domenica 21 febbraio 2016

Umberto Eco

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1. Quando ho letto sullo schermo della morte di Umberto Eco sono restato attonito per cinque minuti. Certo dispiaciuto, ma soprattutto stupito. Non era possibile che fosse morto Eco. Non avevo davvero mai pensato che Umberto Eco potesse morire. Per me era Eco e basta. Una presenza amichevole e costante che mi ha accompagnato per anni, a partire da quando sui banchi di scuola sfogliavo Quindici senza capirci granché. Una presenza che mi ha accompagnato a volte in forma assai impegnativa e totalizzante, come quando studiavo il suo Trattato, oppure in forma assai più lieve, quando leggevo le Bustine o qualcuno dei suoi romanzi. Quello che per me Eco ha sempre rappresentato è ancora tutto qui, dentro di me, non è mai sparito, anzi, è più vivo che mai. Per questo faccio fatica a credere che sia morto. Certo, la sua opera terrena è ormai conclusa, non ci saranno ulteriori aggiunte, non ci saranno più prime edizioni, nuovi articoli, saggi o interventi. E questa prospettiva produce senz’altro un terribile senso di vuoto. Una mancanza irreparabile. Ci aveva abituati troppo bene, con la sua presenza discreta, col suo fare uscire qualcosa ogni tanto, qualcosa che tuttavia continuava ad alimentare quel rivolo culturale che, in questo Paese sempre meno acculturato, era diventato per molti di noi un ossigeno indispensabile.

2. Personalmente l’ho incontrato pochissime volte, l’ho salutato al termine di qualche conferenza o di qualche presentazione di libro, gli ho stretto la mano forse un paio di volte e forse gli ho fatto anche qualche domanda. Il mio rapporto con Eco non è mai stato un rapporto di tipo personale. È stato però un intenso rapporto di tipo intellettuale attraverso i suoi scritti, piccoli o grandi che fossero, un rapporto che, proprio per questo, non può che collocarsi al di là della sua vita cronologica. È probabile che siamo in tanti a trovarci oggi in questa condizione di orfani del suo limpido pensiero. Non moltissimi però, altrimenti questo in cui viviamo sarebbe decisamente un altro Paese.

3. Eco è stato uno di quei pochi intellettuali che, di fatto, hanno saputo lanciare un’ancora di salvezza a quelli della mia generazione, almeno a quelli che l’hanno voluta raccogliere. Siamo cresciuti in tempi bui in cui si sono mescolati attivismi, nichilismi, disperazioni esistenziali e stupidi gesti romantici. In cui, dopo un lungo periodo di astinenza, ci sono stati gettati addosso i più diversi e improbabili prodotti culturali e subculturali. In cui abbiamo sperimentato le più incredibili affiliazioni, i più paradossali modelli di vita e di militanza. Una generazione che ha cercato di trovare la propria strada senza padri né maestri, attraverso l’utopismo, il ribellismo e magari anche attraverso la violenza. Ebbene, nella riflessione seguita al riflusso dei movimenti, la proposta culturale di Eco – critica, costruttiva, illuministica, pacata e ironica, e certo anche radicale - ha contribuito al ri-orientamento, alla una maturazione di una intera generazione. Ha fornito gli strumenti, per chi avesse voluto usarli, per demistificare, decodificare, oggi si direbbe “destrutturare”, la comunicazione, la cultura, ma soprattutto in modo specifico tutte le ideologie, quelle vecchie e quelle nuove. Eco ci ha permesso di vivere l’epoca ineluttabile della fine delle ideologie senza disperazione, mostrandoci una prospettiva più ampia, permettendo a noi ultimi arrivati di collocarci nella dimensione universale della storia e dello sviluppo della nostra cultura occidentale.

4. Eco – certo insieme ad altri – ci ha fornito un modello di intellettuale di cui avevamo disperatamente bisogno, in quel periodo abbastanza buio nel quale venivano alla luce tutti i limiti e le miserie degli intellettuali organici, quelli votati alla causa, quelli che non distinguevano l’insegnamento dalla propaganda, quelli che facevano carriera grazie alle clientele delle massicce organizzazioni culturali nazional popolari. Oppure in cui venivano alla luce tutti i limiti delle testimonianze enfatiche, del rifiuto del ruolo, del ribellismo ultra ideologico, del luddismo culturale, dell’ansia della traduzione pratica di slogan spiccioli che si possedevano ancorché solo superficialmente.

5. Non solo un modello d’intellettuale, ma anche e soprattutto un modello metodologico. Per avere qualcosa da dire, lasciava trasparire Eco, bisogna anzitutto studiare. Studiare indefessamente. Studiare in modo approfondito. Bisognava confrontare le diverse teorie, verificarle per quanto possibile; bisognava accettare la critica, soppesarla, trovare nuove argomentazioni. Cambiare eventualmente idea. Bisognava soprattutto separare i fatti dalle valutazioni. Esplicitare con chiarezza le argomentazioni proprie e quelle altrui. In altri termini, Eco ci ha insegnato che la verità non è un’opinione, che la verità, per quanto difficile e problematica, non è relativa.

La prosa scientifica di Eco è sempre stata per me (e credo per molti) un modello di trasparenza, di chiarezza, di rigore, di correttezza. Una vera e propria etica della scrittura. Questo atteggiamento deontologico emerge in modo chiarissimo in quel suo straordinario minore libretto che è Come si fa una tesi di laurea. Una prosa come quella di Eco, che era anche un modello di ricerca, di pensiero e di dialogo, non poteva che contrastare clamorosamente con la prosa vaga e retorica dei venditori di fumo che abitavano e che spesso ancora abitano le nostre istituzioni culturali.

6. Confesso che per me Eco è sempre stato soprattutto il filosofo, anche quando si è occupato d’altro, anche quando si è messo a fare il letterato. Accanto alla rivisitazione della grande cultura classica, accanto alla riscoperta della Scolastica medievale, c’è senz’altro in Eco un filone pragmatistico e analitico. Un filone che ho sempre in gran parte condiviso, a partire dai suoi primi scritti, fino agli ultimi. Fin da quando ne La struttura assente conduceva un’analisi serrata dello strutturalismo (che era l’ideologia del tempo) per smascherarne le componenti assolutistiche e metafisiche, fino a quando, poi, come in Lector in fabula, o nel saggio sui Limiti dell’interpretazione,   prendeva posizione contro certi sviluppi disinvolti e disfattisti dell’ermeneutica postmoderna. O, ancor più, fino a quando prendeva posizione contro le stranezze del pensiero debole, cui pure aveva dato qualche contributo, o contro la Heidegger renaissance (si veda il bellissimo saggio Sull’essere). C’è da dire, in aggiunta, che con Eco finisce decisamente il nostro stupido isolazionismo culturale. Eco ha sempre potuto assestare le sue posizioni filosofiche con grande cognizione di causa, con solide argomentazioni, grazie anche alla statura internazionale della sua visione culturale, avulsa dalle piccinerie e dai ristretti orizzonti delle scuole di casa nostra.

7. C’è in Eco poi il filo conduttore laico, democratico e pluralistico. Una componente culturale essenziale di cui il nostro paese soffre una grave  carenza, fin dai tempi del fallimento dell’Azionismo. In questo senso Eco ha sempre svolto un importante ruolo di formazione civile, in una miriade di suoi interventi, Bustine o scritti minori. Certo, si tratta d’interventi di formazione civile affatto diversi da quelli dell’inculcazione, della propaganda o dello spettacolo. Si è trattato di interventi che rispecchiano in pieno quella illustre seppur minoritaria prospettiva illuministica nostrana che ha avuto un primo manifesto in Politica e cultura di Bobbio e forse prima ancora nel Vittorini anti togliattiano. La militanza di Eco nell’associazione Libertà e giustizia ne è un’ulteriore riprova. Eco ci ha testimoniato che è possibile che la Cultura (con la maiuscola) possa assolvere un ruolo vitale di formazione civile senza scadere nella rissa, nel protagonismo o nello spettacolo. Per questo Eco è sempre risultato antipatico a tutti gli apparati politici nostrani, sia quelli della destra (per ovvi motivi) che quelli della sinistra ufficiale, passando financo per il centro.

8. Ci sarà davvero tanto tempo (e occorrerà tanto tempo) per fare un bilancio del profondo apporto culturale di Eco. Per fare un bilancio di tutto quel che gli dobbiamo. Personaggio e studioso poliedrico si è occupato di svariati argomenti in vesti altrettanto svariate. Sicuramente emergeranno luci e ombre, pregi e difetti. È normale. Questo non per sminuire l’opera di Eco, ma per distanziarmi dal coro di elogi indiscriminati che sta oggi scuotendo la nazione, anche da parte di coloro (di qua e di là) che non l’hanno mai sopportato, che l’hanno ignorato, o che, al momento buono non gli hanno mai tributato alcun effettivo riconoscimento. Da parte di coloro che non ne hanno mai letto neppure una riga. Siamo mediamente una nazione d’ignoranti (si vedano le statistiche), i quali quando  si trovano per sbaglio a dover celebrare un grande intellettuale finiscono inevitabilmente per trattarlo come se fosse un calciatore, magari di ritorno da una vittoria ai Mondiali.

9. Al di là di tutto, tornando alla dimensione personale, penso che Eco abbia saputo mostrare, con i fatti e non solo con le parole, a quelli come me, a quelli della mia generazione e forse chissà anche a quelli delle generazioni successive, che una missione dell’intelletto è ancora possibile. Forse è davvero molto difficile, ma è ancora possibile. Che c’è una buona vita che si può impiegare studiando, scrivendo, occupandosi di ricerca e di formazione civile. Che si può alimentare continuamente la propria curiosità, che ci si può formare una cultura enciclopedica senza farsi sopraffare, che si possono amare i libri antichi. Che per dare senso alla nostra vita abbiamo bisogno continuamente di confrontarci con tutta la cultura di coloro che sono venuti prima di noi. Ma soprattutto che possiamo governare la crescita della nostra mente, possiamo far crescere noi stessi e arricchire gli altri, stando a galla nell’oceano della comunicazione, imparando a nuotare nel mare dei segni,  interagendo in modo critico e produttivo con quell’universo della cultura che ci costituisce intimamente e a cui, però, solo talvolta e con fatica riusciamo a contribuire. Grazie Umberto!

 

Giuseppe Rinaldi

21/02/2016