innocenti.
Siccome credo che la
maggioranza delle persone sia portata a cercare di capire, che avere dei dubbi
non sia un reato, consegnare ad Hamas tutti coloro che tendono a riflettere è
un buon modo per rimanere da soli e questo credo Galli della Loggia lo abbia
messo in conto. Ma lo stesso rischio lo corre Israele quando chiede una solidarietà incondizionata. Per fortuna,
pare che, proprio in Israele, si sia ormai aperto da tempo un aspro dibattito
autocritico verso la politica di Netanyahu. Di questo dibattito si dà ampio
conto nel numero 3/2023 di Limes,
significativamente titolato Israele
contro Israele. Tutta gente che vuole la cancellazione di Israele?
3. Al momento di passare dall’invettiva all’analisi, il nostro
storico si adopera in una serie di disquisizioni, peraltro assai vaghe e discutibili,
sulla questione del terrorismo. Come
se in discussione, oggi, nel nostro Paese, fosse proprio la questione dello strumento terrorismo e non piuttosto la mancata soluzione della questione
palestinese che sta lì dal 1948.[2] Una forma di strabismo davvero
sconcertante. Ma seguiamo pure Galli della Loggia.
In un passaggio davvero
sorprendente afferma che: «[…] c’è terrorismo e terrorismo —
lo capisce chiunque, infatti, […] un conto è piazzare una bomba in una stazione
di polizia, un altro ben diverso è stuprare una donna o freddare un bambino».
Queste purtroppo sono ahimè chiacchiere
da osteria. Da senso comune,
volendo esser generosi. Il terrorismo come strumento di lotta politica ha una
sua precisa definizione giuridica, politologica e militare che prescinde dal
maggiore o minore ribrezzo morale che gli atti specifici dei terroristi possono
suscitare. Sfido Galli della Loggia a fare una graduatoria dell’orrore, se sia peggio, come modello terroristico,
il Bataclan, le Torri gemelle, buttare gas in metropolitana, lanciare un camion
a tutta velocità in un viale affollato o il massacro degli abitanti dei kibbuz
intorno a Gaza.
Il terrorista compie gli
atti che sono alla sua portata che sono in grado di terrorizzare un determinato
target di popolazione. Più ci
facciamo terrorizzare, più inorridiamo, più l’obiettivo del terrorista è
raggiunto. Certo, ci sono delle organizzazioni terroristiche che seguono un qualche
codice nelle loro azioni ma, se lo fanno, lo fanno in base alla loro politica,
alla loro ideologia e ai loro interessi e così via. Hamas evidentemente non
contempla nel suo codice la salvaguardia
dei civili. Ma non lo fa neppure Putin, tanto per fare un esempio del tutto
casuale. Poi ci sarebbe da considerare che la definizione del terrorismo oggi
si mescola sempre più con quello della guerra
non convenzionale o guerra ibrida.
Quello che è successo a Bucha è
operazione speciale, guerra convenzionale, guerra ibrida, terrorismo,
terrorismo di Stato o crimine di guerra? E il rapimento sistematico dei bambini
del nemico dove lo mettiamo, sulla scala delle atrocità?
Se vogliamo fare delle
analisi e non delle chiacchiere, dovremmo mettere tra parentesi le reazioni emotive della prima ora e le indignazioni gratuite. Ma Galli della
Loggia lancia la pietra, evoca le donne e i bambini, il sangue e le gole
tagliate, si accontenta dell’effetto retorico ed emotivo e poi passa ad altro.
4. A questo punto Galli della Loggia ritiene doveroso ricordare
ai fiancheggiatori della causa palestinese (gruppo assai vago in verità) quelle
che, secondo lui, sono una serie di verità
sul terrorismo. Il suo nobile scopo è distogliere i filo palestinesi nostrani
dal terrorismo. In questo modo tuttavia istituisce immediatamente un’equivalenza
tra i fiancheggiatori della causa palestinese e gli ammiratori e propugnatori
del metodo terroristico. Dimentica che io posso ben essere fiancheggiatore della causa palestinese mandando magari medicine e
aiuti umanitari a Gaza, senza per questo condividere minimamente i metodi
terroristici. Posso criticare la politica di Netanyahu senza per questo voler
cancellare Israele. Per Galli della Loggia sostenere in qualsiasi modo la causa
palestinese equivale a sostenere il terrorismo. Come dire che tutti i
Palestinesi sono terroristi. E questo lo dirà chiaro in un esplicito passaggio
verso la fine dell’articolo.
Le preziose verità sul
terrorismo di Galli della Loggia sono piuttosto banali e sicuramente condivisibili.
Ad esempio quando dice che: «[…] nessuna campagna terroristica per quanto feroce essa fosse è mai riuscita
non solo a sconfiggere militarmente uno Stato ma
neppure a fargli cambiare radicalmente indirizzo politico». Va bene. Ma
chi lo dice che i terroristi vogliano sempre sconfiggere militarmente uno Stato? Di solito i terroristi ricorrono al
terrorismo proprio perché non hanno alcuna possibilità di vincere sul piano
militare. Le campagne terroristiche possono ben avere degli altri scopi. Spesso
ahimè raggiungono fin troppo bene i loro obiettivi
non militari. Risparmio poi al lettore di riportare le considerazioni di
Galli della Loggia sul terrorismo irlandese, che sarebbe stato in un certo
senso “proporzionato” e avrebbe avuto anche conseguenze positive.
L’altra verità sul
terrorismo – che in realtà è solo una specificazione della precedente – è che «Nessuna persona sana di mente,
infatti, può pensare di sconfiggere militarmente con il terrorismo lo Stato
ebraico». Ci risiamo. Come fa Galli della Loggia a sapere che quelli di
Hamas con la loro azione avevano lo scopo di sconfiggere militarmente Israele?[3]
Potrebbero avere avuto altri scopi che Galli della Loggia non prende neanche in
considerazione. Poiché l’Autore si rivolge a coloro che fiancheggiano la causa
palestinese in Italia, è davvero difficile pensare che in Italia ci sia
qualcuno che pensa di eliminare Israele con il terrorismo di Hamas. Si consoli
Galli della Loggia: è assai probabile che neppure Hamas pensi di sconfiggere
Israele col terrorismo. Comunque è alquanto buffo che Galli della Loggia
disquisisca sull’efficacia del metodo terroristico per indurre a prendere le
distanze da Hamas. Se il terrorismo nella storia fosse stato almeno qualche
volta efficace, sarebbe forse un buon motivo per utilizzarlo?
5. Ma la chiave del pensiero
debole di Galli della Loggia si trova, circa a metà del suo articolo, dove
dice: «In realtà coloro che qui da noi giustificano
in qualche modo le azioni sanguinarie di Hamas trovandovi delle «ragioni» (ma
nella storia ogni efferatezza può vantare delle «ragioni»: dai roghi delle
streghe agli omicidi di massa ordinati da Stalin) dovrebbero comunque porsi una
domanda: a che cosa mira quel
terrorismo, qual è il suo obiettivo, il suo fine politico? Questo è
il punto cruciale, dal momento che sta precisamente nell’impossibilità di dare
a tale domanda una risposta minimamente plausibile e ragionevole che l’impresa di Hamas rivela la sua
essenza vera: la barbarica volontà di strage, della strage più feroce possibile
e fine a se stessa che la anima».
Secondo lo storico Galli della Loggia, l’atto
terroristico di Hamas sarebbe dunque inspiegabile. Se è inspiegabile, direbbe
La Palice, allora è inutile cercare delle spiegazioni. La strage sarebbe allora
«fine a se stessa». Qui, su questo punto, come modesto cultore della disciplina
storica quale mi ritengo, mentre leggevo ho davvero sussultato. Qui manca
proprio l’abbici. Qui mi pare sia proprio necessario tirare in ballo alcune elementari
distinzioni di ordine metodologico e filosofico che dovrebbero oltretutto
essere familiari anche e soprattutto a uno storico. Un conto è l’assoluzione o la condanna morale di fatti, avvenimenti, personaggi o singole scelte.
Un altro conto è la spiegazione storica
che ha di mira solo la verità storica e non
va assolutamente mai confusa con la giustificazione morale (o con la
condanna morale). Le considerazioni morali, piaccia o non piaccia, non c’entrano
davvero nulla con la verità storica. Anche se il possesso eventuale di una
verità storica consolidata può permetterci di esprimere più accuratamente –
quando ne sia il caso – i nostri giudizi morali e politici.
6. Come ammette anche Galli della Loggia, ogni efferatezza
nella storia può vantare delle “ragioni”.
Verissimo. Il compito dello storico è proprio quello evidenziare queste
ragioni, anche se non le condivide. Qui non si tratta evidentemente di “ragioni”
accertabili con l’uso di discipline hard, come la fisica, la geografia, la
demografia, l’economia o quant’altro. La scelta di Hamas di procedere con
questa sua operazione sciagurata è evidentemente una scelta politica.
Le scelte politiche –
spiegava Popper – possono essere intese soltanto grazie alla logica della situazione.[4] Si deve cioè
cercare di ricostruire la situazione del
decisore, ricostruendo quali siano le componenti situazionali che hanno
determinato quella scelta. Nell’ambito della situazione è ovviamente coinvolto anche
il decisore. Se il decisore è un pazzo, allora la decisione sarà
situazionalmente determinata dalla sua pazzia. Se è un sadico, sarà il sadismo.
Occorre tuttavia guardarsi bene dal ricorso esclusivo alla psicologizzazione o
alla riduzione delle scelte agli istinti animali. O a invocare l’intervento del
male assoluto nella storia. Raramente
un attore è completamente pazzo o completamente determinato dalla sua
psicologia malata o dai suoi istinti bestiali. Se poi si tratta di un attore collettivo, organizzato e dotato
di una precisa ideologia, come Hamas, la situazione entro la quale ha preso
quella decisione rientrerà nel campo
politico di una situazione con molti altri attori dello stesso tipo. Vada
Galli della Loggia almeno a fare una visita su Wikipedia, alla voce “Hamas”,
dove scoprirà, ad esempio, che Hamas fin dal suo inizio ha organizzato numerosi
ed efficienti servizi sociali a Gaza, che Hamas ha vinto le elezioni a Gaza nel
2006, che è il maggiore competitore di Fatah (OLP) nella rappresentanza
politica del popolo palestinese, che ha ramificazioni all’estero, con tanto di
alleanze e di politica estera, che gode di finanziamenti internazionali. Scoprirà
che Fatah di Abu Mazen non ha più convocato le regolari elezioni in Palestina
perché ha paura di perdere un’altra volta. Come si fa a dire con sicurezza che
quella di Hamas è stata una scelta «fine a se stessa»?
7. Ecco dunque il corto circuito del pensiero debole di Galli
della Loggia. Egli sostiene che nel caso di Gaza, di fronte alla domanda «[…] a che cosa mira quel
terrorismo, qual è il suo obiettivo, il suo fine politico?» ci troviamo «[…]
nell’impossibilità di dare a tale domanda una
risposta minimamente plausibile e ragionevole». Secondo Galli della
Loggia, questa di Gaza sarebbe dunque una situazione in cui nessuna spiegazione dotata di qualche logica
è possibile. È interessante il fatto che per Galli della Loggia, l’inspiegabilità
della situazione sarebbe oggettiva e
non dovuta alla nostra (o alla sua) mancanza di informazioni o alla nostra (o
alla sua) ignoranza, al fatto, magari, che abbiamo studiato troppo poco il
caso. In teoria lo storico dovrebbe sempre credere (tra i suoi assunti di
sfondo) alla intelligibilità della storia.
Se diamo spazio al non intelligibile
allora possiamo anche darci all’irrazionalismo o al misticismo.[5]
Se non ci sono risposte,
allora la conseguenza è che non resta che adeguarsi a una sorta di riduzione animalesca di Hamas. Saremmo
di fronte al diavolo incarnato, al male
assoluto. Così, per Galli della Loggia: «[…] l’impresa di Hamas rivela la sua essenza vera: la
barbarica volontà di strage, della strage più feroce possibile e fine a se
stessa che la anima». Insomma, ci par di capire che quelli di Hamas si
sono svegliati un bel mattino e hanno detto: «Vista la nostra ferocia e la
nostra sete di sangue, che corrispondono alla nostra intrinseca essenza di
creature malvage, grazie agli appoggi internazionali di cui godiamo, ci addestriamo
in segreto per un paio d’anni per andare efficacemente a tagliare le gole dei
nostri vicini. Senza riguardo per alcuno, vecchi, donne, bambini. Così faremo
una grande orgia sanguinosa e saremo finalmente soddisfatti. Molti di noi alla
fine ci lasceranno la pelle ma ne sarà proprio valsa la pena!». Insomma, un
branco di psicopatici sadici intenti a celebrare i loro rituali, omicidi e
suicidi.
8. La narrazione di Galli della Loggia è palesemente
pretestuosa e assurda. Perché allora tutto questo ambaradan scritturale da
parte di Galli della Loggia? Che sia anch’esso «fine a se stesso?». Tanto
rumore per nulla? Qui mi permetto di avanzare una mia personale interpretazione
circa le segrete intenzioni che costellano il pensiero, ahimè davvero debole, dell’Autore
in questione. Mi pare l’unica spiegazione plausibile. Galli della Loggia (e
così quelli che la pensano e reagiscono come lui) ha paura che un eccesso di spiegazioni fattuali induca a
un eccesso di giustificazioni morali
e dunque conduca alla attenuazione della
condanna morale nei confronti di Hamas. Ha una paura folle che dall’esame
della storia e dalla considerazione rigorosa di fatti passati e presenti
possano nascere delle attenuanti. Se
conosciamo la storia che sta dietro, magari dal 1948 ai giorni nostri, allora
rischiamo di non odiare abbastanza
Hamas e, soprattutto, rischiamo di non schierarci abbastanza fermamente dalla
parte di Israele. Hamas cesserebbe così di essere il male assoluto, l’insensato,
l’inspiegabile, l’indicibile. Lo dico dunque qui con chiarezza: questo articolo
non è l’articolo di uno storico ma è oggettivamente
l’articolo di un seminatore di odio. Di
uno che, oltretutto, fa un pessimo servizio alla causa che difende così
ciecamente.
9. In realtà, nel corpo dell’articolo, l’Autore parzialmente
si smentisce (ahimè la coerenza non è di questo mondo!) perché poi, un poco di
soppiatto, una spiegazione della scelta di Hamas vien fuori. Dice, infatti,
Galli della Loggia: «[…] in
realtà l’obiettivo che si propone il terrorismo di Hamas non è altro che quello
di eccitare allo spasimo in senso ancor più antagonistico contro Israele tutta
la massa arabo-islamica, dall’Asia
centrale all’Atlantico, e — dando per scontata la dura reazione della stessa
Israele — di vanificare qualunque tentativo di stabilire un minimo di relazioni
pacifiche tra lo Stato ebraico e qualunque Stato islamico, nonché naturalmente lo scopo di rendere
impossibile qualunque soluzione del contenzioso israelo-palestinese».
Questa, con qualche necessaria precisazione e articolazione in più, sarebbe una
spiegazione del tutto sensata, che ci restituisce Hamas come un attore politico
del tutto comprensibile nel contesto medio orientale attuale. Certamente non si
può concordare con un simile progetto, ma avrebbe una sua logica. Si tratta
questa oltretutto di un’analisi che è stata suggerita da molti studiosi e da
molti commentatori documentati, analitici e riflessivi. Forse proprio per
questo Galli della Loggia ha voluto far di suo, ha tentato di fare l’originale
e così ha fatto il classico uovo fuori dalla cavagna.
10. Ma non basta. Onde tenere ben separato Hamas dal contesto
nel quale ha agito e agisce, e quindi onde scacciare ogni tentativo di
spiegazione del gesto di Hamas sulla base delle attuali condizioni di Gaza e
della Palestina, sulla base cioè di una situazione ben precisa, afferma Galli
della Loggia: «La verità, insomma, è che l’aspirazione
dei palestinesi a una patria, le misere condizioni dell’esistenza a Gaza o l’inconsulto
ampliamento degli insediamenti ebraici, insomma la «questione palestinese» nei
suoi termini reali, non c’entrano
assolutamente nulla con il terrorismo di Hamas». Ma guarda un po’.
Chissà perché i Palestinesi a Gaza nel 2006 hanno votato per Hamas per più del
40%. Forse erano già allora tutti terroristi nichilisti, ansiosi di farsi
esplodere per raggiungere al più presto il paradiso. Chiunque studi appena
decentemente la storia della questione palestinese non potrà non riconoscere
che la prospettiva jihadista di Hamas
ha preso piede proprio in seguito al
fallimento della prospettiva laica e nazionale dell’OLP.[6] Evidentemente
chi ha cercato in ogni modo di far fallire la prospettiva laica e nazionale – e
cioè Israele, ovvero la destra israeliana di Netanyahu, se si vuol essere più
precisi – si trova ora a dover fare i conti con la prospettiva jihadista. E i jihadisti fanno il loro sporco mestiere. Hamas faceva davvero comodo
a Israele, fintanto che questa indeboliva l’OLP. Adesso è diventata il male assoluto da sterminare. Anche
questa è una scomoda verità, che però a Galli della Loggia non
interessa.
11. Dopo avere castigato come terroristi tutti i
fiancheggiatori della causa palestinese, e tutti gli eventuali dubbiosi o critici
delle politiche di Israele, finalmente Galli della Loggia ci rivela quel che
pensa dei palestinesi stessi. Afferma l’articolista: «Si
perpetua così la maledizione che da sempre grava sul movimento
palestinese: la sua incapacità,
tranne qualche brevissimo ripensamento, di concepire nessun altro strumento di
lotta che non sia la violenza. E di conseguenza, dietro la faccia
feroce, la sua intima fragilità
politica, il suo perpetuo cedimento al ricatto dell’estremismo, quindi
la sua oggettiva disponibilità a divenire facile strumento di qualunque Stato
che per i propri scopi abbia interesse ad alimentare la tensione nella regione.
Neppure un secolo di continui, sanguinosi fallimenti a causa della permanente
disparità delle forze in campo sembra
aver insegnato nulla ai palestinesi circa l’inutilità di una simile
strada. Circa la necessità di avere alla propria testa una vera
leadership all’altezza della situazione, non già una congrega di politicanti corrotti com’è la cosiddetta Autorità
Palestinese, ovvero una qualche banda di tagliagola prezzolata da Teheran o dal
Qatar».
I palestinesi sarebbero dunque,
evidentemente per loro natura, incapaci «di concepire nessun altro strumento di lotta che non sia la violenza».
Sempre disposti a vendersi e a essere strumentalizzati. Corrotti e incapaci di
darsi dei leader all’altezza. All’altezza, evidentemente, di obbedire senza protestare,
collaborando volenterosamente con il colonialismo sionista israeliano. Queste
sarebbero, secondo Galli della Loggia, le scomode
verità dalla Palestina, per conoscere le quali occorreva proprio uno
storico del suo calibro. Decisamente imbarazzante. Se questi davvero sono i
palestinesi, secondo l’Autore, lasciamo immaginare quale trattamento Israele dovrebbe finalmente e giustamente riservare
loro. Forse ce lo spiegherà in un suo prossimo articolo.
Giuseppe Rinaldi (15/10/2023)
OPERE CITATE
1994 Popper, Karl R., The Mith of the Framework. In defence of the Science and Rationality, Routledge & Kegan Paul Ltd, London. Tr. it.: Il mito della cornice. Difesa della razionalità della scienza, Il Mulino, Bologna, 1995.
NOTE
[1] Sul Corriere
della Sera del 15/10/2023.
[2] Sono passati 75 anni. Chi scrive non era
ancora nato.
[3] È vero che Hamas non riconosce Israele e che
nel suo statuto propugna proprio la distruzione di Israele. Ma questo non
significa che l’attacco di Gaza del 7 ottobre avesse esattamente questo scopo.
[4] Cfr. Popper 1994: 223 e seguenti.
[5] Galli della Loggia, dato il mestiere che fa,
dovrebbe conoscere bene un aspetto del dibattito metodologico che gli studiosi
hanno intrattenuto a proposito della Shoà.
Ci sono coloro che hanno sostenuto che la Shoà
fosse una fatto inspiegabile, inenarrabile, indicibile. Nonostante questa assolutizzazione della Shoà, gli storici coscienziosi e
fiduciosi nel loro mestiere sono andati avanti, hanno cumulato documenti,
spiegazioni parziali varie e ora siamo in grado di avere un quadro che certo
non è definitivo (nessun quadro è mai definitivo) ma che ci permette di
conoscere una verità attendibile (che
taluni peraltro vorrebbero negare). Se sull’onda emotiva, quello commesso da
Hamas lo definiamo come inspiegabile, indicibile e compagnia bella, non
facciamo che ripercorre un dejà vu
che è quanto di più lontano ci sia dalla disciplina storica.
[6] Hamas è un’organizzazione jihadista che nasce a Gaza nel 1987. Nel 1993 sono
stati stipulati gli Accordi di Oslo. Sarà proprio il progressivo fallimento dell’applicazione degli Accordi
di Oslo a facilitare la crescita di Hamas a Gaza. Galli della Loggia
farebbe bene a domandarsi i motivi per cui gli Accordi di Oslo sono stati
disapplicati.
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