1. Non ho ben capito perché Città Futura e Nuccio 
Lodato abbiano messo in editoriale la lettera di Edward Lync, pubblicata sul manifesto («il manifesto», 26 luglio 
2017, pag. 14). Non ho capito, in altre parole, se è stata messa lì per 
significarne la grande pregnanza in 
termini di analisi politica, oppure per denunciarne l’intrinseca 
inconsistenza. Di solito gli editoriali esprimono la linea di un giornale e 
ciò mi rende un po’ perplesso. Prendo per buono il fatto che – come si dice 
nell’introduzione - la lettera costituisca un 
invito alla discussione.
2. La lettera è ovviamente relativa al tormentone 
attuale riguardante le mosse di Pisapia e le contromosse degli avversari. 
Riguarda cioè l’annoso problema dell’unità delle forze alla sinistra del PD e 
del loro rapporto con il PD. Sono convinto che l’attuale situazione politica del 
centro sinistra sia stata accuratamente descritta – e soprattutto davvero ben 
sintetizzata nel titolo - dal recente articolo su Città 
Futura di Franco Livorsi, intitolato appunto Il 
suicidio della sinistra. Mi permetto di aggiungere all’analisi di Franco 
che, secondo me, la ultima conseguenza logica del suo discorso - che egli forse 
per un eccesso di correttezza non è giunto a trarre - è il fatto che, nella 
attuale situazione, il PD deve 
assolutamente andare da solo alle elezioni e che qualunque legge elettorale 
last minute che conceda un premio
 alla coalizione sarebbe una sciagura. Ripeterebbe a livello nazionale quel
 che è successo in Alessandria. 
Al di là di questa generale situazione demenziale, 
ormai priva di soluzione, credo valga la pena di occuparsi della lettera in 
questione perché essa mette in mostra lo stato drammatico, il livello davvero 
sotto zero, che sta attraversando l’attuale dibattito politico nella sinistra. 
Mette in mostra - in un periodo in cui in autunno andremo ad assistere 
all’ultimo atto della sceneggiata sulla legge elettorale, che senz’altro si 
concluderà in un nulla di fatto o, comunque, con una soluzione che sarà ben più 
disastrosa delle già disastrose soluzioni precedenti – che una 
buona parte dei contendenti non sa effettivamente di cosa si parla. 
Soprattutto quelli che credono di saperla molto 
lunga.
3. Il signor Lync che ha scritto al manifesto 
mostra di non saper distinguere (mi spiace sempre fare questi interventi da prof 
ma qui mi pare manchino proprio le basi elementari) tra democrazia 
e legge elettorale. Sostiene in 
pratica che, secondo lui, certe leggi elettorali – tutte, 
tranne quella proporzionale pura da lui preferita – non 
sono democratiche, oppure sono democratiche solo “tra virgolette”. In altri 
termini, Lync distribuisce patenti di 
democrazia alle leggi elettorali, ai loro sostenitori e al povero Pisapia. 
Nella sinistra alla sinistra del PD i distributori di patenti di democrazia 
sono pericolosamente in aumento e questa è senz’altro una delle cause della 
frammentazione irrisolvibile di quell’area. Si è sostenuto che la recente 
proposta di riforma costituzionale non fosse democratica. L’ha detto anche 
l’ANPI. Landini è una vita che sostiene che il Jobs Act non è democratico. Il 
MDP è uscito dal PD perché il PD non era democratico. Insomma, quelli che non 
sono d’accordo con te non sono mai democratici. Il signor Lync e gli altri come 
lui purtroppo costituiscono il 
problema, non rappresentano in alcun modo la
 soluzione.
4. La democrazia è una filosofia politica ed è una 
forma di governo. Do qui per scontato quali siano i principali requisiti perché 
una forma di governo sia democratica. Certo, tra questi requisiti ci sono anche 
le libere elezioni. E certo, per 
poter effettuare le libere elezioni è necessaria una legge 
elettorale. La legge elettorale dunque fa parte della tecnica 
procedurale della democrazia. La legge elettorale ha certo dei vincoli, dei 
limiti oltre i quali non sarebbe più compatibile con una Costituzione 
democratica. Su questi vincoli veglia appunto la Corte costituzionale. Una legge 
elettorale quindi è democratica in 
virtù della procedura formale che l’ha varata e in virtù del vaglio di 
costituzionalità. Al di là di questi vincoli, nel nostro ordinamento per 
fortuna sono possibili diversi modelli di leggi elettorali e sono tutti – 
con buona pace di Lync - democratici
 senza virgolette. Sono le forme di governo che possono essere democratiche 
o non democratiche. Le leggi 
elettorali, in un quadro costituzionale dato, servono la democrazia che c’è. 
Lync non fa riferimento a questioni di costituzionalità o di legittimità. Parla 
sempre e solo di democrazia in termini dottrinali. Non fa neppure riferimento a 
questioni tecnicali. Secondo lui un solo tipo di legge elettorale, quello che 
piace a lui, sarebbe democratico. 
Gli altri non lo sarebbero proprio. Si vada a vedere il nostro miglior 
dizionario di politica, il Bobbio Matteucci, dove alla voce sistemi 
elettorali si propongono le più svariate questioni di classificazione dei 
sistemi elettorali. Ebbene, l’ultima cosa che si sognano di fare gli estensori è 
di catalogare i sistemi elettorali in democratici e non 
democratici.
5. La questione che sta dietro alle leggi elettorali è 
quella della rappresentanza. La 
nozione di rappresentanza – a discapito dei molti portatori del pensiero
 schematico che ci sono in giro - purtroppo non è univoca e non è sempre chiaro
 sotto quale profilo i rappresentanti rappresentino effettivamente i 
rappresentati. Ci sono molti volumi di filosofia e scienza politica intorno alla 
questione di cosa voglia dire “rappresentare” (si veda in proposito l’ottimo Principi del governo rappresentativo di 
Bernard Manin). Potrebbe essere rappresentativo anche un organo di estratti 
a sorte, come si faceva talvolta in Grecia. 
Certo, c’è anche una nozione davvero ingenua 
di rappresentanza – come quella condivisa sembra da Lync – che suggerisce che
 questa vada cercata in una sorta di riproduzione proporzionata, come si fa 
con i modellini dei treni o delle automobili. Il problema è che, anche 
costruendo un modellino in scala ridotta, non è ancora detto quali 
proprietà si debbano effettivamente riprodurre o, se si preferisce, quali 
tra le infinite proprietà dei rappresentati si 
debbano trascurare. Ad esempio, da poco tempo si ritiene, invero piuttosto 
discutibilmente, che l’organo rappresentativo debba rappresentare anche il genere dei rappresentati. Ciò - come 
si è visto - può essere realizzato escogitando meccanismi complessi e talora 
contorti. E comunque la corretta rappresentazione del genere può mettere in 
secondo piano altre proprietà che altri potrebbero considerare 
importanti.
6. Se le proprietà da riprodurre sono più di una – come 
è lecito attendersi nel caso di una rappresentanza politica – può facilmente 
accadere che la riproduzione corretta di una proprietà impedisca la riproduzione 
di un’altra. Quindi si dovranno fare inevitabilmente dei compromessi. Bisognerà 
dunque ammettere – con buona pace di Lync – che tutte le rappresentazioni
 implicano delle distorsioni. 
Discutere di leggi elettorale non significa trovare la soluzione magica priva di distorsioni ma soppesare e
 valutare quali distorsioni siamo disposti a sopportare per ottenere certi
 risultati desiderabili. Il fatto che in certi sistemi elettorali sia previsto 
un premio per la governabilità è 
perché si ritiene che sia un bene il 
fatto che la maggioranza ottenuta, oltre che relativamente 
proporzionata, sia anche in grado di governare effettivamente e che sia invece 
un male il fatto che una 
maggioranza, magari esattamente 
proporzionata, non sia però in grado di decidere nulla. Si preferisce cioè 
accettare una qualche distorsione della proporzionalità per ottenere un 
risultato considerato come indispensabile in termini di governabilità. Non 
stiamo parlando dunque di Armageddon, della lotta finale tra il 
bene e il male, tra democratici e antidemocratici. Stiamo parlando di un banale 
calcolo di costi e benefici.
7. Per il signor Lync (sia chiaro che non ce l’ho 
particolarmente con lui - uno che si prende la briga di scrivere una lettera a 
un giornale non può che starmi molto simpatico – mi sto riferendo a lui soltanto 
in modo retorico per articolare il mio ragionamento) evidentemente deve 
risultare un mistero – o un colossale imbroglio - il fatto che l’attuale 
presidente Trump governi legittimamente pur avendo ricevuto in assoluto meno voti della concorrente 
Clinton. Il sistema elettorale americano allora non sarebbe democratico? Per 
venire all’Italia, la legge elettorale dei sindaci non sarebbe “democratica” e 
tutti i comuni italiani sarebbero governati solo “tra virgolette”. Del resto il 
sindaco Pisapia viene accusato da Lync di ritenere democratico proprio il 
sistema di elezione dei sindaci.
Potrebbe essere utile al signor Lync, che è amante del 
sistema proporzionale puro, riflettere sul fatto che la democrazia 
rappresentativa moderna (intesa qui come forma di governo) è nata e si è 
sviluppata proprio sulla base di sistemi 
maggioritari e che l’introduzione di sistemi proporzionali è stata 
storicamente piuttosto tarda. E non è detto che i sistemi che sono venuti più 
tardi siano risultati, solo per questo, migliori dei precedenti. In Italia è 
storicamente comprovato che il sistema proporzionale ha contribuito a generare 
quell’instabilità politica che poi ha prodotto il fascismo. Il sistema
 elettorale della Germania di Weimar era proporzionale puro e anche in quel caso 
si generò quell’instabilità politica che facilitò l’avvento del nazismo. I 
tifosi del proporzionale queste cose le dovrebbero almeno sapere. La loro fede 
potrebbe avere qualche lieve scotimento.
8. Lync - e quelli che la pensano come lui - non si 
rende probabilmente conto di avere elaborato una sua concezione del tutto privata di democrazia, in stretta 
connessione con la sua legge elettorale 
preferita, e di usarla come una clava per distinguere gli amici dai nemici, 
in puro stile schmidtiano (questo sì, davvero poco democratico). Se tutti coloro 
che non condividono il sistema elettorale proposto da Lync sono antidemocratici, 
o “democratici tra virgolette”, cioè democratici adulterati, direi che il signor 
Lync non si rende conto con ciò di insultare mezzo mondo e con ciò di confinarsi 
a un ristretto giro di aficionados 
che, raccontandosi tra loro sempre la stessa storia, finiranno per crederci come 
in una setta religiosa. E staranno bene attenti a non mescolarsi con i 
miscredenti. È chiaro che la diffusione di simili posizioni nell’attuale 
dibattito sul che fare alla sinistra 
del PD non può che essere foriera di futili motivi di divisione. Si spera 
poi che dietro alle sottili argomentazioni teoriche non ci siano soltanto gli
 interessi immediati dei partitini dello zero virgola che temono di sparire nel
 caso fossero adottati sistemi di tipo maggioritario o premi di 
governabilità.
9. Se la smettessimo una volta per tutte di distribuire 
le patenti di democrazia, allora potremmo discutere, con qualche speranza di 
trovare un accordo, sui meriti e demeriti dei diversi sistemi elettorali. E 
soprattutto sulla loro concreta fattibilità. Sui sistemi elettorali in generale 
è già stato detto tutto o quasi ed è difficile aggiungere qualcosa a quanto gli 
studiosi hanno già acclarato. Basterebbe studiare un po’. Esistono ottimi 
libretti divulgativi. Basta riconoscere di averne bisogno. Se una cosa emerge 
con chiarezza dalla riflessione politologica è il fatto che nessun 
sistema elettorale è perfetto. Ogni sistema ha i suoi vantaggi e i suoi 
svantaggi. Chi ne accetta i vantaggi deve accettarne anche gli svantaggi. Per 
questo, da un bel po’ di tempo, si sostiene che una legge elettorale è sempre un compromesso tra diverse esigenze, le 
quali non si possono tutte insieme 
massimizzare. Per questo non ci sono quasi mai sistemi maggioritari o 
proporzionali puri, ma ci sono 
sempre sistemi dotati di molteplici correzioni e aggiustamenti. Si sono anche 
formati svariati sistemi misti. A 
parte la teoria, poi bisogna vedere come un sistema si adatta alle particolarità 
delle singole società e delle singole culture. Nel mondo ci sono più di 300 
diversi sistemi elettorali che, bene o male, fanno il loro sporco lavoro (nel 
senso delle mani sporche). I sistemi 
elettorali sono il prodotto della storia politica di un Paese e soprattutto 
della cultura politica dei suoi abitanti. Mettere a punto una legge elettorale 
va sempre pensato in rapporto a uno specifico sistema politico, in termini di riforma dell’esistente. Nei termini 
cioè dell’evoluzione o dell’adattamento di uno specifico sistema politico. Va 
pensato quindi responsabilmente in rapporto alle conseguenze. Non nei termini 
dell’instaurazione chiliastica del paradiso democratico in 
terra.
10. È abbastanza inutile poi progettare a tavolino il 
proprio sistema elettorale, anche perché, banalmente, le leggi elettorali le 
fanno, di volta in volta, le maggioranze che si determinano concretamente, le 
quali spesso scelgono in base a motivi di comodo o peggio. Oltre ai compromessi
 intrinseci a un modello elettorale ci sono infatti i compromessi 
estrinseci, quelli che si fanno perché il modello trovi una sua maggioranza. 
Spesso sono i compromessi estrinseci che rendono pessime le leggi elettorali, 
non quelli intrinseci. In proposito, segnalo a Lync che una buona norma 
procedurale vorrebbe che fosse proibito
 modificare la legge elettorale almeno nell’anno precedente le elezioni, per
 impedire la presenza di eccessivi interessi di parte nella sua 
elaborazione. Io sottoscriverei subito una simile restrizione. Perché sono 
sicuro che una legge elettorale fatta a sei mesi dalle elezioni non possa 
meritare altro aggettivo che quello già usato per la legge Calderoli. Il signor 
Lync, di ciò proprio non si preoccupa e, a pochi mesi dalle elezioni, fa l’esame 
a Pisapia per sapere se è proporzionalista o maggioritario e subordina, si 
evince, la sua adesione alla risposta. Pensando che magari un Pisapia 
proporzionalista possa influire su un’ipotetica legge elettorale da farsi a 
settembre. Per Lync l’unità della sinistra (o del centro sinistra) comincia e 
finisce col proporzionale puro.
11. Già che Lync ha propagandato il suo modello, posso 
permettermi a questo punto di propagandare il mio, tanto per fornire una qualche 
alternativa ai proporzionalisti puri. Il politologo Giovanni Sartori, in uno dei 
suoi ultimi libretti, dal titolo davvero profetico di La 
corsa verso il nulla, uscito nel 2015 da Mondadori, ha scritto un 
capitoletto, ironico ma non troppo, dal titolo: Il 
sistema elettorale perfetto esiste. Naturalmente Sartori espone qui la sua 
ricetta. Chi scrive la condivide in 
toto. Riporto alcuni brani di Sartori, assicurando che comunque diverse 
soluzioni non sarebbero da me considerate non
 democratiche, anche se nel merito potrei criticarle e combatterle
 strenuamente.
11.1. Dice Sartori: «Ho spesso ripetuto che un modo 
autentico di consentire all’elettore di esprimere le sue preferenze sui 
candidati esiste, Ma non l’ho mai precisato. […] un sistema che consente e, 
anzi, produce una genuina espressione delle preferenze degli elettori esiste. È 
il maggioritario a doppio turno. L’ho proposto più volte, ma i nostri 
legislatori non lo vogliono, Né vogliono capire che il doppio turno è anche 
indicatore di preferenze».
11.2. Prosegue Sartori: «Comincio con il ricordare che 
il sistema maggioritario a doppio turno (che funziona bene nella V Repubblica 
francese) è, al primo turno, come un sistema proporzionale: ogni elettore 
esprime liberamente la sua prima preferenza e, così facendo, immette la sua 
scelta nel meccanismo elettorale. Ovviamente, questo è un meccanismo che scarta 
le preferenze dei meno. Supponiamo, per esempio, che la mia preferenza sia Marco 
Giacinto Pannella. So benissimo che il mio sarà un voto perduto. Ma lo voto lo 
stesso, e nessuno potrà dire che non mi è stata data la libertà di preferire e 
di scegliere. Al secondo turno, la seconda volta, mi toccherà invece scegliere 
un candidato di mia seconda preferenza, oppure il meno sgradito. Ma anche questa 
è una scelta mia, non del partito o della mafia. In nessun caso sono mai un 
sovrano esautorato, imbrogliato o coercito».
11.3. E prosegue ulteriormente con un’importantissima 
precisazione: «Ma veniamo al punto. La premessa di un sistema elettorale 
perfetto (quasi perfetto) è che debbano essere vietate le coalizioni. Ogni 
partito si deve presentare da solo, indicando un solo candidato. In questo modo, 
ogni partito ha interesse a presentare il suo candidato migliore o, comunque, il 
candidato ritenuto elettoralmente il più forte, e i partitini spariscono da soli 
(si capisce, per elezioni nazionali presidenziali). Al ballottaggio i designati 
saranno quattro o poco più. E, al secondo turno, i candidati – diciamo – minori 
hanno la scelta tra ritirarsi, e in tal caso otterranno un diritto di tribuna, 
oppure restare in lizza, ma in tal caso perderanno il diritto di tribuna». 
Naturalmente è bene specificare che un simile sistema prevede piccoli
 collegi uninominali. Sartori prosegue poi con ulteriori specificazioni che
 qui possiamo tralasciare. Il divieto di 
coalizione è particolarmente importante perché in questo modo l’elettore conosce esattamente il programma di chi 
verrà eletto con i suoi voti, al primo e al secondo turno, e non si darà luogo 
alle manfrine degli stiracchiamenti programmatici – con contrattazioni, scambi 
di favori, veti incrociati e quant’altro – che si realizzano nei sistemi
 proporzionali puri quando (ed è la norma) un partito non ha la maggioranza per
 governare e deve fare delle coalizioni con molti e diversi altri partiti e
 partitini, cui si deve assicurare a ciascuno la rendita di posizione. Tanti
 piccoli Alfano.
Sfido Lync a sostenere che questa proposta di Sartori 
non sia coerente con un quadro costituzionale democratico o sia solo 
“democratica tra virgolette”. Perché allora questa proposta non piace – oltre 
che ai grandi partiti - ai diversi cespugli alla sinistra del Pd? Io un sospetto 
ce l’ho.
12. La sinistra purtroppo quando parla di democrazia 
spesso non sa quello che dice perché a sinistra non c’è una decente conoscenza 
né della filosofia della democrazia né delle questioni procedurali. La 
democrazia è la forma di governo più delicata e complessa che ci sia e necessita 
di una costante manutenzione. Necessita di cittadini preparati e riflessivi e 
non di bande faziose che usano qualsiasi argomento grossolano, superficiale, 
retorico o di senso comune contro gli avversari del momento. Spiace di 
constatare ancora una volta che la cura per la manutenzione della democrazia 
proprio non c’è. Soprattutto a sinistra.
Giuseppe 
Rinaldi
01/08/2017
       APPENDICE
 
Si 
riporta qui, per comodità del lettore, la lettera cui si fa riferimento nel 
testo. 
L’abbraccio in sé fra Pisapia e Boschi è irrilevante. 
L’importante è quello che pensa Pisapia. Su «la Repubblica» l’ex-sindaco di 
Milano ha ribadito la sua contrarietà a una legge elettorale proporzionale. Lui 
vuole una legge elettorale nazionale simile a quella delle città dove il 
cittadino vota per una coalizione che se vince governerà. Dice: così l’elettore 
non verrà tradito. Mentre con una legge elettorale proporzionale i compromessi 
per fare il governo si fanno dopo le elezioni e così, sostiene, la volontà 
dell’elettore sarà inevitabilmente tradita. Ecco, io posso abbracciare Pisapia e 
anche la Boschi (ma non, per esempio, Salvini o Meloni) ma non sposo la loro 
visione della democrazia. Noi non votiamo il governo, ma i nostri rappresentanti 
al parlamento. Se un partito (o una lista) prende almeno il 50% più uno dei voti 
può formare un governo da solo. Se no, no. Pisapia, suppongo che tu sia per un 
premio di “maggioranza” alla lista vincente. Io no. Nella tua democrazia una 
coalizione che prende, per esempio, il 40% dei voti prenderebbe più del 50% dei 
seggi. Quel 40% dei votanti non vengono traditi - è vero - ma anzi vengono 
premiati. Peccato che il restante 60% dei voti viene tradito e fregato. Inoltre, 
con i sistemi elettorali maggioritari che tu prediligi i cittadini non sono 
invogliati ad andare a votare perché non possono votare per chi si sentono più 
vicini ma debbono tenere conto del voto utile. Il tuo 40% rischia di 
rappresentare forse il 20% dei cittadini che hanno diritto a votare. Chiamalo 
pure democrazia ma, per favore, solo fra virgolette. Con un sistema 
proporzionale i cittadini tornerebbero a votare. Ripeto, si vota per il 
parlamento e non per il governo. Se nessuna lista prende 50% si dovrà - è vero - 
fare compromessi dopo le elezioni. Io voto un partito e do la mia delega ad un 
partito. Ma stai tranquillo studierò bene prima di decidere per chi votare. La 
partecipazione attiva è un elemento fondamentale della democrazia – almeno come 
la concepisco io. Caro Pisapia stai con noi? Ti senti di sostenere una legge 
elettorale proporzionale senza premio di maggioranza ma con uno sbarramento al 
5% massimo)?
 Edward Lync («il manifesto», 26 luglio 2017, pag. 
14)
