In seguito alla presentazione dell’inopportuno e pasticciato progetto di
legge (DDL “Strategia
nazionale per la lotta contro l’antisemitismo”) da parte di Graziano Delrio, senatore ed esponente del Partito
Democratico, e in seguito al dibattito intorno alla definizione giuridica e non
giuridica dell’antisemitismo, mi sento in dovere – avendo io stesso peraltro ricevuto
accuse di antisemitismo – di contribuire a divulgare, in difesa della libertà
di parola, la Dichiarazione di
Gerusalemme sull’antisemitismo (JDA), che costituisce una seria alternativa
alla ambigua definizione dell’antisemitismo della IHRA, quella sponsorizzata da
Del Rio e soci (oltre che, purtroppo, dal nostro Governo e dalla UE). Da una
lettura attenta della Dichiarazione, risulta,
come minimo, che il progetto di Delrio intende porre limiti a un fenomeno di cui
Delrio stesso, con i suoi mezzi, non è in grado di fornire una chiara e
attendibile definizione. Suscitando così una potenziale infinità di contumelie,
arbitrarietà, ricorsi, conflitti e spaccature.
Oltretutto, dare
agli insegnanti, oppure a incaricati a vario titolo nelle più diverse istituzioni,
oppure agli algoritmi confezionati da chissà chi, o magari alla AI, o ancora ai
responsabili di piattaforme e siti web, o di case editrici, l’onere di definire, giudicare, condannare e mettere al bando ciò che sarà, di volta
in volta, ritenuto come antisemita costituisce un inutile doppione delle leggi
che già abbiamo e, per di più, un serio attentato, nello spirito woke più demenziale, alla libertà di
pensiero e di parola. Se lo Stato vuol contrastare l’antisemitismo, deve farlo
anzitutto a livello educativo. Promuovere il contrasto dell’antisemitismo al
livello di attività amministrativa, attraverso controlli e limitazioni, o
addirittura nei termini di attività discrezionale, esercitata più o meno
arbitrariamente dal primo che passa, è l’anticamera della soppressione delle
garanzie. Il risultato di questo clima da caccia alle streghe lo si vede da un
pezzo. Di certi argomenti, sta diventando oltremodo rischioso parlare e/o
scrivere. L’autocensura sta
diventando pratica diffusa.
La Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo, del 2020, che qui sotto riproduco integralmente, si trova sul sito Jerusalem Declaration on Antisemitism. Dice tutto quel che c’è da dire di essenziale sulla questione. È stata pubblicata solo in inglese. In italiano si trova qualche traduzione parziale su diversi siti, ma tutte prive delle importantissime FAQ. Pertanto ne propongo una mia traduzione, con l’aiuto di Google ma da me attentamente rivista. Il lettore (si vedano in particolare le FAQ!) potrà rendersi conto personalmente delle gravi e sottili questioni che sono in gioco. Per i duri d’orecchio e aspiranti cacciatori di streghe, rendo esplicito che, personalmente, a parte qualche dettaglio lessicale, sottoscrivo in pieno questa Dichiarazione. Non per questo ritengo tuttavia la si debba trasformare in legge. Vale per me, in questo senso, l’analogo dibattito, intercorso tra gli storici, se fosse o meno opportuno produrre apposite leggi repressive contro il revisionismo e il negazionismo.
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Introduzione
La Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo è uno strumento per identificare il fenomeno, per contrastarlo, per favorire una presa di coscienza a proposito dell’antisemitismo, così come si manifesta oggi nei paesi di tutto il mondo. Include un preambolo, una definizione e una serie di 15 linee guida che forniscono indicazioni dettagliate a coloro che desiderano riconoscere l’antisemitismo al fine di elaborare appropriate risposte. È stata sviluppata da un gruppo di studiosi nei campi della storia dell’Olocausto, degli studi ebraici e degli studi sul Medio Oriente per affrontare quella che è diventata una sfida crescente: fornire linee guida chiare per identificare e combattere l’antisemitismo, tutelando al contempo la libertà di espressione. Inizialmente firmata da 210 studiosi, conta ora circa 370 firmatari.
Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo
Preambolo
Noi sottoscritti, presentiamo la Dichiarazione
di Gerusalemme sull’antisemitismo, frutto di un’iniziativa nata a Gerusalemme.
Includiamo tra di noi studiosi internazionali che lavorano negli studi sull’antisemitismo
e in campi correlati, tra cui studi ebraici, sull’Olocausto, su Israele,
Palestina e sul Medio Oriente. Il testo della Dichiarazione si è avvalso della
consulenza di giuristi e membri della società civile.
Ispirandoci alla Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani del 1948, alla Convenzione sull’Eliminazione di tutte le Forme di
Discriminazione Razziale del 1969, alla Dichiarazione del Forum Internazionale
di Stoccolma sull’Olocausto del 2000 e alla Risoluzione delle Nazioni Unite
sulla Memoria dell’Olocausto del 2005, sosteniamo che, sebbene l’antisemitismo
presenti alcune caratteristiche distintive, la lotta contro di esso è
inscindibile dalla lotta generale contro ogni forma di discriminazione
razziale, etnica, culturale, religiosa e di genere.
Consapevoli della persecuzione storica degli
ebrei nel corso della storia e degli insegnamenti universali dell’Olocausto, e
osservando con preoccupazione la riaffermazione dell’antisemitismo da parte di
gruppi che mobilitano odio e violenza in politica, nella società e su Internet,
cerchiamo di fornire una definizione fondamentale di antisemitismo fruibile,
concisa e storicamente fondata, corredata da una serie di linee guida.
La Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo
costituisce una risposta alla “Definizione IHRA”, il documento adottato dall’International Holocaust Remembrance Alliance
(IHRA) nel 2016. Poiché la Definizione IHRA è poco chiara rispetto ad aspetti
chiave e ampiamente aperta a diverse interpretazioni, ha causato confusione e
generato controversie, indebolendo così la lotta contro l’antisemitismo. Prendendo
nota del fatto che essa stessa si definisce come una “definizione operativa”,
abbiamo cercato di migliorarla offrendo (a) una definizione di base più chiara
e (b) un insieme coerente di linee guida. Ci auguriamo che ciò possa essere
utile per il monitoraggio e la lotta all’antisemitismo, nonché per scopi
educativi. Proponiamo la nostra Dichiarazione, non giuridicamente vincolante,
come alternativa alla Definizione IHRA. Le istituzioni che hanno già adottato
la Definizione IHRA possono utilizzare il nostro testo come strumento per
interpretarla.
La Definizione IHRA include 11 “esempi” di
antisemitismo, 7 dei quali si concentrano sullo Stato di Israele. Sebbene ciò
ponga un’enfasi eccessiva su un unico ambito, vi è un’esigenza ampiamente
sentita di chiarezza sui limiti di legittimità del discorso e dell’azione
politica riguardanti il sionismo, Israele e la
Palestina. Il nostro obiettivo è duplice: (1) rafforzare la lotta contro
l’antisemitismo chiarendo cos’è e come si manifesta, (2) proteggere uno
spazio per un dibattito aperto sulla controversa questione del futuro di
Israele/Palestina. Non condividiamo tutti le stesse opinioni politiche e non
cerchiamo di promuovere un’agenda politica di parte. Stabilire che un’opinione
o un’azione controversa non sia antisemita non implica né che la approviamo né
che non la approviamo.
Le linee guida che si concentrano su
Israele-Palestina (numeri da 6 a 15) dovrebbero essere considerate
congiuntamente. In generale, quando si applicano le linee guida, ciascuna
dovrebbe essere letta alla luce delle altre e sempre tenendo conto del
contesto. Il contesto può includere l’intenzione dietro un’espressione, o uno
schema di discorso nel tempo, o persino l’identità di chi parla, soprattutto
quando l’argomento è Israele o il sionismo. Ad esempio, l’ostilità verso
Israele potrebbe essere l’espressione di un sentimento antisemita, oppure
potrebbe essere una reazione a una violazione dei diritti umani, o ancora
potrebbe essere l’emozione che un palestinese prova a causa della sua
esperienza per mano dello Stato. In breve, sono necessari giudizio e
sensibilità nell’applicare queste linee guida a situazioni concrete.
Definizione
L’antisemitismo
è discriminazione, pregiudizio, ostilità o violenza contro gli ebrei in quanto
ebrei (o contro le istituzioni ebraiche in quanto ebraiche)
Linee
guida
A. Generale
1.
È razzista essenzializzare (trattare un tratto caratteriale come intrinseco) o
fare generalizzazioni negative radicali su una determinata popolazione. Ciò che
è vero per il razzismo in generale è vero per l’antisemitismo in particolare.
2.
Ciò che è peculiare dell’antisemitismo classico è l’idea che gli ebrei siano
legati alle forze del male. Questo è al centro di molte fantasie antiebraiche,
come l’idea di una cospirazione ebraica in cui “gli ebrei” possiedono un potere
nascosto che usano per promuovere la propria agenda collettiva a spese di altre
persone. Questo legame tra ebrei e male continua nel presente: nella fantasia
che “gli ebrei” controllino i governi con una “mano nascosta”, che possiedano le
banche, controllino i media, agiscano come “uno stato nello stato” e siano
responsabili della diffusione di malattie (come il Covid-19). Tutte queste
caratteristiche possono essere strumentalizzate da cause politiche diverse (e
persino antagoniste).
3.
L’antisemitismo può manifestarsi in parole, immagini visive e azioni. Esempi di
parole antisemite includono affermazioni secondo cui tutti gli ebrei sono
ricchi, intrinsecamente avari o antipatriottici. Nelle caricature antisemite,
gli ebrei sono spesso raffigurati come grotteschi, con grandi nasi e associati
alla ricchezza. Esempi di azioni antisemite sono: aggredire qualcuno perché
ebreo, attaccare una sinagoga, imbrattare svastiche su tombe ebraiche o
rifiutarsi di assumere o promuovere persone perché ebree.
4.
L’antisemitismo può essere diretto o indiretto, esplicito o codificato. Ad
esempio, “I Rothschild controllano il mondo” è un’affermazione codificata sul
presunto potere degli “ebrei” sulle banche e sulla finanza internazionale. Allo
stesso modo, dipingere Israele come il male supremo o esagerare grossolanamente
la sua effettiva influenza può essere un modo codificato di razzializzare e
stigmatizzare gli ebrei. In molti casi, identificare un discorso codificato è
una questione di contesto e giudizio, tenendo conto di queste linee guida.
5.
Negare o minimizzare l’Olocausto affermando che il deliberato genocidio nazista
degli ebrei non ha avuto luogo, o che non ci sono stati campi di sterminio o
camere a gas, o che il numero delle vittime è stato una frazione del totale
effettivo, è antisemita.
B. Israele e Palestina: esempi che, a prima vista, sono antisemiti
6.
Applicare i simboli, le immagini e gli stereotipi negativi dell’antisemitismo
classico (vedi linee guida 2 e 3) allo Stato di Israele.
7.
Ritenere gli ebrei collettivamente responsabili della condotta di Israele o
trattarli, semplicemente perché sono ebrei, come agenti di Israele.
8.
Richiedere alle persone, in quanto ebree, di condannare pubblicamente Israele o
il sionismo (ad esempio, durante un incontro politico).
9.
Presupporre che gli ebrei non israeliani, semplicemente perché ebrei, siano
necessariamente più leali a Israele che ai propri Paesi.
10.
Negare il diritto degli ebrei nello Stato di Israele di esistere e prosperare,
collettivamente e individualmente, come ebrei, in conformità con il principio
di uguaglianza.
C. Israele e Palestina: esempi che, a prima vista, non sono antisemiti (indipendentemente dal fatto che si approvi o meno la visione o l’azione)
11.
Sostenere la richiesta palestinese di giustizia e la piena concessione dei loro
diritti politici, nazionali, civili e umani, come sanciti dal diritto
internazionale.
12.
Criticare o opporsi al sionismo come forma di nazionalismo, o sostenere una
serie di accordi costituzionali per ebrei e palestinesi nell’area tra il fiume
Giordano e il Mediterraneo. Non è antisemita sostenere accordi che garantiscano
piena uguaglianza a tutti gli abitanti “tra il fiume e il mare”, che si tratti
di due stati, di uno stato binazionale, di uno stato democratico unitario, di
uno stato federale o di qualsiasi altra forma.
13.
Critiche basate su concrete evidenze a Israele come Stato. Ciò include le sue
istituzioni e i suoi principi fondanti. Include anche le sue politiche e
pratiche, nazionali e internazionali, come la condotta di Israele in
Cisgiordania e a Gaza, il ruolo che Israele svolge nella regione o qualsiasi
altro modo in cui, come stato, influenza gli eventi nel mondo. Non è antisemita
sottolineare la discriminazione razziale sistematica. In generale, le stesse
norme di dibattito che si applicano ad altri stati e ad altri conflitti sull’autodeterminazione
nazionale si applicano al caso di Israele e Palestina. Pertanto, anche se
controverso, non è antisemita, di per sé, paragonare Israele ad altri casi
storici, tra cui il colonialismo di insediamento o l’apartheid.
14. Il boicottaggio, il ritiro degli
investimenti e le sanzioni sono forme comuni e non violente di protesta
politica contro gli Stati. Nel caso di Israele, non sono, di per sé,
antisemite.
15. Il discorso politico non deve essere misurato, proporzionato, moderato o ragionevole per essere protetto dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo o dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e da altri strumenti sui diritti umani. In generale, la linea di distinzione tra il discorso antisemitico e non antisemitico è diversa dalla linea di separazione tra il discorso non ragionevole e quello ragionevole.
Seguono le
firme […]
FAQ
Cos’è la Dichiarazione
di Gerusalemme sull’Antisemitismo (JDA)?
La JDA è una risorsa per rafforzare la lotta contro l’antisemitismo. Comprende un preambolo, una definizione e una serie di 15 linee guida.
Chi sono gli autori?
Studiosi internazionali specializzati in studi
sull’antisemitismo e campi correlati, che, da giugno 2020, si sono incontrati
in una serie di workshop online, con
partecipanti diversi in momenti diversi. La JDA è sostenuta da una vasta gamma
di illustri studiosi e direttori di istituti in Europa, Stati Uniti, Canada e
Israele.
Perché “Gerusalemme”?
In origine, la JDA è stata convocata a
Gerusalemme dal Van Leer Jerusalem Institute.
Perché ora?
La JDA costituisce una risposta alla Definizione
Operativa di Antisemitismo adottata dall’International Holocaust Remembrance
Alliance (IHRA) nel 2016. “La Definizione IHRA” (inclusi i suoi “esempi”) non è
né chiara né coerente. Qualunque siano le intenzioni dei suoi sostenitori, essa
confonde la differenza tra discorso antisemita e legittima critica a Israele e
al sionismo. Ciò crea confusione, delegittimando al contempo le voci dei
palestinesi e di altri, compresi gli ebrei, che hanno opinioni fortemente
critiche nei confronti di Israele e del sionismo. Niente di tutto ciò
contribuisce a combattere l’antisemitismo. La JDA risponde a questa situazione.
Quindi, la JDA intende
essere un’alternativa alla Definizione Operativa dell’IHRA?
Sì, lo è. Le persone di buona volontà cercano
una guida per rispondere alla domanda chiave: quando il discorso politico su
Israele o sul sionismo sconfina nell’antisemitismo e quando dovrebbe invece
essere garantito? La JDA ha lo scopo di fornire questa guida e quindi dovrebbe
essere vista come un sostituto della Definizione dell’IHRA. Tuttavia, se un’organizzazione
ha formalmente adottato la Definizione dell’IHRA, può utilizzarla come
correttivo per superare le carenze della Definizione dell’IHRA.
Chi è coperto dalla
definizione?
La definizione si applica indipendentemente dal
fatto che l’identità ebraica sia intesa come etnica, biologica, religiosa,
culturale, ecc. Si applica anche nei casi in cui una persona o un’istituzione
non ebrea venga scambiata per ebraica (“discriminazione per percezione”) o
presa di mira a causa di un legame con gli ebrei (“discriminazione per
associazione”).
La JDA dovrebbe essere
adottata ufficialmente, ad esempio, da governi, partiti politici o università?
La JDA può essere utilizzata come risorsa per
vari scopi. Tra questi, l’educazione e la sensibilizzazione su quando un
discorso o un comportamento è antisemita (e quando non lo è), lo sviluppo di
politiche per combattere l’antisemitismo e così via. Può essere utilizzata per
supportare l’attuazione della legislazione antidiscriminatoria entro i
parametri stabiliti dalle leggi e dalle norme a tutela della libertà di
espressione.
La JDA dovrebbe essere
utilizzata come parte di un “codice giuridico contro l’incitamento all’odio”?
No, non dovrebbe. La JDA non è concepita per
essere uno strumento legale o quasi legale di alcun tipo. Né dovrebbe essere
codificato in legge, né utilizzato per limitare il legittimo esercizio della
libertà accademica, sia nell’insegnamento che nella ricerca, né per sopprimere
un dibattito pubblico libero e aperto entro i limiti stabiliti dalle leggi che
regolano i crimini d’odio.
La JDA risolverà tutte
le attuali controversie su cosa sia e cosa non sia antisemita?
La JDA riflette la voce chiara e autorevole di
esperti accademici nei settori pertinenti. Ma non può risolvere tutte le
controversie. Nessun documento sull’antisemitismo può essere esaustivo o
prevedere tutti i modi in cui l’antisemitismo si manifesterà in futuro. Alcune
linee guida (come la n. 5) forniscono solo alcuni esempi per illustrare un
punto generale. La JDA è intesa come un aiuto alla riflessione e a una
discussione ponderata. In quanto tale, è una risorsa preziosa per le
consultazioni con le parti interessate sull’identificazione dell’antisemitismo
e sulla garanzia della risposta più efficace.
Perché 10 delle 15 linee
guida riguardano Israele e Palestina?
Ciò risponde all’enfasi posta nella Definizione
dell’IHRA, in cui 7 “esempi” su 11 si concentrano sul dibattito su Israele.
Inoltre, risponde a un dibattito pubblico, sia tra gli ebrei sia nella
popolazione in generale, che dimostra la necessità di una guida riguardo al
discorso politico su Israele o sul sionismo: quando dovrebbe essere protetto e
garantito e quando sconfina invece nell’antisemitismo?
E in contesti diversi da
Israele e Palestina?
Le linee guida generali (1-5) si applicano a
tutti i contesti, inclusa l’estrema destra, dove l’antisemitismo è in aumento.
Si applicano, ad esempio, alle teorie del complotto secondo cui “gli ebrei”
sarebbero dietro la pandemia di Covid-19, o al finanziamento da parte di George
Soros delle proteste di Black Lives Matter e Antifa per promuovere un “programma
ebraico nascosto”.
La JDA distingue tra
antisionismo e antisemitismo?
I due concetti sono categoricamente diversi. Il
nazionalismo, ebraico o di altra natura, può assumere molte forme, ma è sempre
aperto e sottoposto al dibattito. Il bigottismo e la discriminazione, che siano
contro gli ebrei o chiunque altro, non sono mai accettabili. Questo è un
assioma della JDA.
Quindi la JDA suggerisce
che l’antisionismo non è mai antisemita?
No. La JDA cerca di chiarire quando la critica
(o l’ostilità) verso Israele o il sionismo oltrepassa il confine dell’antisemitismo
e quando no. Una caratteristica della JDA a questo proposito è che (a
differenza della definizione dell’IHRA) specifica anche cosa non è, a prima
vista, antisemita.
Qual è l’agenda politica
di fondo della JDA riguardo a Israele e Palestina?
Non ce n’è una. È proprio questo il punto. I
firmatari hanno opinioni diverse sul sionismo e sul conflitto
israelo-palestinese, comprese soluzioni politiche come quella di uno Stato
contro due Stati. Ciò che condividono è un duplice impegno: combattere l’antisemitismo
e proteggere la libertà di espressione sulla base di principi universali.
Ma la linea guida 14 non
sostiene il BDS come strategia o tattica contro Israele?
No. I firmatari della JDA hanno opinioni diverse
sul BDS. La Direttiva 14 afferma solo che boicottaggi, disinvestimenti e
sanzioni contro Israele, per quanto controversi, non sono, di per sé,
antisemiti.
Quindi, come si può
sapere quando il BDS (o qualsiasi altra misura) è antisemita?
A questo servono le linee guida generali (da 1 a
5). In alcuni casi è ovvio come si applicano, in altri no. Come è sempre stato
vero quando si esprimono giudizi su qualsiasi forma di intolleranza o
discriminazione, il contesto può fare un’enorme differenza. Inoltre, ogni linea
guida dovrebbe essere letta alla luce delle altre. A volte è necessario
esprimere un giudizio. Le 15 linee guida hanno lo scopo di aiutare le persone a
prendere queste decisioni.
La Direttiva 10 afferma
che è antisemita negare il diritto degli ebrei nello Stato di Israele “di esistere
e prosperare, collettivamente e individualmente, come ebrei”. Questo non è
forse contraddetto dalle linee guida 12 e 13?
Non c’è contraddizione. I diritti menzionati
nella linea guida 10 si applicano agli abitanti ebrei dello Stato,
indipendentemente dalla sua costituzione o dal suo nome. Le linee guida 12 e 13
chiariscono che non è antisemita, a prima vista, proporre un diverso insieme di
accordi politici o costituzionali.
Quali sono, in breve, i
vantaggi della JDA rispetto alla definizione dell’IHRA?
Ce ne sono diversi, tra cui i seguenti: la JDA trae vantaggio da diversi anni di riflessione e valutazione critica della definizione dell’IHRA. Di conseguenza, è più chiara, più coerente e più sfumata. La JDA articola non solo cos’è l’antisemitismo, ma anche, nel contesto di Israele e Palestina, cosa, a prima vista, non è. Si tratta di una guida ampiamente necessaria. La JDA invoca principi universali e, a differenza della definizione dell’IHRA, collega chiaramente la lotta contro l’antisemitismo alla lotta contro altre forme di intolleranza e discriminazione. La JDA contribuisce a creare uno spazio di discussione franca e rispettosa su questioni difficili, tra cui la spinosa questione del futuro politico di tutti gli abitanti di Israele e Palestina. Per tutte queste ragioni, la JDA è più convincente e, anziché generare divisioni, mira a unire tutte le forze nella più ampia lotta possibile contro l’antisemitismo.
Nota.
Il testo originale in lingua inglese è
pubblicato sul sito Jerusalem Declaration on
Antisemitism.
Il sito non presenta la traduzione ufficiale in italiano del documento. La
presente è una nostra traduzione, ovviamente non ufficiale, pertanto va
intesa come mero strumento di divulgazione e di lavoro.
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