L’argomento[1]
che sarà affrontato è il seguente: “In
che senso la letteratura può avere un valore educativo cui sia difficile
rinunciare”? Nonostante l’ampia diffusione nel nostro Paese dell’insegnamento
letterario, si tratta di un tema poco riflettuto e poco esplicitato. Preciso
che l’argomento sarà trattato non dal punto di vista della critica letteraria, bensì dal punto di vista delle scienze dell’educazione.
La scelta di insegnare
la letteratura nelle scuole è stata storicamente connessa, più o meno consapevolmente,
alla formazione degli Stati nazionali
e al conseguente sviluppo dell’ideologia
nazionalistica. L’insegnamento letterario nel nostro paese è stato sempre
considerato come un elemento fondamentale per la formazione dell’identità nazionale. Oggi, in piena globalizzazione,
nel momento in cui le identità nazionali sono marcatamente rimescolate e nel
momento in cui si pone con forza il problema della convivenza di una
molteplicità di culture diverse, non si può fare a meno di domandarsi quale
senso abbia ancora l’insegnamento letterario, oppure di domandarsi se esso non
debba essere considerato un mero residuo del passato. La sempre minore
popolarità di cui la letteratura gode tra i giovani sembra porre addirittura il
problema di una sua sostituzione con altri linguaggi più graditi, piacevoli e
immediati.
Se è vero che dalla
nostra scuola “la letteratura è sparita” e che “abbiamo ucciso la letteratura”,
come ha sostenuto Mastrocola, allora dovremmo almeno cercare di comprendere
bene l’entità del disastro compiuto (ammesso che di ciò si tratti) e cercare di
capire se non vi si possa porre un qualche rimedio. Se non ci si vuole
rassegnare alla morte della letteratura nella scuola, si tratta evidentemente
di andare oltre gli obiettivi
tradizionali, verso l’individuazione di un nuovo ruolo per la letteratura
nell’ambito educativo.
Un’ipotesi
La tesi che sarà
sostenuta è la seguente: “La letteratura (ovvero la pratica letteraria) è da
considerarsi come uno strumento importante per lo sviluppo dell’identità
individuale. Togliere (o diminuire) la letteratura nell’ambito dell’insegnamento
significa diminuire la possibilità di uno sviluppo compiuto dell’identità
individuale dei nostri allievi”.
La connessione tra la
letteratura e lo sviluppo dell’identità individuale colloca dunque il nostro
discorso nel contesto di una delle questioni educative più discusse dall’opinione
pubblica negli ultimi tempi. È un dato di fatto la crescita dell’allarme
sociale proprio intorno ai temi e ai problemi dell’identità dei giovani. Mai
come in questo periodo si sono registrati gravi fatti di cronaca come bullismo,
suicidi, criminalità giovanile, anomia, smarrimento dei valori, adesione a
valori effimeri, insensibilità emotiva, insensibilità morale. Non è impossibile,
allora, che una riflessione intorno al ruolo della letteratura nell’educazione ci
porti anche a individuare qualche strategia utile a contrastare questo disagio
diffuso.
L’identità
Prima di procedere,
occorrerà fornire una definizione minima dell’identità. Per esemplificare, gli
psicologi conoscono un test che si
intitola “Chi sono io?”. Consiste nell’invitare l’intervistato a comporre un
breve scritto, cercando di sintetizzare, appunto i tratti fondamentali della propria
identità. L’identità dunque è un costrutto
artificiale (risiede nella mente, traducibile in forma narrativa, alimentato
dalla memoria), fluido e mutevole, attraverso il quale noi provvediamo a rappresentare
noi stessi (ciò avviene principalmente grazie alla riflessività che è la caratteristica unica dell’animale uomo). Si
tratta di un costrutto costituito di elementi assai numerosi ed eterogenei: emozioni,
immagini, credenze, memorie, valori, narrazioni, argomentazioni razionali.
Questi elementi vengono via via accumulati attraverso l’esperienza. Il problema
principale che s’incontra nella strutturazione dell’identità è il seguente:
come si tengono insieme, nel costrutto identitario, i materiali eterogenei, talvolta
contradditori di cui l’identità stessa è composta? La domanda è rilevante, poiché
l’identità, per quanto fluida e mutevole, deve comunque risultare come un costrutto dotato di un minimo di stabilita e
di coerenza. Dal successo (o meno) dell’operazione di strutturazione identitaria
derivano l’equilibrio interiore, l’autonomia morale, la capacità di interagire con successo con il proprio ambiente e con
la cultura.
La funzione simbolica
L’identità si costruisce
in gran parte grazie al linguaggio, facoltà che permette di costruire dei
modelli della realtà assai efficaci ed efficienti. Il linguaggio, attraverso la
concettualizzazione, ci permette di astrarre dall’infinità di particolari
provenienti dall’informazione sensoriale e di concentrarci su ciò che è
rilevante per noi. Oltre ai modelli del
mondo esterno, diventiamo anche in grado di costruire dei modelli del nostro mondo interiore che
possiamo così utilizzare per dirigere il nostro comportamento. Questi modelli
interiori vengono in gran parte prodotti grazie allo sviluppo di una particolare
funzione di autocoscienza che gli psicologi chiamano inner speech. L’uomo – è stato detto – è la “scimmia che si parla”.
Ma come è possibile,
attraverso il linguaggio, unificare e conferire ordine a tutti i molteplici
contenuti dell’esperienza internalizzata?
Ciò avviene in modo particolare attraverso la funzione simbolica, la capacità di operare attraverso simboli. Simbolo,
nella nostra accezione, è diverso da segno - si può sostenere che il simbolo costituisca
un particolare tipo di segno. Come è
noto, l’etimologia stessa della parola simbolo evidenzia la capacità del
simbolo di istituire delle connessioni. Gli
antichi chiamavano simbolo la pratica
di impiegare, come elemento di riconoscimento, le parti derivanti da un oggetto
spezzato in due; solitamente si trattava di una moneta. I due pezzi separati
potevano essere utilizzati per il riconoscimento e quindi, appunto, per
ristabilire una connessione. Il simbolo quindi è una funzione semiotica capace
di stabilire una connessione tra elementi disparati. Non si tratta tuttavia di
una connessione perfettamente logica, si tratta piuttosto di una connessione
vaga, imprecisa, riassuntiva. Una connessione capace di unificare cose assai
diverse in sintesi sempre più ardite. In sostanza si può sostenere che il simbolo
non sia principalmente denotativo, bensì
fondamentalmente connotativo.
Il simbolo prodotto e identificato
si presta facilmente a essere caricato di
emotività e, nello stesso tempo a essere raccontato verbalmente oppure, all’occorrenza, analizzato in termini razionali. È probabile che, per queste sue
caratteristiche, la funzione simbolica sia in grado di costituire la struttura connettiva dell’identità. L’intreccio
dei simboli può ben rappresentare in forma sintetica il nucleo della nostra identità, il nucleo attraverso il quale noi,
come soggetti, diventiamo in grado di riferirci a noi stessi (seppure in modo
non completo, vago e impreciso, com’è caratteristica dei simboli stessi). L’identità,
così costruita, può agevolmente svolgere la funzione di tramite tra le dinamiche del corpo e le istituzioni della cultura: la cultura in
termini simbolici opera un monitoraggio del corpo e il corpo si esprime
(organizza le proprie dinamiche, la propria pratica) attraverso gli strumenti simbolici
della cultura.
Naturalmente questa
natura dell’identità fa sì che essa sia artificiale,
precaria, soggetta a continue trasformazioni. Tuttavia l’identità, così
concepita, non si riduce semplicemente a una somma di elementi sparsi, ma,
grazie alla funzione simbolica, può assumere una struttura più o meno precisa,
più o meno connessa, più o meno ricca ed elaborata. Sul piano formale, sul
piano della loro strutturazione interna, non
tutte le identità dunque si equivalgono. È stata sviluppata un’ampia
letteratura proprio intorno alle patologie
dell’identità.
Identità e letteratura
Non ci resta ora che
sviluppare l’ultimo passo, e collegare lo sviluppo dell’identità con la
letteratura. Se diamo uno sguardo al dominio della cultura, i campi dove principalmente
opera il simbolo (secondo la definizione proposta…) sono il mito, la memoria, le
forme di arte e la letteratura in particolare. Possiamo anche trovare molti
sviluppi simbolici nel campo della religione o della politica. Perché la
letteratura è particolarmente importante? Perché è strettamente connessa con il
linguaggio, con l’oralità e la scrittura, con l’alfabeto e
La letteratura viene
così a trovarsi in una collocazione privilegiata, assai prossima a quell’area
della autocoscienza dove, grazie all’inner
speech, ciascuno di noi ha occasione di elaborare e rielaborare
continuamente la sintesi intorno a se
stesso. La letteratura offre così un repertorio inesauribile di materiali
simbolici, di semilavorati, che possiamo utilizzare liberamente per realizzare
la nostra costruzione personale, per realizzare quel tramite indispensabile tra
le nostre emozioni di base e il mondo della cultura più vasta.
Gli psicologi ci
avvertono che, nell’ambito dello sviluppo, i giovani incontrano molte
difficoltà nel rivolgersi ai linguaggi formalizzati se non hanno ancora
sviluppato un nucleo identitario ben definito, se non hanno risolto i loro
dinamiche interne, se non hanno trovato un equilibrio tra le loro emozioni e il
loro linguaggio interiore. Coloro che si perdono per strada nella costruzione
dell’identità si rinchiudono sui loro problemi interni e rifiutano un approccio
razionale al mondo esterno.
Ma, ci si può domandare,
perché proprio la letteratura? Perché non ricorrere ad altri linguaggi di massa,
decisamente più semplici, più piacevoli e popolari (la pulp fiction, il linguaggio degli SMS, il linguaggio giovanile,
oppure anche il linguaggio della musica, oppure quello delle immagini…)? La
risposta è implicita nelle analisi che abbiamo presentato. Perché la
letteratura è più ricca, elaborata e complessa. La letteratura rappresenta un
repertorio unico di simboli che possiamo interiorizzare ed esteriorizzare
continuamente, producendo l’integrazione continua della nostra identità, del
nostro corpo con la nostra interiorità, con la cultura nella quale ci stiamo costituendo.
In particolare i “classici” – come è stato detto - sono quei testi che hanno
proprio la caratteristica di possedere una ricchezza oltre il tempo, per cui ci permettono diverse e successive letture,
in tempi diversi della nostra vita. Invece la cultura semplificata, immediatamente
utile, tecnica (per intenderci, le tre “i” intorno alle quali ci si è spesso
soffermati) non fornisce questa ricchezza. Potrà forse essere utile ad avere qualche
successo immediato, ma sarà meno utile per la formazione interiore.
Alcune conseguenze
Possiamo trarre, da
quanto sviluppato finora, alcune considerazioni applicative in ambito educativo
scolastico.
- La cultura letteraria
di cui abbiamo principalmente bisogno nella scuola non può essere quella dello strutturalismo (che, in pieno accordo
con Mastrocola, è troppo specialistica e quindi poco utile per chi si trova ad
affrontare un percorso di auto formazione).
- È vero che la cultura
letteraria è per molti aspetti difficile, legata alla cultura legittima (e quindi lontana dalla cultura spontanea
popolare o di massa) - la cultura che il Gianni della Lettera a una
professoressa odiava. Tuttavia in questa complessità e difficoltà sta proprio
il valore di effettiva palestra di formazione che la letteratura può avere (qui
si apre il problema del canone e il
problema della motivazione).
- La cultura letteraria è
forse legata al modello gentiliano, soprattutto per quel che concerne il tipo
ideale della persona colta, ma non è certamente legata alla pratica scolastica
della scuola di Gentile: la letteratura come fonte autentica di formazione dell’identità
era già stata uccisa dalla scuola gentiliana, con il nozionismo, la retorica, l’indottrinamento
ideologico.
- La scuola di massa non
sembra abbia saputo evidentemente usare il potere della letteratura in funziona
formatrice; ha preferito nascondersi dietro le schede, le analisi del testo…
oppure dietro al vecchio nozionismo. Ciò pone con forza il problema dell’identità
dei professori, della loro formazione.
In conclusione
Lo sviluppo dell’identità personale necessita di una frequentazione narrativa e simbolica che sia la più ricca e qualificata possibile. La letteratura possiede sicuramente le migliori risorse che possano essere utilizzate in termini formativi per lo sviluppo dell’identità personale. Purché non venga burocratizzata e tecnicizzata e purché la si insegni con la consapevolezza e la competenza necessarie.
Giuseppe Rinaldi (14/12/2006 – 30/06/2007 rev.)
NOTE
[1] Sintesi di un intervento
presentato dall’Autore presso l’Associazione
Cultura e Sviluppo di Alessandria il 14-12-2006. Versione 2.0. Sono state
apportate modifiche puramente formali, atte a migliorare la leggibilità del
testo.